Il segretario di Stato britannico, Jeremy Hunt, ha scritto una lettera al suo collega tedesco, Heiko Maas, per chiedere alla Germania di riconsiderare il suo stop alla vendita di armi all'Arabia Saudita. La decisione di Berlino, poi seguita da altri Paesi europei quali Danimarca e Finlandia, era stata presa lo scorso novembre sulla scia dell'omicidio del giornalista dissidente Jamal Khashoggi, il cui mandante è considerato il principe ereditario Mohamed Bin Salman, e della difficoltà di restare a guardare di fronte alla carneficina commessa da Riad in Yemen.
La più grave carestia del secolo
Nella sua lotta contro i ribelli Houthi sostenuti dall'Iran, l'Arabia Saudita ha più volte colpito obiettivi civili, come scuole, ospedali e centri di produzione di cibo, contribuendo a causare quella che l'Onu definisce "la più grave carestia degli ultimi 100 anni", con 13 milioni di persone che rischiano l'inedia. Per Londra c'è però un interesse superiore, quello dei fabbricanti di armi, i quali rischiano di vedere i loro affari sfumare a causa del blocco deciso da Berlino, che non riguarda solo i prodotti finiti ma anche la componentistica, spesso utilizzata dai produttori di altre nazioni europee.
A rivelare la lettera è il settimanale teutonico Der Spiegel, secondo il quale Hunt, in questi giorni in Germania per le trattative sulla Brexit, si è detto "molto preoccupato per l'impatto della decisione del governo tedesco sull'industria della difesa britannica ed europea e per le conseguenze della capacità dell'Europa di rispettare i propri impegni dell'ambito della Nato". Le aziende britanniche non saranno infatti in grado di soddisfare, ad esempio, i contratti per la consegna degli aerei da guerra Eurofighter Typhoon e Tornado, alcune componenti dei quali sono prodotte in Germania.
L'industria tedesca contro il governo
L'iniziativa di Hunt, il quale ha segnalato che il blocco costerà alle società tedesche 2,3 miliardi di euro da qui al 2026, è stata accolta con favore da Hans Christoph Atzpodien, presidente della Bdsv, l'associazione dei fabbricanti di armi tedeschi, il quale ha sostenuto che lo stop alle esportazioni sta costando alla Germania "la capacità di collaborare con i suoi alleati europei più stretti". Anche Tom Enders, il presidente tedesco del colosso aerospaziale Airbus, ha affermato che la compagnia potrebbe dover "riorganizzare le sue operazioni" a causa di "interferenze politiche" dalle conseguenze "folli". Enders ha attaccato in modo esplicito e durissimo il governo di Berlino che, a sua detta, "crede di essere l'unico ad avere una politica responsabile di esportazione di armamenti".
Alla recente conferenza di Monaco sulla sicurezza, la cancelliera Angela Merkel non ha certo aperto a una marcia indietro ma ha riconosciuto il problema, sottolineando la necessità di "linee guida comuni" sulle esportazioni di armi, un coordinamento che sarebbe particolarmente necessario con la Francia. Parigi, da parte sua, non intende però smettere di fare affari con Riad. È recente la firma di un memorandum d'intenti tra la transalpina Naval e la saudita Sami per lo sviluppo congiunto di fregate e sottomarini.