Argentina sempre più vicina al baratro. La scorsa settimana il peso argentino ha perso il 20% del suo valore e il 38% nel solo mese di agosto. Cresce intanto il malcontento nel Paese e l'andamento della moneta viene seguito attentamente dai cittadini, minuto per minuto quasi come se fosse una partita di calcio.
Il governo ha quindi chiesto al Fondo Monetario Internazionale di anticipare la consegna del prestito da 50 miliardi di dollari che era stato chiesto lo scorso maggio. Ma nulla sembra placare i timori degli investitori sul fatto che il paese arrivi a non essere più in grado di pagare gli interessi sui titoli di stato. Lo stesso presidente Macri ha invitato gli investitori ad avere "più fiducia" ma finora nemmeno l'intervento della banca centrale che ha portato i tassi di interesse al 60% è bastato.
L'esecutivo sta cercando in tutti i modi di ridurre la spesa pubblica ma in realtà nelle ultime settimane la situazione del paese appare molto peggiorata, con un'inflazione che supera il 30% e con un Pil in contrazione del 6,7% a giugno. In media d'anno, il Pil dovrebbe calare del 2%, ma secondo altre stime tale percentuale sarà sicuramente maggiore.
L’Argentina si prepara a piangere
Non a caso è un piano lacrime e sangue quello presentato oggi dal presidente argentino, Mauricio Macri, al paese in profonda crisi e con il peso in caduta libera. Il nuovo programma prevede, innanzitutto, una drastica riduzione dei membri di governo (sono 22 e saranno meno della metà) e un inasprimento delle tasse sulle esportazioni che Macri stesso ha definito "cattive e terribili", ma comunque necessarie.
In un messaggio televisivo alla nazione, Macri ha espresso l'intenzione di dare ai mercati un chiaro segnale di controllo della spesa per fermare il deficit e l'inflazione in Argentina, che è in forte accelerazione negli ultimi giorni a causa di un forte deprezzamento del peso nei confronti del dollaro.
All’esame del Fondo Monetario
Il ministro delle Finanze Nicolas Dujovne, ha annunciato in una conferenza stampa i "dettagli tecnici" di misure economiche che presenterà a Washington al Fondo monetario internazionale per una ridefinizione dell'accordo con l'Argentina, che dovrebbe essere pronto in pochi giorni.
Nel suo messaggio, durato 25 minuti, Macri ha definito quindi il suo cambiamento "radicale, profondo e reale": "Tutti noi dobbiamo fare qualcosa se vogliamo cambiare" ha aggiunto ricordando che, nonostante l'Argentina sia "potenzialmente i paesi più ricchi del mondo ", un terzo della sua popolazione versa in condizioni di povertà.
Macri ha anche detto che "questa crisi non sarà certo la prima, ma deve essere l'ultima" e ha rivelato che gli ultimi cinque mesi sono stati i peggiori nella sua vita dopo il rapimento che ha subito 27 anni fa, quando era un imprenditore.
Colpa dei tassi Usa, ma anche delle tangenti
Dopo due anni e mezzo di governo, la "situazione è cambiata" a causa di fattori esterni, come l'aumento dei tassi negli Stati Uniti, la crisi turca o la situazione in Brasile, e di fattori interni perché "non siamo stati in grado di mostrare unità nell'impegno comune a far avanzare le riforme strutturali". I mercati sono quindi diventati diffidenti nei confronti del paese sudamericano e reticenti nel comprare titoli di Stato.
Macri ha additato tra le cause del dissesto anche lo "scandalo dei notebook", le cui indagini su una presunta rete di tangenti da imprenditori di funzionari pubblici di lavori durante il presidente Kirchner (2003-2015) sono ancora in corso, ma che comunque nel frattempo ha colpito duramente l'immagine e la reputazione del paese.
Aumenteranno i poveri
Il presidente ha ammesso che, con la svalutazione della valuta locale, "la povertà aumenterà", ed è per questo che ha annunciato un rafforzamento delle misure sociali negli ultimi due mesi dell'anno.
"Dobbiamo andare avanti, con la determinazione che possiamo, ho la forza necessaria e sono qui per voi, ma ho bisogno di voi e ho bisogno che siate più convinti che mai" ha concluso.
Ma i mercati non reagiscono
Nonostante queste promesse, la prima reazione dei mercati non è quella sperata: il peso argentino non ha recuperato quota nei confronti del dollaro. Il biglietto verde è passato di mano a 37,40 pesos, e comprato a 32,20, alla stessa quota di venerdì scorso mentre nelle banche private la valuta statunitense è stata venduta in media a 38,50. Lo stesso ministro argentino delle Finanze, Nicolás Dujovne, ha ammesso che il tasso di cambio attuale è troppo "deprezzato" per le "potenzialità" che offre l'economia del paese sudamericano.