È morta, all'età di 7 anni, Amal Hussein, la bimba yemenita ridotta a pelle e ossa nel suo Paese devastato dalla guerra. Il New York Times aveva pubblicato la sua foto la settimana scorsa per cercare di rompere il silenzio e l'indifferenza del mondo nei confronti di un conflitto che miete migliaia di vittime, con un sovraccarico di epidemie e carestie. L'immagine di quel mucchietto di ossa, con le costole che sembrano bucare la pelle e il volto emaciato, aveva toccato le coscienze e in tantissimi si erano fatti avanti offrendo soldi e chiedendo informazioni sulla sua sorte.
Non è servito. Amal è morta giovedì, in un campo profughi a poca distanza da un ospedale ad Aslam, a 90 chilometri a nord-ovest di Sanaa. Era stata rimandata a 'casa' perchè il letto serviva per nuovi pazienti: alla famiglia era stato consigliato di portarla in un centro di Medici Senza Frontiere ma non c'erano i soldi per il trasferimento.
Tre giorni dopo le dimissioni, Amal è deceduta. A darne notizia è stata la famiglia: "il mio cuore è infranto", ha dichiarato la madre, Mariam Ali, che si sta riprendendo dalla dengue contratta probabilmente nel campo profughi. La bimba "sorrideva sempre - ha raccontato - ora sono preoccupata per gli altri miei figli".
A milioni in Yemen sono ridotti alla fame dalla guerra che dal 2015 vede il coinvolgimento dell'Arabia Saudita contro i ribelli Houthi sostenuti dall'Iran; 1,8 milioni di bambini sono gravemente malnutriti, secondo l'Onu, e la situazione è destinata ad aggravarsi: il numero di yemeniti che dipendono dalle razioni d'emergenza potrebbe passare da 8 a 14 milioni, cioè la metà dell'intera popolazione.
Le organizzazioni internazionali hanno chiesto una cessazione delle ostilità e misure d'emergenza; un appello che sembra essere stato accolto da Usa e Gran Bretagna: il ministro della Difesa americano, Jim Mattis ha dichiarato che un cessate il fuoco dovrebbe entrare in vigore entro 30 giorni. Ma per ora i bambini come Amal continuano a morire.