Promessa di nuove aperture del mercato cinese; riduzione dei dazi sulle importazioni di auto; maggiori garanzie per la tutela della proprietà intellettuale; e una stoccata alla mentalità da guerra fredda giudicata “fuori posto” nel contesto attuale. È in sintesi quanto ha dichiarato oggi, martedì 10 aprile, il presidente cinese, Xi Jinping, nel suo attesissimo discorso al Forum di Boao, sull’isola cinese di Hainan, alla prima uscita diplomatica dopo la rielezione a presidente della Repubblica Popolare Cinese, il 17 marzo scorso, e mentre sembra attenuarsi la sfida sui dazi con Washington.
Le parole di Xi, che si riafferma difensore della globalizzazione, hanno rassicurato i mercati: Borse Asiatiche in salita, bene anche l'Europa e Wall Street. Donald Trump si è detto "molto grato" al presidente cinese "per le belle parole. "E anche - ha scritto Trump in un tweet - per il suo chiarimento sui temi della proprietà ntellettuale e e del trasferimento di tecnologie. Insieme faremo grandi progressi".
Pur senza mai citare direttamente il presidente degli Stati Uniti, o le dispute commerciali in corso tra Cina e Usa, che risultano lievemente smorzate, alla "Davos asiatica", Xi ha inviato una serie di messaggi indiretti all’inquilino della Casa Bianca. Davanti a lui, una platea composta da leader regionali, come il presidente delle Filippine, Rodrigo Duterte, o di calibro internazionale, come il segretario generale dell’Onu, Antonio Guterres, e l'ex presidente della Commissione Ue, Romano Prodi, e da grandi nomi della finanza, a cominciare dal direttore del Fondo Monetario Internazionale, Christine Lagarde, alla quale Ci ha promesso sostegno al libero scambio e salvaguardia dell’ordine internazionale.
Cosa ha detto Xi
“Il mondo sta andando incontro a un nuovo round di grandi sviluppi e profondi riadattamenti”, ha detto Xi nel suo discorso. “L’umanità affronta molte instabilità e incertezze” e “la nuova fase di rivoluzione industriale offre opportunità e sfide senza precedenti”. In un contesto dove permangono problemi globali, tra cui ha citato la povertà e i cambiamenti climatici, “la mentalità da guerra fredda e del gioco a somma zero appare molto fuori posto. Solo lo sviluppo pacifico e la cooperazione porterà risultati vantaggiosi per tutti. L’apertura porta al progresso, mentre la chiusura porta all’arretratezza”.
Xi ha poi sottolineato il ruolo della Cina nello scenario attuale. “Non importa quale grado di sviluppo la Cina abbia raggiunto”, ha aggiunto Xi, “non minacceremo nessun Paese, non rovesceremo i sistemi internazionali esistenti, né costruiremo sfere di influenza o cercheremo l’egemonia”. La Cina, ha promesso il presidente cinese, “continuerà nella politica di apertura”, inaugurata nel 1978 dall’allora leader, Deng Xiaoping. “La porta non si chiuderà e rimarrà sempre più aperta”.
Quattro aperture
- La Cina espanderà l’accesso al mercato interno, con particolare riferimento al settore finanziario;
- creerà condizioni migliori per gli investimenti, incoraggiando la trasparenza, la competitività e la chiusura dei monopoli;
- rafforzerà la protezione dei diritti di proprietà intellettuale,
- e, infine, espanderà le importazioni, a cominciare dalla prima edizione della China International Import Expo, che si terrà a novembre prossimo a Shanghai.
“Abbiamo ogni intenzione di trasformare questi propositi in realtà il prima possibile”, ha assicurato il presidente cinese.
Segnale a Trump
Il passaggio forse più diretto al presidente Usa riguarda il settore automobilistico. Xi ha promesso “tariffe significativamente più basse” di quelle attuali per le auto straniere sul mercato cinese (25% contro il 2,5% americano), a poche ore da un tweet di Trump, nel quale il presidente Usa lamentava tariffe dieci volte più alte per le auto straniere sul mercato cinese rispetto a quelle sul mercato statunitense. “Sembra commercio libero o equo”, scriveva Trump su Twitter. “No, sembra commercio stupido, andato avanti per anni”.
Pechino non intende però fare un passo indietro rispetto alla disputa sui dazi su acciaio e alluminio, con un ricorso all'Organizzazione Mondiale del Commercio (Wto), presentato il 5 aprile scorso, e la richiesta che la questione dei dazi sia discussa con gli Stati Uniti in quella sede.
Belt and Road
Un ultimo cenno, Xi lo ha dedicato all’iniziativa che porta la sua firma, la “Belt and Road” di connessione infrastrutturale tra Asia, Europa e Africa lanciata nel 2013, di cui Xi vuole fare “la più grande piattaforma per la cooperazione internazionale.
Retroscena
Da settimane fonti di Pechino attendevano segnali importanti dal discorso di Xi in merito alle riforme, dalla creazione di nuovi porti di libero scambio a un’ulteriore apertura di mercato nel settore terziario. La stampa governativa, sottolinea il Corriere della Sera, aveva addirittura paragonato la presenza di Xi nel’isola tropicale al “viaggio del Sud”, compiuto da Deng Xiaoping nel 1992 per rilanciare la liberalizzazione economica dopo il trauma di Tian’anmen nel 1989 e il temporaneo isolamento che ne seguì.
Boao tra aperture e tensioni con gli Usa
Un discorso allo studio da mesi con cui Xi riafferma il suo ruolo globale di alfiere della globalizzazione, in coerenza con l’approccio anti-protezionistico con cui nel gennaio del 2017 salì sul palco del World Economic Forum di Davos, e ricalcato nei toni e nei contenuti dal suo advisor economico, Liu He, il quale, nel più recente forum sulle alpi svizzere, ha promesso che la liberalizzazione quest’anno sarebbe andata “ben oltre le aspettative”.
Dal famoso discorso di Davos a oggi Xi ha guadagnato più potere: è stato rieletto Segretario Generale del Pcc al Congresso di ottobre scorso, il suo pensiero è entrato nella costituzione, e nel marzo scorso l’Assemblea Generale del Popolo lo ha rieletto nella carica di presidente, approvando importanti modifiche costituzionali, tra cui la rimozione del limite del doppio mandato, consacrandolo presidente perenne.
Negli ultimi discorsi pubblici, Xi ha espresso la sua visione a lungo termine per la Cina, quella di farne "un grande e moderno Paese socialista" entro il 2050, evidenziandone anche le difficoltà. "Viviamo un momento di sviluppo favorevole, inimmaginabile prima, ma affrontiamo ancora difficoltà e sfide senza precedenti", aveva dichiarato Xi, il mese scorso, alla conclusione dei lavori dell'Assemblea Nazionale del Popolo. Al Boao Forum Xi ha tracciato alcune linee della "nuova era" del socialismo con caratteristiche cinesi, fornendo la "più autorevole interpretazione" delle riforme e delle aperture della Cina - come l'ha definita il ministro degli Esteri di Pechino, Wang Yi - a quaranta anni dalla loro inaugurazione.
Le orecchie degli investitori erano attenti soprattutto a cogliere messaggi all'indirizzo del presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, sulla battaglia sui dazi che sta coinvolgendo le due maggiori economie del pianeta. Trump, dopo i dazi su acciaio e alluminio, ha annunciato balzelli per un valore di 50 miliardi su prodotti tecnologici cinesi legati alle dispute sulle proprietà intellettuali, colpendo il piano di innovazione manifatturiera "Made in China 2025", e ha minacciato un ulteriore pacchetto da 100 miliardi. Pechino ha risposto con due pacchetti di controdazi da 3 e 50 miliardi rispettivamente su prodotti agricoli, misure tutto sommato moderate che però vanno a colpire la base elettorale di Trump.
La guerra dei dazi
Tra le sfide da affrontare, in prima linea si possono inserire proprio i rapporti con Washington, con cui è "impossibile" condurre negoziati sul commercio, secondo quanto dichiarato ieri dal portavoce del Ministero degli Esteri di Pechino, Geng Shuang. Pechino accusa gli Usa di protezionismo e unilateralismo, dalle pagine dei suoi giornali, mentre chiede maggiore multilateralismo. L'importanza di migliorare la governance globale in un momento problematico sotto il profilo internazionale, e della cooperazione tra i grandi Paesi è stato uno dei punti affrontati da Xi nell'incontro, ieri, a Pechino, con il segretario generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres.
I toni nella disputa con gli Usa sono stati, finora, accesi. La Cina combatterà "fino alla fine" e "a ogni costo" i tentativi di protezionismo degli Stati Uniti, sottolineava in una nota venerdì scorso il Ministero del Commercio di Pechino, dopo la minaccia di Trump di nuovi dazi per cento miliardi di dollari di dollari merci importate dalla Cina.
Lo stesso presidente Usa, domenica, da Twitter, ha mandato un segnale di parziale distensione, con un messaggio di amicizia a Xi "qualsiasi cosa accada nella nostra disputa sul commercio", ma allo stesso tempo insistendo che la Cina "abbasserà le sue barriere commerciali perché è la cosa giusta da fare". Parole accolte con cautela dal tabloid Global Times. "L'atteggiamento di Trump sulla guerra commerciale tra Cina e Stati Unti è ancora vago", scrive il giornale, spesso espressione di voci oltranziste sui temi di politica estera.
Messaggi diversi sono arrivati dagli uomini dell'amministrazione Usa. "Non mi aspetto una guerra commerciale", ha dichiarato il segretario al Tesoro di Washington, Steven Mnuchin ai microfoni della Cbs. "Ci potrebbe essere, ma non me la aspetto per niente".
Dal forum all'isola tropicale cinese, qualche idea è già emersa per possibili contromisure nel caso di un'escalation sul commercio.
Il direttore dell'Istituto di Ricerca di Economia Nazionale della banca centrale cinese, Fan Gang, ha lanciato la proposta di usare i fondi della Cina per investire in asset reali invece che in buoni del Tesoro Usa, di cui la Cina è il primo detentore al mondo, ma l'ipotesi di controffensiva più dura, ancora in fase di analisi, arriva da Pechino: secondo quanto riferito all'agenzia Bloomberg, sarebbero in corso studi sugli effetti di un graduale deprezzamento dello yuan, la valuta cinese, nello scontro commerciale con gli Usa.