Pechino, 14 set. – "I paesi europei devono far fronte ai problemi del debito. Abbiamo più volte detto che intendiamo aiutarli e che continueremo a investire in Europa". Queste le parole del premier Wen Jiabao, intervenuto al World Economic Forum – la Davos cinese - che tuttavia non lasciano trapelare ancora alcuna indiscrezione riguardo la possibile acquisizione da parte di Pechino di una quota del debito pubblico italiano.
Poi il premier è tornato a parlare di politiche monetarie sottolineando come quella adottata dal Dragone debba necessariamente continuare ad essere prudente per contenere l'inflazione. Wen ha inoltre ribadito che la Cina intende favorire i consumi interni e procedere con le riforme strutturali per sostenere una crescita economica di lungo periodo. Il recente rallentamento economico della Cina – ha spiegato il premier - è legato alla stretta creditizia del governo, adottata per contenere i prezzi. "Manterremo i prezzi fondamentalmente stabili ed eviteremo forti oscillazioni della crescita economica". La crisi globale non ha colpito i fondamentali economici della Cina. "Abbiamo le condizioni e la fiducia per mantenere una crescita relativamente veloce".
Intanto un aiuto all'Eurozona potrebbe arrivare anche dai Brics. Lo ha reso noto R. Gopalan, segretario agli affari economici del ministero delle Finanze indiano, secondo cui i ministri delle Finanze di India, Brasile, Russia, Sudafrica e, naturalmente, Cina stanno valutando la possibilità di aiutare l'Eurozona nel corso di un vertice che si terrà a Washington nel corso di questo mese. In precedenza fonti brasiliane avevano reso noto che i Paesi emergenti avevano avviato un negoziato per aumentare le loro riserve obbligazionarie in euro, allo scopo di venire incontro ai paesi in difficoltà per la crisi del debito.
TRATTATIVE ROMA-PECHINO PER ACQUISTO DEBITO ITALIANO: CIC "NON HA ANCORA DECISO"
Pechino, 13 set.- Il presidente del fondo sovrano cinese China Investment Corporation Lou Jiwei si trova ancora in Italia per concludere i presunti colloqui con Roma per un possibile acquisto di una quota del debito pubblico italiano. A rivelarlo quest'oggi il quotidiano ufficiale della Lega dei giovani comunisti cinesi Beijing Youth Daily: fonti vicine al fondo sovrano cinese fanno sapere che il Cic non ha ancora deciso se acquistare o meno titoli di stato italiani. Una decisione, continua il giornale, che in ogni caso dovrà essere sottoposta prima all'autorizzazione dell'Investment Committee del Fondo.
I contatti Roma-Pechino si erano fatti sempre più fitti nelle ultime settimane, ma adesso arrivano le conferme: secondo quanto riportato dal Financial Times, il governo italiano è in trattativa con la Cina per l'acquisto di una quota "significativa" del debito pubblico tricolore.
La scorsa settimana il presidente del fondo sovrano cinese China Investment Corporation Lou Jiwei si trovava a Roma, dove ha incontrato il ministro delle Finanze Giulio Tremonti, il ministro degli Esteri Franco Frattini e i responsabili della Cassa Depositi e Prestiti (questo articolo). Il direttore generale del Tesoro Vittorio Grilli, che già ad agosto era in missione a Pechino per incontrare i vertici della SAFE -State Administration of Foreign Exchange, l'authority Forex che gestisce le immense riserve in valuta estera custodite dal Dragone, stimate in 3.200 miliardi di dollari - ,si trovava anche ieri in Cina, da dove ha proseguito per Hong Kong e Singapore.
A quanto ammonta la quota dei 1.900 miliardi di euro di debito pubblico italiano già controllata da Pechino? Le stime del 13%-14% circolate qualche mese fa non sono state confermate. Fonti del governo italiano, invece, riferiscono al Financial Times che la cifra si aggirerebbe intorno al 4%.
Da Pechino arrivano le prime reazioni ufficiali. La portavoce del ministero degli Esteri cinese, Jiang Yu, ribadisce la fiducia di Pechino nell'Europa e si augura che il Vecchio Continente sia in grado di garantire i suoi investimenti. Sui colloqui con l'Italia Jiang Yu ha tuttavia preferito non commentare, invitando i giornalisti a rivolgersi ai dipartimenti cinesi competenti. Ma ogni tentativo di contattare il fondo sovrano cinese si è rivelato inutile.
China Investment Corporation è nata nel 2007 con un capitale pari a 200 miliardi di dollari ma attualmente controlla asset per circa 410 miliardi. Gli investimenti del fondo sovrano cinese, sostengono i suoi funzionari, "sono guidati da interessi puramente economici e commerciali".
Titoli di Stato: analista cinese "Quelli italiani sono un affare"
"La Cina dovrebbe prendere in considerazione l'acquisto di quote di debito italiano", lo ha affermato il noto economista cinese Fan Gang sul magazine cinese Caijing. Secondo l'ex consulente della Banca centrale cinese, i nostri titoli di stato costituiscono al momento un investimento di alto valore. Qualche perplessità invece da Li Delin, opinionista del settimanale Zhengquan shichang. Secondo Li, la Cina non comprerà una quota troppo consistente del debito italiano, dato che tra i Paesi europei con il debito più a rischio, oltre la Grecia, figurano proprio l'Italia e la Spagna.
Analisti italiani: l'intervento di Pechino è verosimile, ma non risolve tutti i nostri problemi.
Anche Michele Geraci, a capo del China Program del Global Policy Institute della London Metropolitan University, è abbastanza scettico sulla possibilità che Pechino abbia intenzione di acquistare una quota significativa del debito pubblico italiano. "La Cina è sicuramente interessata a investire in Europa per motivi tanto di stabilità che socio-politici – ha dichiarato ad AgiChina24 - E' quindi verosimile che Pechino voglia investire anche in Italia. Dal punto di vista economico, investire in buoni del tesoro con un rendimento del 4% costituisce per la Cina un ritorno in valuta locale pari a zero; quel poco che si guadagna verrebbe infatti rosicchiato dalla potenziale valutazione del Renminbi. L'interesse che guida Pechino a finanziare il debito pubblico italiano è quello di sostenere un'Europa stabile e scampare i rischi di una crisi prolungata. Il ritorno dell'investimento può essere visto in altri settori, come ad esempio sotto forma di export".
Più ottimista Lorenzo Stanca, economista e managing partner del Fondo Mandarin, che commenta così le trattative in corso tra Pechino-Roma " In una logica di do ut des, sarebbe una mossa politica oltre che finanziaria – riferisce Stanca ad AgiChina24 - L'interesse è politico perché se si aiuta l'Italia si evita che l'euro rischi di saltare. L'interesse è anche finanziario in quanto Pechino ha bisogno di un euro forte come alternativa al dollaro, e ha quindi interesse ad acquistare debito pubblico italiano".
Un eventuale intervento di Pechino in che misura potrà aiutare l'Italia?
"Anche se la Cina comprasse una quota massiccia del debito pubblico italiano, verrebbe risolto solo in parte il problema della necessità di liquidità, ma non quello della crescita economica – risponde Michele Geraci ad AgiChina24 - La Cina può senz'altro contribuire ad aumentare la liquidità di cui il governo italiano ha bisogno nel breve periodo, ma poi l'Italia deve ricominciare a crescere, e su questo c'è ben poco che Pechino possa fare. Comprare i titoli del tesoro sia a un anno che a 10 anni è troppo rischioso per Pechino. A mio avviso, Pechino comprerà il minimo sufficiente per dare un segnale di fiducia più che un reale aiuto".
Non è di diverso avviso Lorenzo Stanca:" L'eventuale aiuto di Pechino interverrebbe sulla necessità di liquidità, non sul rilancio della crescita economica. Il dibattito sulla crescita è fumoso, non esiste una misura che se adottata possa attivare la crescita. Il governo può se mai cercare di incentivarla. Anche gli investimenti cinesi in Italia possono contribuire alla crescita, ma è un discorso di medio periodo. Non si parla al momento di interventi immediati".
Donato Masciandaro, professore di economia e direttore del Centro Paolo Baffi dell'Università Bocconi, si unisce al coro degli scettici usando toni duri. "E ' ancora presto per affermare che si tratta di una notizia positiva – ha sottolineato Masciandaro ad AgiChina24 - I capitali esteri, quando arrivano, devono essere dedicati al finanziamento di investimenti produttivi. In questo caso, trattandosi di investimenti pubblici, in infrastrutture. Un investimento rivolto essenzialmente alla copertura del debito sarebbe tossico. Il problema dell'Italia non è semplicemente quello di finanziare il debito, ma di creare sviluppo. E lo sviluppo si crea tramite gli investimenti, non elemosinando fondi in giro per il mondo".
Luttwak, buoni del tesoro ai cinesi? Teatro e frottole
''E' bambinesco pensare che si possano risolvere i problemi vendendo i buoni del tesoro italiano ai cinesi. Quello che si racconta oggi su queste trattative è un insieme di teatro e di frottole''. Lo ha affermato oggi a Udine, ospite di una convention di Hypo Alpe Adria Bank, il politologo e economista americano Edward Luttwak. ''I cinesi - ha precisato - hanno i computer e decidono se e quali buoni del tesoro acquistare. Certe operazioni - ha aggiunto - la Cina le fa attraverso un organismo competente, la Safe e non attraverso le delegazioni''. Per Luttwak quindi ''si tratta di un'altra mistificazione, come lo sono state le dichiarazioni del governatore della Banca d'Italia Mario Draghi quando disse che lo stress test, che conteneva soltanto mezza verita' e dunque era falso, dimostrava la solidita' delle banche italiane''. ''Se invece - ha concluso Luttwak - il Parlamento italiano fa la manovra adeguata e taglia e taglia allora i buoni del tesoro andranno su e tutti li compreranno''.
di Antonio Talia e Alessandra Spalletta
ha collaborato Sonia Montrella
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