di Alessandra Spalletta
9 luglio, h10:00
(AGI) – Roma, 09 lug. – La Cina è interessata a investire sui porti italiani. L'ennesima prova arriva dalla visita di una delegazione del Ministero dei Trasporti cinese a Trieste dal 10 al 12 luglio in occasione del 14th Implementation Meeting of Eu-China Maritime Agreement, organismo multilaterale nato nel 2002 e attivo dal 2008 con lo scopo di migliorare le condizioni del trasporto marittimo intercontinentale. Tra i delegati vi sono anche rappresentanti di COSCO (China Ocean Shipping Company), gigante cinese delle spedizioni marittime che nel 2016 ha acquisito la maggioranza del capitale del porto del Pireo. Lo riferiscono all'AGI fonti diplomatiche. La partecipazione al summit potrebbe essere un'occasione per effettuare un sopralluogo al porto di Trieste. Si conferma dunque l'impegno della Cina a valutare un investimento sui porti italiani, come emerso nel corso della recente partecipazione del presidente del Consiglio Paolo Gentiloni al Forum internazionale di Pechino sulla Via della Seta (14-15 maggio), il progetto infrastrutturale lanciato dal presidente Xi Jinping nel 2013 per integrare l'Asia e l'Europa via terra e via mare. La Cina ha manifestato "esplicitamente" l'interesse a investire sui porti di Trieste e Genova e l'Italia non è in competizione con il Pireo, aveva dichiarato Paolo Gentiloni al termine della visita in Cina, insieme ad altri ventotto tra primi ministri e capi di Stato invitati al forum pechinese. "Non abbiamo alcuna intenzione, non solo per amicizia verso la Grecia, ma anche per chiarezza nei confronti verso la Cina, di mettere in competizione o in alternativa i porti dell'alto Adriatico con il Pireo". Gentiloni aveva poi parlato dell'interesse italiano rispetto ai porti del Pireo "essendo il principale operatore ferroviario greco di proprietà di Trenitalia".
La nuova Via della Seta
"Belt and Road Initiative" (Bri), la nuova Via della Seta, è il progetto lanciato dal presidente Xi Jinping nel 2013 per integrare l'Asia e l'Europa via terra e via mare, toccando anche l'Africa. "Una cintura una via" (Yi dai yi lu, 一带一路) si presenta come la risposta cinese al cambiamento degli scenari geopolitici e alla crisi economica globale; punta non tanto a definire un nuovo ordine mondiale quanto a dettare le regole del sistema attuale, di cui la Cina, seconda economia mondiale, è la principale beneficiaria. In controtendenza al risorgente protezionismo, il progetto è l'incarnazione del Sogno Cinese di "rinascita" ed è legato al piano di innovazione del settore manifatturiero "Made in China 2025". Xi Jinping, nel discorso pronunciato a Davos il 17 gennaio scorso che ha cambiato il corso della politica estera, ha proposto un nuovo modello di globalizzazione, più inclusivo ed equilibrato. Lo Statuto ufficiale di Bri del marzo del 2015 definisce infatti l'iniziativa un "impegno solenne di cui beneficeranno tutti i popoli del Pianeta". Una globalizzazione con la Cina al centro, che altro non è che la visione tradizionale cinese dell'ordine mondiale (天下,Tianxia: "all under heaven"). Ma l'iniziativa è soprattutto un grande progetto economico che punta a integrare l'Asia e l'Europa costruendo sei corridoi di trasporto via terra e via mare, attraverso i quali circoleranno merci, tecnologie, cultura. Al Belt and Road Forum di Pechino, oltre ai 900 miliardi di dollari che la Cina ha già programmato di investire sui corridoi economici, Xi ha promesso finanziamenti per nuovi 780 miliardi di yuan (113 miliardi di dollari). Di questa somma 14,5 miliardi di dollari andranno al Silk Road Fund, uno dei grandi bracci finanziari dell'iniziativa.
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Sfida e opportunità per i porti italiani
La Cina ha comprato il Pireo e oggi punta a investire sulle ferrovie nel Balcani per creare un collegamento diretto con l'Europa centrale. La vera sfida del rilancio della connettività promosso dalla Cina lungo le antiche rotte sui mari, la Via della Seta Marittima del Ventunesimo secolo, per l'Italia si gioca sui porti. Con il raddoppio del Canale di Suez nel 2015, il Mediterraneo ha assunto una nuova centralità. Dopo l'acquisizione del Pireo da parte di Cosco (China Ocean Shipping Company) nel 2016 per un valore di circa 360 milioni di euro, il numero di container che il porto greco movimenta è passato da 500mila a 3,1 milioni. Questo, come altri investimenti in programma, ad esempio la possibile acquisizione del porto algerino di Cherchell, se da un lato rendono il Mediterraneo più competitivo, dall'altro lato rischiano di sottrarre traffico ai porti dell'Adriatico: Ravenna, Venezia e Trieste. Nessuno ha dimenticato il fallito accordo su Gioia Tauro, che occupa nel Mediterraneo una posizione centrale e sarebbe stato per i cinesi il porto ideale sul quale investire. Cosco si è scontrato con le criticità del nostro sistema di governance. Quella è una partita persa.
Ma l'Italia resta un terminale strategico nella proiezione cinese nel Mediterraneo, in termini politici, commerciali e di sicurezza. Nelle mappe cinesi, il porto di Venezia viene spesso indicato come il terminale europeo della Via della Seta Marittima. Riecheggiano le parole di Ivan Scalfarotto, sottosegretario allo Sviluppo Economico, alla vigilia della visita di Stato del presidente Sergio Mattarella in Cina nel febbraio scorso: "L'Italia, avendo un ruolo di ponte tra Europa e Oriente, si candida in modo autorevole per avere un ruolo importante: attraverso l'Italia si arriva al cuore dell'Europa". I porti di Trieste, Genova e Venezia arrivano al centro dell'Europa più del Pireo. A esserne convinto è anche l'Ambasciatore italiano in Cina, Ettore Sequi, che in un'intervista all'AGI ha detto che i porti italiani sono "fortissimi in termini di logistica, di profondità dei fondali, di celerità delle procedure doganali, di collegamenti via ferrovia e via strada. Vanno visti in modo complementare al Pireo – ha aggiunto -; anche quei traffici che arrivano nel porto greco devono compiere una via più lunga per arrivare al centro Europa, e oltretutto le infrastrutture sono ancora da costruire. Le nostre invece sono già pronte e i porti già funzionanti". Un concetto che Gentiloni ha ribadito a Xi al Forum Internazionale di Pechino Belt and Road, il 14 e il 15 maggio.
Trieste unico porto franco in Europa
L'Italia vuole dunque offrire ai cinesi l'alternativa dei porti italiani, l'Alto Adriatico e l'Alto Tirreno, che il governo sta riqualificando. A partire da Trieste, che con il decreto attuativo del 27 giugno scorso è stato riconosciuto porto franco internazionale (cioè libero da dazi doganali o con regolamentazione dei tassi favorevoli), unico in Europa. "Durante la recente missione in Cina abbiamo visto brillare gli occhi degli interlocutori quando si sentivano dire che siamo l'unico vero porto franco esistente in Europa, in cui si può fare anche manifattura industriale", aveva detto il presidente dell'Autorità di sistema portuale dell'Adriatico orientale, Zeno D'Agostino, durante la conferenza stampa congiunta con il ministro Graziano Delrio e il presidente del Friuli Venezia Giulia, Deborah Serracchiani. Il porto di Trieste punta dunque ad avere un ruolo di primo piano nella via della seta marittima del Ventunesimo secolo, e lo dimostra anche l'accordo di cooperazione per lo sviluppo di aree logistiche intermodali firmato il 9 giugno con il porto di Duisburg, in Germania, snodo fluviale e ferroviario verso il Continente europeo, dal mar Baltico al Mediterraneo. Non solo. Duisburg è il punto di approdo più utilizzato per lo scalo delle merci cinesi in partenza dalla megalopoli della Cina sudoccidentale, Chongqing.
Gentiloni, "i cinesi si impegnano a investire su Trieste e Genova"
Paolo Gentiloni è stato l'unico leader del G7, di cui l'Italia ha quest'anno la presidenza, a riunirsi a Pechino al primo forum internazionale di cooperazione sulle nuove vie della seta con altri 29 capi di stato e ministri di oltre 80 Paesi. Una presenza che i cinesi hanno evidentemente gradito: l'obiettivo del governo di far inserire i porti italiani tra i terminali della via della seta marittima è diventato più concreto. Al termine dei due giorni a Pechino, dopo i colloqui bilaterali con il primo ministro cinese, Li Keqiang, prima, e con il presidente cinese, Xi Jinping, subito dopo, Gentiloni si era detto "favorevolmente colpito" dall'inserimento dei porti italiani "tra i porti sui quali investire in questo gigantesco programma di investimenti". In particolare, il presidente del Consiglio aveva citato Trieste e Genova collegati "al cuore ricco dell'Europa". C'è un impegno concreto, da parte cinese, a investire nei porti italiani e, in particolare, quelli dell'alto Adriatico: "La leadership cinese ha dichiarato esplicitamente l'intenzione di volere investire su Trieste e Genova. Avverrà. C'è una data x; c'è un impegno", aveva affermato il presidente del Consiglio. E non c'è concorrenza con il porto del Pireo: "Sono progetti diversi che possono essere sviluppati in modo diverso e parallelo".
Gentiloni ha dunque garantito all'Italia l'ingresso a pieno titolo nella nuova via della Seta. A Xi Jinping, il quale ha già annunciato che la seconda edizione del Forum si terrà nel 2019, Gentiloni aveva esteso i saluti del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, e l'invito a recarsi in Italia il prossimo anno. Il bilaterale è stato anche l'occasione per discutere la cooperazione Italia-Cina anche in Paesi terzi, tra cui l'area dei Balcani occidentali e in Africa. Sono già stati individuati "due o tre Paesi" africani assieme a Pechino con cui collaborare, ed è emersa la possibilità di fare operazioni triangolari Italia-Cina sia nei Balcani occidentali, che sono "un'area geografica che interessa sempre più la Cina, sia in Africa, individuando, oltre ad alcuni luoghi - come il Mozambico, dove già lavoriamo insieme - due o tre Paesi africani, in cui questo lavoro possa svilupparsi".
La partecipazione di Gentiloni al Forum di Pechino è stata "molto apprezzata" in Cina e ha dato un "forte impulso" al dialogo. Lo ha detto all'AGI l'ambasciatore italiano in Cina Ettore Sequi, il quale al margine del Forum aveva firmato alla presenza del presidente del Consiglio un nuovo protocollo di durata quinquennale per rilanciare la cooperazione in campo agricolo. "Gentiloni ha mostrato che il tema della portualità italiana è funzionale alla realizzazione della nuova Via della Seta", ha detto Sequi, "La sua presenza – ha sottolineato - ha dato un segno plastico dell'interesse e della serietà con cui l'Italia guarda a questo progetto". Il presidente del Consiglio ha illustrato a Xi "idee concrete sulla partecipazione dell'Italia alla Via della Seta Marittima del Ventunesimo secolo, presentando i sistemi portuali dell'Alto Adriatico e dell'Alto Tirreno come due asset importanti perché molto più vicini al centro Europa di qualsiasi altra rotta marittima", ha dichiarato Sequi.
Non solo. Secondo gli ultimi dati disponibili del World Shipping Council relativi al 2013, ogni anno tra Asia ed Europa viaggiano via nave container per un valore stimato di oltre 20 milioni di TEU (Twenty-Foot Equivalent Unit, Unità equivalente ad un contenitore da 20 piedi). Di questi questi 13,7 vanno da e verso il Nord Europa, 6,7 da e verso il Mediterraneo; i container che arrivano dall'Asia sono circa il doppio di quelli che tornano dall'Europa[1]. Una cifra che presuppone l'utilizzo di vari porti: "In questa architettura, i porti italiani sono fondamentali", ha sottolineato Sequi. Parole che rievocano quelle del ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti Delrio, il quale al termine della visita di Stato del presidente Sergio Mattarella, nel febbraio scorso, dopo aver incontrato il suo omologo cinese a Chongqing, aveva dichiarato: "Il sistema portuale e ferroviario italiano è già pronto ad accogliere le merci della nuova Via della seta. Noi abbiamo già il sistema dell'alto Adriatico, con Venezia e Trieste, il sistema dell'alto Tirreno con Genova e il porto di Taranto che sono pronti ad accogliere merci e a portarle nel cuore dell'Europa e nell'Est europeo".
In quella occasione il ministro Delrio aveva invitato il ministro dei Trasporti cinese a compiere presto una visita ufficiale in Italia, apprende AGI da fonti diplomatiche. La visita non è ancora stata confermata ma la visita di una delegazione del ministero dei Trasporti cinese a Trieste la prossima settimana, potrebbe essere preparatoria alla visita ufficiale del ministro cinese.
Gli investimenti cinesi sui porti
Oltre agli investimenti sui porti di Gwadar, che sorgerà all'interno di un'area di libero scambio in Pakistan, e di Colombo, anche altri scali marittimi in Europa e in Asia vengono toccati dall'iniziativa. uno dei più importanti è lo scalo del Pireo, di cui Cosco ha dallo scorso anno una quota di controllo e che nelle intenzioni cinesi, allo stato attuale, è il principale sbocco marittimo europeo per i container in arrivo dalla Cina. Lo scalo del Pireo non è l'unico a interessare i cinesi: nel corso degli anni, la Cina ha manifestato interesse per i porti turchi, per lo scalo cipriota di Limassol, e per i porti italiani. Cosco (China Ocean Shopping Company) ha già investito lo scorso anno nello scalo di Vado Ligure, di cui detiene una partecipazione del 40%, e ad aprile, il gigante delle spedizioni marittime cinesi, ha annunciato l'avvio del primo servizio regionale di trasporto container che mette in connessione il sistema portuale del nord Europa con quello del Mediterraneo, operato dalla stessa Cosco. puntando su alcuni scali marittimi italiani, come Salerno, con una nuova linea in partenza per i porti dell'Europa settentrionale. Interessato dall'iniziativa è anche il porto di La Spezia, che sta sviluppando con Cosco nuove collaborazioni per il trasporto via mare di navi container dall'Asia al Mediterraneo.
Per le qualità delle infrastrutture presenti e per la vicinanza con i mercati dell'Europa centrale, sono soprattutto i porti dell'Alto Adriatico che guardano con interesse al collegamento con la Cina e con l'iniziativa di sviluppo Belt and Road. L'ultimo segnale in questo senso arriva dal Porto di Venezia, che ad aprile, scrive il sito web specializzato informazionimarittime.it , all'ultima fiera internazionale "Break Bulk Europe" di Anversa, ha annunciato il lancio di due nuovi servizi, tra cui il ritorno del servizio diretto con il Far East operato da Ocean Alliance, di cui fa parte anche la stessa Cosco, che punta a fare di Venezia e, più in generale dell'Alto Adriatico, il punto di arrivo della Via della Seta Marittima del Ventunesimo Secolo, il versante marittimo dell'iniziativa lanciata nel 2013 da Xi Jinping.
Quanto vale per l'Italia la Belt and Road di Xi
Alla fine di aprile uno dei principali veicoli finanziari che affiancano la "Belt and Road" cinese, il Silk Road Fund, ha acquisito una quota del 5% in Autostrade per l'Italia. Ma l'Italia guarda soprattutto al versante marittimo dell'iniziativa, la Via della Seta Marittima del Ventunesimo Secolo.
Quanto vale la Via della Seta per l'Italia? Alcune stime. Secondo alcune stime diffuse a febbraio scorso, durante la visita in Cina del presidente della Repubblica Sergio Mattarella, la partecipazione italiana potrebbe fruttare al fisco incassi per circa un miliardo e mezzo di euro. A condizione, si intende, che i progetti italiani interessino agli investitori cinesi. Non c'è, poi, solo il grande tema degli investimenti cinesi in Italia. Attualmente, si pensa anche a compartecipazioni a progetti cinesi in Paesi terzi, come il Pakistan, un'ipotesi confermata nei giorni scorsi dal presidente del Consiglio, Paolo Gentiloni, ai microfoni dei media cinesi che lo hanno intervistato sulla sua partecipazione al forum pechinese.
09 LUGLIO 2017
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