di Alessandra Spalletta e Eugenio Buzzetti
Pechino, 19 feb. - "Lo vedi quell'ometto laggiù? E' molto intelligente e ha un grande futuro davanti a sé". Nel 1957, Mao Zedong scelse quelle parole per introdurre Deng Xiaoping a Nikita Kruschev, l'allora leader dell'Unione Sovietica. Quaranta anni dopo, il 19 febbraio 1997, il "piccolo timoniere", dopo avere traghettato la Cina fuori dalle secche della Rivoluzione Culturale, avviando la trasformazione della Cina da Paese arretrato a moderna potenza industriale, moriva a Pechino lasciando in eredità un modello politico ed economico, il "socialismo con caratteristiche cinesi" (zhongguotese shehuizhuyi), a cui i leader che sono venuti dopo di lui hanno continuato ad attenersi.
Sopravvissuto alle purghe politiche dell'era di Mao, Deng viene ricordato oggi come un leader pragmatico, fino al cinismo. "Non importa che il gatto sia bianco o nero, l'importante è che prenda il topo" è forse la sua frase più celebre, sigillo del suo modello di leadership sviluppatasi dopo la morte di Mao, nel 1976. Le aperture del sistema cinese sono state tra le riforme più importanti avviate da Deng, che nel terzo plenum del 1978, con lo slogan "la verità deve essere ricercata nei fatti", lanciò le Quattro Modernizzazioni (dell'agricoltura, dell'industria, della scienza e tecnologia e del settore militare) per trainare la Cina fuori dall'arretratezza. Messo da parte Mao con il celebre giudizio "70% giusto, 30% sbagliato" (riferimento quest'ultimo agli eccidi della Rivoluzione Culturale) Deng ha avviato il "socialismo con caratteristiche cinesi", la formula utilizzata per l'apertura della Cina al capitalismo e ai capitali stranieri, e alla nuova epoca in cui "arricchirsi è glorioso", altro suo popolarissimo slogan che segna il deciso cambio di passo rispetto agli anni del maoismo.
La Cina divenne così un gigante con il corpo dominato da una certa forma di libero mercato e una testa autoritaria. Diversa dalle misure di riorganizzazione economiche tipiche dei paesi socialisti, tendenti a riaffermare l'efficacia di un sistema economico basato sulla proprietà collettiva, la riforma di Deng si ispirava alle idee di Sun Yat-sen (fondatore nel 1912 della Repubblica di Cina, che ha messo fine al millenario impero), che prevedevano l'ingresso di capitali stranieri. Deng guardava anche alla tradizione cinese di quei funzionari progressisti che alla fine del XIX secolo avevano iniziato a gettare le basi teoriche di una Cina "ricca e potente" ("fuqiang"), consentendo l'arrivo delle tecniche straniere. Forte della sua vittoria sulla fazione maoista, conclamatasi con l'arresto della Banda dei Quattro nel 1976 e l'emarginazione di Hu Yaobang (l'erede designato di Mao) nel 1981, Deng utilizzò un approccio pragmatico anche nel processo di demaoizzazione: spostò l'enfasi dalla politica all'economia, sorvegliando l'ideologia e garantendo così l'unità del Partito.
La Cina ha registrato tassi di crescita a due cifre, anche se sono aumentate le diseguaglianze all'interno del Paese: le fasce costiere sono state le prime a ricevere i benefici dello sviluppo economico, mentre l'interno è rimasto più arretrato. Qualcuno si era arricchito prima degli altri, e tra i compiti della classe dirigente attuale c'è anche lo sviluppo delle città di seconda e terza fascia che meno hanno goduto delle aperture del sistema cinese.
Tra i meriti di Deng Xiaoping viene annoverato il ripristino del "gaokao", l'esame di Stato, che ancora oggi, ogni anno, è lo scoglio più grosso per gli studenti cinesi, e la formulazione della linea "un Paese, due sistemi", che regola il rapporto con Hong Kong, tornata alla Cina proprio pochi mesi dopo la sua morte, il 1 luglio 1997. In politica, il riconoscimento del suo ruolo come principale artefice delle riforme cinesi gli ha permesso di pianificare il ricambio generazionale al vertice del Paese. Da capo della Commissione Militare Centrale, il titolo che ha mantenuto più a lungo, ha stabilito la linea di successione dei presidenti che hanno retto le sorti del Paese dopo di lui: Jiang Zemin, leader della terza generazione, e Hu Jintao, leader della quarta. La transizione al vertice del potere tra Jiang e Hu, nel 2003, fu la più pacifica che la storia cinese ricordi, ma le lotte interne al Partito Comunista Cinese non erano cessate e si sarebbero manifestate anni più tardi: i casi legati all'ex capo di Chongqing, Bo Xilai, e all'ex capo degli apparati di sicurezza, Zhou Yongkang, hanno riacceso i riflettori, a partire dal 2012, sulle trame all'interno del partito per prendere il potere.
Xi e Deng - A emergere, proprio nel 2012, è Xi Jinping, il primo dei leader non designati direttamente da Deng, ma che proprio al piccolo timoniere ha reso omaggio all'indomani della sua nomina a segretario generale del Partito Comunista Cinese. Al suo primo viaggio all'interno del Paese, all'inizio di dicembre dello stesso anno, Xi si era recato a Shenzhen, banco di prova delle aperture in senso capitalista avviate dall'ex leader. Un'eco del "viaggio al sud" del Paese che Deng fece venti anni prima, nel 1992, per rilanciare le sue politiche e la sua figura, appannatasi dopo la repressione nel sangue delle dimostrazioni studentesche di piazza Tian'anmen, il 4 giugno 1989, la più grave macchia della sua vita politica. Il viaggio di Xi fu un vero e proprio omaggio a Deng, culminato con la deposizione di un mazzo di fiori ai piedi della statua dedicata al piccolo timoniere sul monte Lianhua.
Ancora due anni più tardi, nel 2014, in occasione del centodecimo anniversario dalla nascita di Deng Xiaoping, un lungo articolo dell'agenzia Xinhua metteva nero su bianco il paragone tra i due leader. "Xi porta la torcia di Deng", titolava l'agenza di stampa ufficiale cinese. Nella visione di continuità al potere dell'agenzia di stampa cinese Mao aveva liberato la Cina, Deng le aveva dato il boom economico, Jiang aveva fissato gli obiettivi del socialismo di mercato e Hu aveva creato il concetto di sviluppo scientifico. Xi, oggi, deve "costruire una società moderna, guidata dal diritto". Un giudizio simile su Xi lo diede anche una delle penne più lette e rispettate della Cina, Hu Shuli, a capo del magazine Caixin. "Il modo migliore per onorare Deng è costruire una società basata sullo stato di diritto". Proprio alcuni mesi più tardi, con il quarto plenum dell'ottobre 2014, Xi dava il via alla riforma della giustizia per affermare lo stato di diritto in Cina, ma sempre "con caratteristiche cinesi", riutilizzando la formula del vecchio Deng. Il giudizio sull'uomo Deng, però, è in parte cambiato da allora, e in un articolo di approfondimento, pubblicato il 14 febbraio scorso, il tabloid Global Times, definisce "controverso", nel titolo, l'impatto della sua leadership sulla Cina. "Deng Xiaoping viene ampiamente riconosciuto per l'eredità della sua politica di riforme e aperture", scrive l'influente tabloid cinese, "ma qualcuno ritiene che sia da incolpare per i problemi sociali come la corruzione e il divario sociale": due gravi problemi che Xi Jinping, "nucleo della leadership", come è stato nominato al termine dello scorso sesto plenum, non fa mistero di volere estirpare dal partito e dalla società.
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