Di Marco Scarinci
Roma, 06 giu. - Il Tibet è famoso soprattutto per la sua letteratura religiosa; eppure, esiste anche una consistente tradizione di letteratura per così dire «profana» (per quanto anch'essa generalmente si ispiri a principi religiosi). Ci riferiamo ad esempio a opere di medicina, astrologia, geografia, storia. Di importanza fondamentale per comprendere la cultura tibetana, però, è la famosa epopea del Re Gesar di Ling. Non solo questo è considerato il poema epico per eccellenza dei tibetani, ma costituisce addirittura l'epopea più lunga del mondo: solo la compilazione cinese della versione tibetana comprende oltre un milione di versi distribuiti in circa 120 volumi. Ma non è affatto facile districarsi tra le varie versioni dell'opera, neanche ad un livello molto superficiale. Quello di Gesar, infatti, non è un patrimonio esclusivamente tibetano, ma appartiene anche a tutta l'Asia Centrale e Settentrionale. Senza voler essere esaustivi possiamo citare versioni o racconti relativi a Gesar in Ladakh, Bhutan, Nepal, tra diverse minoranze etniche cinesi (Bai, Naxi, Pumi, Lisu, Uygur e soprattutto Tu), in Buriazia e soprattutto in Mongolia. La versione classica è solitamente ritenuta essere quella del Tibet orientale, ma anche le versioni buriate e mongole sono molto importanti. Se si considera che anche solo la versione tibetana è fatta da una quantità insormontabile di varianti si capiscono bene le difficoltà che gli studiosi hanno dovuto affrontare nell'approcciarsi a quest'opera.
Un proverbio afferma infatti che ogni tibetano ha una sua storia su Gesar. Non a caso quella di Gesar è una storia che prospera in un sostrato che Geoffrey Samuel definisce «sciamanico»: non solo per le sue ascendenze centrasiatiche, per i molti temi Bön tipici dell'opera, per l'insistenza nella storia sui poteri magici di Gesar e la sua lotta contro i demoni; ma anche perché i cantori tradizionali dell'opera, i cosiddetti bardi, quando cantano entrano in uno stato di trance e si aprono ad una serie di intuizioni e visioni che si ritengono provenire da Gesar stesso. Spesso, pertanto, nuove varianti o nuovi episodi della storia vengono creati dal bardo perché quest'ultimo crede di ricevere queste nuove informazioni in sogno o in ispirazione diretta. Qualche volta il bardo inizia il proprio mestiere proprio in seguito ad una scelta da parte di Gesar, che spesso si manifesta in sogno e, soprattutto, in un periodo di crisi iniziatica tipica degli sciamanesimi della Siberia e della Mongolia. Questi bardi visionari vengono chiamati in tibetano babdrung.
Se ne accorse la stessa Alexandra David Neel che scrisse «La maggior parte dei poeti si reputerebbero gravemente offesi se qualcuno si permettesse di dire loro che hanno imparato i canti del poema. Essi affermano di essere direttamente ispirati da Gesar o da un altro personaggio divino, che detta loro le parole che pronunciano». David Neel, che fu la prima donna occidentale a raggiungere Lhasa nel 1924, ebbe il merito di popolarizzare l'opera tra gli occidentali grazie al testo La vie Surhumaine de Guésar de Ling le Héros Thibétain (1931), in italiano La vita sovrumana di Gesar di Ling (1990, ed. Mediterranee). In questo testo presentò al pubblico occidentale una traduzione condensata dell'epopea di Gesar, fornendo anche preziosi dettagli su come è giunta a conoscere quest'opera. David Neel scrisse che ne sentì parlare inizialmente a Pechino, ma ebbe poi la possibilità di incontrare sia il Re di Ling nel Kham, ritenuto essere un discendente di Gesar stesso, e sia un bardo che accettò di insegnarle i suoi canti. Il bardo si chiamava Diktchen Chempa e curiosamente era ritenuto essere la reincarnazione di un importante personaggio dell'epopea di Gesar. Quando recitava l'opera - racconta la David Neel - questi chiedeva un foglio bianco da poter fissare e in cui, dopo essere caduto in una sorta di ipnosi, vedeva comparire le scene che avrebbe poi raccontato.
Anche oggi l'epopea di Gesar in Cina è molto viva. Oltre cento bardi operano in Tibet, Qinghai e nella Mongolia interna. Per di più, a livello accademico l'epopea è molto studiata e diversi studiosi cinesi concentrano la loro vita solo sulla ricerca relativa a quest'opera. In questo contesto ha avuto un ruolo decisamente importante il Chinese Research Society of Folk Literature and Art.
Comunque, la prima versione stampata dell'opera è stata pubblicata a Beijing nel 1716 ed era un testo mongolo. In questo possiamo rinvenire 7 episodi principali: 1) il prologo nel regno degli dèi, la sua nascita e gioventù, il suo matrimonio con Rogmo (Brug-mo) e la presa del potere come Re di Ling; 2) la sua sconfitta di una tigre nera; 3) il viaggio di Gesar in Cina e il suo matrimonio con una principessa cinese; 4) la sconfitta di un re demone grazie all'aiuto della moglie di quest'ultimo 5) la guerra contro i tre Re di Sharaigol (Hor); 6) la sconfitta di un demone travestito da lama; 7) il viaggio di Gesar negli Inferni per salvare sua madre.
Volendo fare un confronto con la versione (completamente orale) del Ladakh e quella del Tibet orientale, quattro di questi episodi (1, 3, 4, 5) hanno degli equivalenti nelle altre due versioni; l'episodio numero 7 ha un equivalente nella versione tibetana ma non in quella del Ladakh; due episodi invece (2, 6) non hanno altri equivalenti.
Alcuni studiosi tibetani, sulla base di un testo chiamato rLangs Po ti bse ru, ritengono che Gesar sia esistito storicamente nell'undicesimo secolo ed era precisamente il Re di Ling; tuttavia è improbabile che l'intera epopea si esaurisca su questa figura. Al massimo, afferma Samuel, l'eventuale Gesar storico può rappresentare una figura su cui altre storie, probabilmente molto più antiche, si sono andate a cristallizzare. Inoltre i caratteri mitici dell'epopea sono ben superiori rispetto a quelli potenzialmente storici, considerato che Gesar si scontrava più con demoni che con esseri umani. Per non parlare del viaggio di Gesar in Cina, che riflettendo la vicenda storica del matrimonio di Songtsän Gampo con la principessa cinese Wencheng sembra essere più mitico che reale.
Un'ipotesi interessante, sicuramente coinvolgente per noi italiani, è che il nome di Gesar provenga dal latino Caesar (Cesare). Bisogna tener presente infatti che nell'Impero Bizantino Caesar era un titolo imperiale e i mongoli si allearono con i bizantini nel tredicesimo secolo.
Degna di nota è anche l'ipotesi - probabilmente un po' azzardata ma a mio avviso affascinante - di Dmitri Ermakov, che nel testo Bo and Bön pone l'origine di Gesar molto tempo prima. Secondo Ermakov la versione più antica non sarebbe quella tibetana ma, piuttosto, quella buriata; in quest'ultima Gesar (che ovviamente non è, in questo caso, Re di Ling) è figlio di Hormusta Tengeri, un importante Dio del Cielo, mentre in quella tibetana è figlio di Tsangpa o Gyagyin che viene da Ermakov identificato con un importante protettore del Yungdrung Bön, ovvero Nyinpangse. Secondo questo autore, sia Hormusta Tengeri che Nyinpangse sono da identificarsi con il dio indiano Indra. Tutti questi, a loro volta, andrebbero identificati con il dio iranico Hormuzd Yazad. In questo contesto Gesar andrebbe ricondotto al santo-guerriero della mitologia iranica Keresaspa, di cui ci sono diversi riferimenti nell'Avesta, il libro sacro dello Zoroastrismo. Pertanto l'ipotesi di Ermakov è che l'origine di questo mito vada cercato in un momento della preistoria in cui i proto-indoiranici e i proto-mongoli vivevano fianco a fianco nella grande steppa eurasiatica.
06 GIUGNO 2016
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