I custodi di un'economia da 10 trilioni di euro, ha detto il segretario al Tesoro americano Timothy Geithner riferendosi all'Europa, «devono fare di più per guadagnarsi la fiducia del mondo». In un momento in cui la crisi da debiti sovrani squassa i mercati e i governanti europei si arrabattano per costruire convincenti recinti in cui confinarla, questi rimproveri inter-atlantici fanno parte di un'amichevole dialettica fra il Vecchio e il Nuovo mondo. Sessant'anni fa Winston Churchill amava dire che «gli americani fanno sempre le cose giuste, una volta che abbiano esaurito tutte le alternative», ed è quindi normale che qualche governante Usa ricambi la "cortesia" appena se ne presenti l'occasione.
Meno normale è che le rampogne vengano da un altro mondo: il Terzo, come si usava dire con un'espressione ormai desueta. Ha fatto il giro del mondo la notizia che la Cina avrebbe potuto venire in soccorso dell'Italia comprando i nostri BTp, così come aveva fatto a inizio anno comprando titoli greci. Quegli acquisti non si sono rivelati, almeno per ora, un buon investimento, ma la Cina guarda al lungo termine, e in effetti, anche dal punto di vista di un gestore senza secondi fini, comprare titoli greci o italiani, alle quotazioni anormalmente depresse di questi giorni, potrebbe rivelarsi vincente.
Ma i secondi fini, naturalmente, ci sono. E non c'è bisogno di indulgere in teorie complottarde per rendersi conto che la Cina non avrebbe nulla da guadagnare, e tutto da perdere, se la crisi dei debiti sovrani europei dovesse incancrenirsi e portare ad altrettanto sovrani fallimenti o addirittura all'implosione dell'euro. La Cina accumula ogni anno più di 100 miliardi di euro di surplus commerciale con l'eurozona e varrebbe veramente la pena, per preservare questi sbocchi e questi surplus, di investire una parte di questi soldi nelle attività finanziarie dei Paesi dell'euro, a cominciare da quelle più a buon mercato.
Non c'è quindi ragione di sentirsi umiliati a inghiottire i rospi dell'aiuto cinese, se questo è frutto di un calcolo costi-benefici che crea vantaggi per ambedue i contraenti di un patto nient'affatto scellerato. Maèvero che si rimane sconcertati a vedere un'improvvisa inversione diquell'atteggiamento ricchi/poveri, insegnanti/studenti, potenti/deboli che avevafinora nutrito il conscioe l'inconscio nei rapporti fra vecchia Europa e nuovi Paesi.
Una recente notizia di stampa riporta che una prossima riunione dei Brics (la "s" finale dell'acronimo aggiunge il Sudafrica agli ormai consolidati membri
di questo aggregato: Brasile, Russia, India e Cina) si discuterà della crisi europea. Non sono passati molti anni da quando i potenti della terra (i Paesi occidentali, incluso quell'"occidentale d'oriente" che è il Giappone) si riunivano per discutere della crisi asiatica o della crisi del
debito sudamericano.
Oggi questo gruppo asiatico-africano-sudamericano si riunisce per vedere cosa si può fare per la crisi europea. I tempi sono cambiati. E, se c'era bisogno di un evento-simbolo per sottolineare il passaggio delle consegne da Paesi emersi a Paesi emergenti, questo affollarsi di premurosi
medici di ogni colore al capezzale dell'Europa ne è
il segno grafico.
fabrizio@bigpond.net.au
© RIPRODUZIONE RISERVATA
19/09/2011