di Alberto Forchielli*
(Il Sole 24 Ore Radiocor) - Milano, 20 feb - Anche nel
mercato del lavoro la Cina trae il maggior vantaggio dai
cambiamenti. Sempre piu' frequentemente i manager cinesi
lasciano il lavoro nelle multinazionali per cercare
un'azienda cinese o per tentare l'avventura imprenditoriale.
Lo rilevano gli uffici di human resources delle aziende
straniere, gli head hunter, gli analisti di mercato. E' un
fenomeno che non conosce soste e si unisce al ritorno in
patria dei talenti cinesi che si erano recati a studiare
nelle universita' anglofone. La conclusione e' forse non
quantificabile, ma la tendenza e' nettissima: i manager
cinesi tendono a lavorare con aziende cinesi; di conseguenza
il reclutamento di manager per le aziende straniere e' un
problema serio. La migrazione aziendale e' connessa
direttamente allo sviluppo del paese, alla sua genesi ed al
suo risultato. Nella prima fase della politica di apertura
della Cina, essere assunti dalle multinazionali era un segno
di distinzione ed uno strumento verso un iniziale benessere.
I pochi cinesi che parlavano una lingua straniera erano il
collegamento necessario tra gli imprenditori ed il mercato,
un insieme indistinto ma tenuto insieme dalla sua
sinitudine. Era sufficiente offrire un aumento di stipendio,
anche piccolo, per assicurarsi quadri e tecnici utili
all'azienda. Il loro ruolo tuttavia rimaneva marginale. Nel
tradizionale modello di business, le multinazionali
inviavano all'estero il top management, i controllori dei
conti e della produzione. La Cina era chiamata a fornire la
manodopera richiesta: economica, disponibile, obbediente. Ai
Cinesi piu' preparati erano al massimo riservati ruoli
intermedi, spesso confinati in un ambito ristretto dalla
presunzione degli investitori. Questa situazione ha trovato
il massimo fulgore negli anni a cavallo del millennio. Ne
sono testimoni l'ingresso del paese nel Wto e la sua
connotazione piu' diffusa di "fabbrica del mondo".
L'ascesa della Cina e la crisi dei paesi industrializzati
hanno cambiato questo panorama. I paesi che crescono, le
aziende che investono, i profitti che si registrano sono
prevalentemente a Oriente. Forse meno conosciuti di Bill
Gates e di Mark Zuckerberg, ma anche in Cina si affermano
miliardari giovani. A loro, al contrario dei loro padri, non
e' stato precluso il rischio, la visione, il profitto. Sono
gli stessi stimoli che si possono trovare anche senza essere
imprenditori, ma semplicemente facendosi assumere dalle
aziende dl proprio paese. Ora esistono i margini per
stipendi piu' alti, fringe benefit, possibilita' di carriera.
Inoltre, anche le aziende pubbliche, le State Owned
Enterprises (SOE) alimentano la concorrenza e la rincorsa
verso alte retribuzioni. Una volta esempio di lavoro sicuro
ma scarsa avanzamento, le SOE sono ora diventate piu'
selettive e ambiziose. E' infatti cambiato il loro ruolo, piu'
immesso nel mercato, con compiti piu' importanti e per questo
bisognose dei migliori talenti. La cornice nella quale va
inquadrato il fenomeno rimane comunque il rispetto per il
proprio paese. Lavorare in un ambiente cinese - in posizioni
elevate - garantisce prestigio e rispettabilita' sociale;
essere parte diretta di una crescita collettiva rafforza il
senso patriottico. Queste ambizioni erano soltanto state
messe da parte in una scelta tattica, un'attesa per
migliorare il proprio assetto industriale. Ora il percorso e'
a buon punto e l'antico nazionalismo si coniuga alla forza
economica, per questo la strada dei manager che vogliono
lasciare le aziende straniere e' piu' comoda e praticabile.
* presidente di Osservatorio Asia
(RADIOCOR) 20-02-12 15:10:01 (0227)news,ASIA 5 NNNN