Erano attesi entro agosto i risultati dell'inchiesta di Boeing sul 737 Max 8 della Lion Air che cadde il 29 ottobre 2018 nel mare di Giava pochi minuti dopo il decollo da Giacarta, causando la morte di 189 persone. Nel frattempo, un altro incidente mortale, con una dinamica che sembra analoga, ha coinvolto lo stesso modello. Era infatti un 737 Max 8 anche l'aereo della Ethiopian Airlines schiantatosi poco dopo aver lasciato l'aeroporto di Addis Abeba, portando con sè le vite delle 157 persone a bordo. Anche in questo caso il velivolo era in servizio da circa quattro mesi.
Tra gli acquirenti anche Air Italy
Il nuovo incidente ha portato l'aviazione civile cinese a sospendere l'utilizzo dei 737 Max 8 operati dalle compagnie aeree del Paese, una decisione assunta subito dopo dalla Mongolia, dall'Indonesia e dalla stessa Etiopia. Ma gli esemplari in funzione di quello che doveva essere il fiore all'occhiello della Boeing sono centinaia e gli ordinativi totali ammontano a circa 5.000 unità, un record. Tra i committenti alcuni dei maggiori vettori globali, dalla American Airlines alla United Airlines, da RyanAir alla Norwegian Air Shuttle, fino ad Air Italy, che ne ha acquistati dieci.
Il modello fu messo sul mercato rapidamente, per rispondere al lancio del nuovo modello di A320 dell'eterna rivale Airbus. Una fretta che forse è stata fatale. Va ricordato che la prima consegna, nel maggio 2017, fu ritardata da un problema alle turbine risolto con l'installazione di componenti sostitutivi. Il primo vettore a ricevere un 737 Max 8 fu proprio la Lion Air.
Il colosso di Seattle aveva presentato il 737 Max 8 nel 2017 come la versione più aggiornata, in termini di tecnologia e di efficienza energetica (consuma il 13% di carburante in meno rispetto ai modelli della stessa fascia), del suo jet più popolare. La corsa agli ordini fu la più rapida della storia dell'azienda. Ma le ripercussioni su Boeing potrebbero essere molto pesanti, dal momento che la dinamica dei due incidenti è talmente simile da far ipotizzare che la causa possa essere la stessa. In entrambi i casi l'aereo ha perso quota dopo il decollo, con oscillazioni della velocità nella fase di ascesa verticale (più consistenti nel caso del volo Lion Air). E in entrambi i casi il pilota aveva chiesto il permesso di rientrare in aeroporto poco dopo la partenza, per poi perdere contatto con la torre di controllo.
Un software difettoso
Una decina di giorni dopo il disastro della Lion Air, Boeing aveva emesso un avviso di sicurezza su un software di pilotaggio automatico che, entrando in conflitto con altri avvisi di cabina, avrebbe potuto confondere i piloti facendo precipitare l'aereo e, in attesa di risolvere il problema, aveva emesso delle linee guida al personale di bordo perché riuscisse ad aggirarlo. Nei dettagli, a non funzionare bene era stato il sensore che misura l'angolo di incidenza (che, nel caso della Lion Air era stato sostituito, perché difettoso, il giorno prima del disastro) ovvero, in parole povere, controlla se l'aereo ha raggiunto la velocità necessaria per rimanere in aria.
Nel caso dell'incidente della Lion Air, dalle indagini preliminari risulta che il sensore avesse segnalato per errore all'equipaggio una fase di stallo, ovvero una velocità insufficiente a restare in quota, confondendo il pilota. In questi casi, se il pilota non riconosce la segnalazione come erronea e prende gli adeguati provvedimenti, il sistema di pilotaggio automatico prende il controllo, gli equilibratori scattano facendo abbassare il muso e l'aereo cade all'improvviso per recuperare la velocità che il software ritiene necessaria a superare la fase di stallo. Se ciò avviene dopo il decollo, il risultato è lo schianto del velivolo, anche perché, in questo caso, il software legge e trasmette al pilota informazioni erronee sull'altitudine.
Occorrerà adesso capire se l'equipaggio del volo Ethiopian Airlines fosse stato adeguatamente informato del problema e se avesse gli strumenti per superarlo. Pare che i piloti del volo Lion Air non fossero al corrente della procedura da seguire. Ma una settimana dopo quell'incidente la Faa, l'autorità Usa per l'aviazione civile, aveva diramato una direttiva urgente che spiegava cosa fare quando scattava in automatico il sistema anti-stallo. Possibile che un pilota esperto come Yared Getachew, capitano del volo Ethiopian Airlines precipitato, non ne fosse al corrente? Le risposte le darà la scatola nera, che è stata ritrovata in queste ore.