Kilian Jornet Burgada ha 29 anni, è spagnolo, della Catalogna, ed è l’uomo delle imprese quasi impossibili. Colui che per due volte in una settimana ha raggiunto il punto più alto della terra: l’Everest. Lo ha fatto il 22 e il 27 maggio 2017. Tra le sue ultime imprese - si legge sul Financial Times - si deve aggiungere anche quella del 20 maggio 2017, quando ha provato a correre sul monte Everest, per raggiungere più velocemente la cima. Non è la prima volta che lo fa, ha già superato i limiti di velocità su alcune delle montagne più alte del mondo, come il Kilimanjaro, il Monte Bianco e il Cervino.
“E’ come se ci fosse un’aura intorno a lui”, racconta il corridore americano Sage Canaday. “Molti lo considerano una leggenda”. "Lui oltrepassa i limiti", dice Ian Corless, titolare del Talk Ultra e una delle voci più importanti dello sport. "Una vita trascorsa in montagna lo ha reso un atleta unico. Ha unito la corsa allo sci e all’arrampicata”.
Le scalate passo dopo passo
Il 22 maggio Jornet è partito dal campo base vicino al monastero di Rongbuk, sul lato settentrionale della montagna, a 5.100 metri. In genere l'arrampicata richiede almeno quattro giorni, anche per chi usa ossigeno e l’aiuto delle funi fisse. Il 29enne ha iniziato ad un ritmo molto veloce, ma purtroppo, arrivato a 7.700 metri, i crampi e i forti dolori di stomaco lo hanno costretto a rallentare. Ha comunque continuato la scalata, raggiungendo la cima in sole 26 ore. La seconda volta, invece, Jornet è partito dal campo base avanzato, a 6.400 metri, alle due di notte del 27 maggio, lottando soprattutto contro il forte vento ed è arrivato in cima (8.848 metri) dopo 17 ore, alle 21.
"Sono molto felice - racconta lo stesso Jornet - per aver raggiunto la cima un’altra volta. Oggi mi sentivo bene, anche se il vento soffiava molto forte ed era difficile salire velocemente. Credo che arrivare in cima all’Everest due volte nella stessa settimana senza ossigeno supplementare apra nuovi orizzonti per l’alpinismo e sono molto contento di esserci riuscito.”
Chi l’ha fatto prima di lui
L’impresa di Burgada è stata notevole, ma bisogna ricordare che già nel 1996, Hans Kammerlander salì in cima all’Everest senza ossigeno supplementare in 16 ore e 45 minuti, partendo come Jornet dal campo base avanzato. Inoltre, sempre in quell’occasione, Kammerlander effettuò la prima discesa in sci. Stando ai dati del sito 8000ers, nel 2007 anche Pemba Dorje Sherpa salì da nord due volte nella stessa settimana e senza ossigeno: raggiunse la cima l’8 maggio e poi di nuovo il 15.
Kilian, l’uomo che odia le città
La montagna è il suo habitat naturale e Jornet non ha difficoltà a nasconderlo. In un’intervista al Financial Times dichiara di odiare le città e di trascorrerci solo pochi giorni l’anno. Ha vissuto per un periodo a Chamonix in Francia ma “era troppo grande e c’erano troppe persone”, racconta Kilian. Non a caso, dopo essersi sposato, ha deciso di vivere con sua moglie in una zona molto isolata della Norvegia.
La scalata dell’Everest è stata l'ultima tappa di un progetto che l’atleta ha iniziato cinque anni fa e che ha chiamato ‘Summit of My Life’. La corsa lo ha appassionato da quando aveva 18 anni e in poco tempo è riuscito a vincere tutte le gare più difficili e competitive del mondo. “Non mi piace fare le stesse gare più volte, dice Burgada, amo sfidare soprattutto me stesso”.
L’amore per la montagna è nata quando era bambino “è da quel momento che è iniziata la mia preparazione per l’Everest”, confessa l’atleta. Il padre era una guida di montagna e si occupava di un rifugio per gli escursionisti vicino al villaggio di Lles de Cerdanya, ad un'altitudine di 1.470 metri. "Ho fatto la mia prima escursione di sette ore quando avevo 18 mesi”. Jornet dice che trascorre circa 1.200 ore all'anno a correre in montagna (una media di oltre tre ore al giorno), per un totale di circa 600.000 metri di ascesa. Ma non è solo l'intenso allenamento che lo rende così bravo."Ho dei buoni geni”, spiega al Financial Times. “Non avrei mai potuto giocare in Nba, ma una volta ho fatto un test che misurava la capacità di un uomo di trasportare ossigeno, un fattore importante per chi decide di correre, e il mio risultato è stato molto alto”.