È stato liberato dopo alcune ore Yuri Guaiana, l'attivista dell'associazione per i diritti degli omosessuali 'Certi Diritti' fermato a Mosca, dove si era recato per consegnare al procuratore generale una petizione con due milione di firme contro le violenze nei confronti della comunità gay che, secondo una serie di articoli pubblicati dalla Novaya Gazeta, avverrebbero in Cecenia. A dare la notizia su Twitter è il sottosegretario agli Esteri, Benedetto Della Vedova.
Yuri #Guaiana è stato rilasciato. Assistito dal Consolato, viene accompagnato ora in areoporto. @CertiDiritti #Gay #Cecenia #Mosca
— BenedettoDellaVedova (@bendellavedova) 11 maggio 2017
Della Vedova spiega che l'attivista, assistito dal Consolato, è stato accompagnato in aeroporto. "A quanto mi risulta, anche gli altri attivisti fermati insieme a Guaiana questa mattina a Mosca sono stati rilasciati", aggiunge il sottosegretario.
A dare la notizia in mattinata era stato Leonardo Monaco, segretario dell''Associazione radicale Certi Diritti, del cui direttivo Guaiana è membro. L'uomo intendeva consegnare per conto dell'Ong AllOut una petizione con "firme di cittadini da tutto il mondo che chiedono giustizia e verità sulle persecuzioni di gay in Cecenia". Il ministero degli Esteri si era attivato immediatamente per la liberazione dell'attivista, poi ottenuta in poche ore.
"Due milioni, un numero maggiore di quello della popolazione cecena chiede che si faccia un'inchiesta efficace e che si fermino subito arresti, torture e uccisioni di gay", aveva dichiarato Guayana, "i cittadini russi meritano di vivere in libertà e in uno stato di diritto. La Russia deve rispettare i trattati internazionali che ha sottoscritto. Nessuno deve sacrificare la propria libertà e la propria vita solo a causa di quello che si è e di chi si ama, nè in Cecenia nè da nessun'altra parte".
L'attivista, durante il fermo, era comunque riuscito a mettersi in contatto al telefono a RaiNews24, "Sto bene, sono ancora all'interno della caserma di polizia, insieme ad altri cinque in una stanza", aveva raccontato, "a piantonare è un solo poliziotto, mentre prima erano in due. Ogni tanto vengono a fare domande e a chiedere documenti. Non sappiamo cosa succederà. Non abbiamo mangiato nè bevuto".
La denuncia della Novaya Gazeta
Era stata la Novaya Gazeta a scrivere, alcune settimane fa, di persecuzioni contro i gay in Cecenia, repubblica della Federazione Russa a maggioranza islamica, retta dal paramilitare Ramzan Kadyrov, figlio dell'ex leader separatista Akhmad Kadyrov. Secondo il periodico russo, la polizia cecena nei mesi scorsi avrebbe effettuato una serie di operazioni di polizia volte a "prevenire la diffusione dell'omosessualità" con ondate di arresti. Secondo le testimonianze di alcune persone detenute e poi rilasciate nel carcere della città di Argun, gli arrestati, circa un centinaio, sarebbero stati interrogati e torturati perché rivelassero l'identità di altri gay. Almeno tre persone, scrive la testata russa, avrebbero perso la vita durante la detenzione.
Il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov, aveva affermato di non essere a conoscenza degli abusi. Kadyrov invece aveva risposto che la notizia era falsa perché nella piccola repubblica, dove domina l'islamismo sunnita e dalla quale provengono molti dei jihadisti che hanno insanguinato la Russia negli anni scorsi, "non ci sono omosessuali".