I fatti di Colonia e l'attentato di Berlino hanno messo in crisi la politica di porte aperte ai rifugiati di Angela Merkel, che soffre sempre più la concorrenza a destra dei nazionalisti di Alternative Fur Deutschland. Il cancelliere, in procinto di candidarsi per un quarto mandato, ha quindi dato una nuova accelerata al piano di rimpatri di richiedenti asilo, dopo un 2016 che ha già visto 80 mila migranti tornare nel Paese natale a fronte di 280 mila arrivi. Per Merkel, però, non basta. Le urne sono vicine e la sua Cdu deve riguadagnare la fiducia dell’elettorato conservatore. Per questo il capo del governo teutonico ha sottoscritto un accordo con i 16 Stati della federazione per avocare a sé parte delle competenze sulle deportazioni, che in larga parte spettano ai singoli Lander, a cominciare dalla valutazione delle richieste. Il risultato è che ora le critiche arrivano da sinistra, con i Verdi che lamentano un eccessivo accentramento e i socialisti dell’Spd che accusano Merkel di utilizzare una linea troppo dura.
Il boom dei rimpatri volontari
La Bundeskanzlerin ha incontrato giovedì a Berlino i governatori dei Lander, che hanno sottoscritto un accordo che renderà più rapida la deportazione dei migranti la cui richiesta di asilo è stata respinta. Tra i punti dell’intesa la creazione di una cabina di regia a Berlino che includerà un rappresentante di ogni Stato e l’istituzione di centri di raccolta presso gli aeroporti che faciliteranno i rimpatri. Sarà poi più semplice deportare gli immigrati che sono stati riconosciuti come una minaccia, anche alla luce di una recente sentenza della Corte Europea di Giustizia. E verranno aumentati gli incentivi economici per i rimpatri volontari, che hanno dimostrato di funzionare bene: degli 80 mila richiedenti asilo che l’anno scorso sono tornati nel Paese di origine, ben 54 mila lo hanno fatto dopo aver incassato l’assegno da 1.200 euro previsto dal programma ‘Starthilfe Plus’. “Stiamo ponendo fortemente l’accento sui rimpatri volontari”, ha sottolineato Angela Merkel, “sappiamo bene, ad ogni modo, che nessuno tornerebbe di propria sponte nel Paese natale se non fosse in campo anche un programma di deportazioni forzate”. Ridurre il numero di richiedenti asilo, aggiunge il cancelliere, consentirà inoltre “di aiutare i più vulnerabili”.
Schulz boccia il pugno duro
Il piano porta la firma del ministro degli Interni, Thomas de Maiziere. “Il numero delle richieste respinte sta aumentando, quindi abbiamo bisogno di fare di più per i rimpatri e le deportazioni”, ha spiegato de Maiziere in un’intervista alla Ard, sottolineando l’importanza di uno “sforzo congiunto”. Il lanciatissimo candidato socialista Martin Schulz ha giudicato troppo duro il pugno di Angela Merkel, criticando in particolare le deportazioni verso l’Afghanistan, che non potrebbe essere considerato un “Paese sicuro”. Da metà dicembre i cittadini afgani le cui richieste di asilo sono state respinte sono 12 mila e alcuni Lander a guida socialista, come la Renania-Palatinato e la Bassa Sassonia, hanno sospeso l’esecuzione dei rimpatri. “E’ l’approccio sbagliato” anche per il copresidente dei Verdi, Simone Peter, secondo la quale l’accentramento della gestione delle deportazioni renderà il processo meno snello. L'esecutivo, aggiunge Peter, dovrebbe concentrarsi sulla sicurezza piuttosto che sulle deportazioni. Mentre in Germania è già campagna elettorale, negli altri Paesi europei, intanto, si comincia a prendere appunti.