Compra americano, assumi americano, arreda internazionale. Donald Trump ha fatto delle minacce protezionistiche il suo mantra. Ha affermato di voler imporre dazi doganali a due cifre a Messico e Cina. E negli otto minuti del suo discorso di insediamento, rest soprattutto una frase, ripetuta e scandita: “America first”, gli Stati Uniti prima di tutto.
Sugli inquilini della Casa Bianca, bugie ed incoerenza hanno spesso pesato più degli errori. Quando Bill Clinton affermò davanti a una telecamera di non aver mai fatto sesso con Monica Lewinsky, venne accusato più per aver mentito (agli elettori) che per aver tradito (sua moglie). Eppure, sulla distanza tra dichiarazioni e comportamento, Trump ci ha costruito una campagna e ci sta impostando la presidenza. Mentre entrava nello studio ovale assieme alla first lady Melania Trump (nata Knavs in quel di Novo Mesto), un cartello di protesta poi diventato virale diceva: compra americano, assumi americano, sposa (versione edulcorata) sloveno.
Ma il presidente non sembra tradire il suo slogan solo in fatto di donne. Chris Bucktin, reporter del Mirror, ha fatto una cosa semplice: è entrato nel Trump International hotel di Washington e ha iniziato a esaminare ogni oggetto. Per capire dove viene prodotto. E se gli affari del presidente obbediscono alle sue parole. I televisori di tutte le stanze sono Samsung. Non una sorpresa: il gruppo coreano è una multinazionale tra i leader del settore. Peccato che lo schermo sia costruito nello stabilimento di Tijuana, in Messico, al di là del muro che sarà. Le lenzuola sono italiane, il frigorifero è svizzero: nelle 718 stanze del nuovo costato 200 milioni di dollari, quasi ogni cosa è fabbricata all’estero. E per assicurare il massimo dell’agio agli ospiti di religione islamica, l’hotel ‘recapita’ in stanza - su richiesta - una copia del Corano, un tappeto per pregare e una bussola che indica La Mecca.
Quando si tratta di affari, Trump, non solo è perfettamente a suo agio con la globalizzazione, ma non fa alcuna discriminazione etnica o religiosa. E che le sole cose americane contenute nelle lussuosissime stanze – riporta il Mirror – “sono il croccante e il cioccolatino”
Ecco la mappa del'import per l'hotel di Trump:
Messico: Le tv a schermo piatto 55 pollici arrivano tutte da Tijuana, città di confine tra gli Stati Uniti e il Messico. Nelle ultime settimane il presidente Usa si è scagliato via Twitter contro le aziende statunitensi che investono in Messico - prime fra tutte la Ford – minacciando fabbriche e consumatori con dazi altissimi. “Trump ha raccolto consensi bloccando le attività delle aziende dell’automotive in Messico, ma quando si tratta dei suoi affari se ne frega”, ha detto al Mirror un ospite dell’hotel.
Cina: Tra le tante accuse rivolte a Pechino da Trump una delle più frequenti è quella di “furto della proprietà intellettuale”. Nelle stanze dell’hotel, 4 lampade, 2 accappatoi, una cuffia per capelli, una bilancia e un servo muto, tutto arriva dalla Cina.
Germania: il set di tazze da tè e caffè in finissima porcellana è della tedesca Villeroy & Bosch.
India: Per i morbidi asciugamani da bagno è stato scelto il subcontinente asiatico
Italia: La biancheria del letto, invece, è italiana
Gran Bretagna: E' inglese la rubinetteria del bagno, il cestello per il ghiaccio e il cestino perle cartacce
Lo slogan della sua campagna, “make America great again”, è stato stampigliato su magliette e cappellini. Il merchandising venduto sui canali ufficiale del comitato sono made in Usa. Ma quelli rossi con scritta bianca, diffusi durante il discorso d'insediamento, erano stati fabbricati in Cina, Vietnam e Bangladesh. Americano fuori, straniero nella fodera