Oslo - "Persino l'impossibile può essere possibile". Il presidente colombiano Juan Manuel Santos Calderon lo ha detto alla premiazione del Nobel per la Pace, che ha ricevuto a Oslo. Anche "grazie all'appoggio dei nostri amici sull'intero pianeta", si è "conclusa la guerra che ha provocato tanta sofferenza e angoscia al nostro popolo in ogni angolo del nostro bel Paese". Un modello valido anche per altri casi all'apparenza irrisolvibili, come la Siria.
Premiato per i suoi "risoluti sforzi" che dopo mezzo secolo di guerra civile hanno contribuito a condurre all'accordo di pace del 24 novembre con i guerriglieri filo-marxisti delle Farc, le Forze Armate Rivoluzionarie di Colombia, Santos ha voluto dedicare il Nobel in primo luogo "alle vittime", sottolineando di ritirarlo "in loro nome", ma ha poi subito aggiunto che "appartiene anche" ai negoziatori di "ambedue le parti", e "alle Forze Armate" nazionali.
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Santos ha insistito sulla necessità di "costruire una pace stabile e duratura" e indicato nella recentissima intesa in patria "un modello per la composizione dei conflitti armati che ancora debbono essere risolti nel mondo", come quelli in Siria, nello Yemen e nel Sudan del Sud. "Il nostro accordo", ha ribadito infatti, "dimostra che anche quanto dapprima sembra impossibile può, attraverso la perseveranza, diventare invece possibile, persino in Siria, Yemen o Sud Sudan".
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L'impegno, ha argomentato, deve in particolare essere profuso per "ripensare la guerra mondiale contro la droga e il narcotraffico", dal momento che "non abbiamo vinto, e nemmeno lo stiamo facendo". Si tratta, ha ammonito, di "un problema globale che esige una soluzione globale" giacché "non ha senso mandare in prigione un contadino che semina marijuana quando, per esempio, produrla e consumarla è legale in otto Stati" degli Usa.