Roma - Se il risultato finale confermerà le proiezioni, il fronte populista in Europa avrà conseguito un forte arretramento in quella che sarebbe potuta diventare una delle sue roccaforti: l'Austria, dove l'ecologista Alexander Van der Bellen ha non solo sconfitto il rivale Norbert Hofer ed è diventato capo dello Stato, ma ha anche guadagnato rispetto al 22 maggio scorso, quando Van Der Bellen batté per la prima volta il capo dell'estrema destra del 'Partito della Libertà".
Il balottaggio di ierii, ha una lunga storia, che conferma, per altri versi, la solidità di impianti costituzionali liberali e democratici in grado di garantire il rispetto delle regole per tutti, anche per coloro che vogliono abbatterli o ne sono profondamente insoddisfatti. Fu Hofer, infatti, erede ideologico del governatore della Carinzia Jorge Haider, morto nel 2008 e in vita spesso impegnato a difendersi da accuse di antisemitismo e neonazismo, a rivolgersi alla Corte suprema affinché cancellasse l'esito del primo ballottaggio, quello del maggio scorso, affermando l'esistenza di irregolarità nel voto all'estero (determinante per la vittoria del rivale) e, in particolare, nelle schede inviate per posta. Al termine di una indagine la Corte verificò che in 14 circoscrizioni le buste contenenti le schede arrivavano già aperte. Questo, insieme allo scarto minimo con cui Van Der Bellen aveva vinto (meno di 31.000 voti, ovvero 50,3% contro il 49,7% di Hofer), spinse il FPO (Freiheitliche Partei Oesterreichs, il Partito per la Libertà) a fare ricorso, e a spuntarla qualche mese dopo. In ogni caso, restava confermato un dato storico per l'Austria: la fine di un bipartitismo che dalla fine della guerra aveva messo il paese nelle mani dei Socialdemocratici o dei Popolari, talvolta in alternanza tra loro ma negli ultimi anni insieme nella forma della "grande coalizione" che tanto piace alla potentissima vicina di casa, il cancelliere Angela Merkel.
Seguì una campagna elettorale con toni molto duri (ma non da parte di Van Der Bellen e di Hofer, che hanno conservato uno stile personale sobrio) e segnata, su altri fronti e in altri paesi, dall'avanzata dei populismi. Era in qualche modo rientrata, anche grazie all'accordo dell'Ue con la Turchia, l'emergenza migranti dalla Siria, che aveva spinto Vienna a ingaggiare un braccio di ferro con Roma minacciando la costruzione di una barriera al Brennero, ma prima la Brexit a giugno e poi a novembre la vittoria americana di Donald Trump hanno incoraggiato un "voto di pancia" che avrebbe potuto trovare a Vienna, e poche ore dopo nel referendum in Italia, una conferma nelle urne.
Non è andata così. Il candidato verde e progressista, secondo le proiezioni diffuse subito dopo la chiusura dei seggi alle 17, ottiene il 53,6 per cento dei voti (rispetto al ballottaggio di maggio è un buon 3 per cento in più) contro il 46,4 per cento del candidato ultranazionalista, che ha subito, accomodandosi a una tradizione liberale, amesso la sconfitta: "Colgo l'occasione per congratularmi con Van der Bellen", ha detto Herbert Kickl, il capo della strategia del Partito della libertà di Hofer. E con un post nella propria pagina Facebook lo stesso Hofer si è detto "terribilmente triste" e ha invitato "gli austriaci a unirsi e lavorare insieme. Dal canto suo Alexander Van der Bellen ha dedicato la propria vittoria all'Europa.
Il neo presidente austriaco haindicato in "libertà, eguaglianza e solidarietà" i valori portanti della sua battaglia elettorale e del suo esito, e hasottolineato: "Fin dall'inizio mi sono sempre battuto in favoredi un'Austria filo europea". E che per l'Europa il voto austriaco rappresenti una boccata di ossigeno lo confermano i tweet di Paolo Gentiloni e di Frank-Walter Steinmeier: "La vittoria di Van De Bellen è davvero una bella notizia per l'Europa", ha scritto il ministro degli Esteri italiano. "L'intera Europa - ha affermato il capo della diplomazia tedesca - ha tirato un sospiro di sollievo. E' un buon segnale contro il populismo".