Roma - La controversia tra Cina e Vaticano affonda le radici tra il 17esimo e 18esimo secolo, quando con le prime missioni cristiane in Cina prese piede un dibattito sull'incompatibilità con il credo cattolico della pratica dei riti confuciani cinesi, come il culto degli antenati. Questo dibattito mise l'uno contro l'altro gli stessi cristiani: da una parte, i gesuiti tolleravano i riti secolari dei cinesi ritenendoli compatibili con la cristianità; dall'altra, domenicani e francescani consideravano i riti incompatibili, riportando la questione a Roma e accendendo un dibattito destinato a durare per secoli. La diatriba, nota come la 'Controversia dei riti cinesi', sorse agli inizi del Seicento sotto il pontificato di papa Gregorio XV e durò per circa 300 anni.
Primo a difendere il modello di adattamento delle usanze cristiane con le società asiatiche locali fu il visitatore gesuita Alessandro Valignano, il quale teorizzò il primo modello di 'inculturazione' e di tolleranza delle culture locali. Questo modello fu poi ripreso dallo stesso Matteo Ricci che adattò il 'Cerimoniale' cristiano al contesto dell'Impero di Mezzo, tanto da iniziare a vestire alla maniera dei letterati cinesi, con barba e capelli lunghi, conciliando così il Confucianesimo con il Cristianesimo.
Questo prototipo fu contestato dai molti cristiani, che non volevano scendere a compromessi con le culture locali, difendendo la purezza assoluta della religione e del corpo dottrinale. I contrasti portarono la Santa Sede a emettere un primo pronunciamento di condanna sul problema dei 'riti cinesi' nel 1645. Seguirono anni di discussioni, caratterizzati da momenti di maggiore tolleranza da parte della Chiesa e da fasi di totale messa al bando dei riti, che arrivarono perfino all'interruzione delle missioni cristiane e a una chiusura da parte della dinastia Qing a difesa del controllo politico e ideologico sulla cultura e la tradizione popolare imperiali.
La controversia fu risolta nel 1939, quando papa Pio XII tolse ufficialmente il divieto di praticare i riti confuciani riconoscendoli come riti 'civili'. (AGI)