Roma - In vista della conquista di Mosul, la seconda città irachena e roccaforte da giugno 2014 di Isis, sale la tensione tra i governi di Ankara e Baghdad con i governi dei due Paesi che hanno convocato i rispettivi ambasciatori. Il nodo del contendere è la minoranza turcomanna (legatissima ad Ankara) sunnita a Mosul, la presenza a 15 km di distanza dalla città di 300 soldati turchi che stanno addestrando i peshmerga curdi (a differenza di quelli siriani e turchi considerati amici) ed il fatto che il grosso delle truppe irachene che stanno per iniziare le operazioni di 'riconquista' sono sciite come il resto degli iracheni. Il ministero degli Esteri turco ha protestato con il capo della legazione di Baghdad ad Ankara, Hisham al Alawi, dopo che il parlamento iracheno ha definito come "occupanti" i militari turchi di stanza a Bashiqa, 15 km a est di Mosul, roccaforte di Isis in Iraq. Il ministero ha condannato la risoluzione votata ieri all'unanimita' dal parlamento iracheno contro la decisione dell'Assemblea nazionale turca di estendere di un altro anno la presenza delle forze di Ankara sul territorio iracheno. Ankara ha protestato contro "le accuse e illazioni formulateda alcuni deputati iracheni durante il dibattito in aula. Condanniamo questa decisione inaccettabile del parlamentoiracheno, incluse le sporche accuse contro il presidente(Recep Tayyip Erdogan)", si legge nella nota. Per Ankara "questa decisione non riflette il sentimento del popolo iracheno che e' stato per anni a fianco della Turchia. Il fatto che il parlamento turco abbia prolungato il mandato delle missioni dell'esercito all'estero, in particolare in Siria e in Iraq, non e' nuovo perche' risale al 2007", quando bisognava contrastare le minacce del Partito dei lavoratori del Kurdistan (Pkk), conclude la nota. A sua volta il ministero degli Esteri iracheno ha convocato invece l'ambasciatore turco a Baghdad, Faruk Kaymakci, in seguito alle dichiarazioni rilasciate dal premier di Ankara, Binali Yildirim, riguardo all'operazione militare per liberare Mosul. Il portavoce del ministero degli Esteri iracheno, Ahmed Jamal, ha definito "provocatorie" le parole di Yildirim che ieri ha espresso i timori della Turchia sulla possibilità che Mosul possa diventare una fonte di conflitti interconfessionali (da una parte gli sciiti, maggioranza in Iraq, e sunniti, minoranza ma sostenuta da Ankara) dopo la fine dell'operazione per liberare la citta' dai terroristi dello Stato islamico. Il caso citato ad esempio e' stata la liberazione a marzo del 2015 di Tikrit, citta' natale di Saddam Husseine a netta maggioranza sunnita, dove, dopo la liberazione, le truppe regolari irachene sciite si lasciarono andare a violenze indiscriminate contro la popolazione. (AGI)