Roma - Un paese incuneato nel territorio indiano, con una storia travagliata, un Islam che e' religione di Stato e un'economia da tigre continentale, con tassi di crescita superiori al 6%. Il Bangladesh, che mira a diventare il polo manifatturiero dell'Asia. E' uno dei paesi piu' interessanti per l'export italiano. Meta privilegiata di turismo di piacere e affari di casa nostra. Nell'ultimo decennio il Bangladesh ha intrapreso un percorso di crescita economica, non privo di ostacoli, trainato dalle esportazioni e dagli investimenti produttivi esteri, grazie soprattutto a un fondamentale punto di forza: una manodopera qualificata e conveniente, con il costo del lavoro piu' basso in Asia dopo quello del Myanmar. Motore ed emblema del Paese e' l'industria tessile. Secondo recenti dati della Sace il comparto in Bangladesh da' lavoro a circa 4 milioni di persone e vale circa il 13% del Pil e l'80% dell'export; negli ultimi tre anni ha triplicato le vendite estere, che nel solo 2013 hanno realizzato una crescita del 13%, raggiungendo i 21,5 miliardi di dollari. Il quadro, certo, e' punteggiato di luci e di ombre. Dopo il crollo del Rana Plaza nel 2013, il palazzo di nove piani sede di alcuni laboratori tessili in cui morirono oltre 1200 persone, resta ancora molto da fare sul fronte del lavoro, soprattutto minorile. Quel tragico evento ha dato nuovo vigore alle pressioni - a livello sia internazionale sia nazionale - per il miglioramento delle condizioni di lavoro nell'industria bengalese.
Problemi di sicurezza del lavoro, ma piu' di tutti in questo momento storico, problemi legati alla jihad. Nel Paese, diventato terreno di caccia di terroristi islamici, la pressione dello Stato Islamico e' forte. L'Isis ha annunciato l'espansione nel 'Bengala', come viene chiamata dai musulmani la nazione, rivendicando attentati e attacchi a occidentali. Nel settembre del 2015 proprio un italiano, il cooperante Cesare Tavella, e' stato una delle prime vittime di un commando jihad. Resta il fatto che nel Paese la religione principale in Bangladesh, al quasi 90%, e' l'Islam anche religione di Stato, con circa il 96% dei musulmani sunniti. Un contesto complicato in cui l'Italia e' ben presente con le sua industria: le esportazioni italiane verso il Bangladesh hanno raggiunto il valore di 320 milioni di euro nel 2014, il 60% dei quali rappresentati dalla meccanica strumentale. Nel Paese attraggono soprattutto alcune export processing zone, zone industriali nelle quali e' possibile produrre godendo di agevolazioni di tipo fiscale, finanziario e normativo. Secondo le stime dell'ufficio studi di SACE, attraverso un miglior presidio di questo mercato le nostre imprese potrebbero guadagnare circa 126 milioni di euro di esportazioni aggiuntive entro il 2018. Le opportunita' che il Bangladesh puo' offrire alle imprese estere e italiane inoltre sono molto diversificate. Le infrastrutture bengalesi necessitano di ingenti investimenti: le vie di comunicazione stradale e ferroviaria sono arretrate e l'approvvigionamento energetico (sia elettrico sia idrico) e' cosi' critico da compromettere, in certi casi, il normale svolgimento delle attivita' produttive e industriali. (AGI)