Roma - Gli scontri di oggi a Idomeni tra un gruppo di migranti e la polizia macedone hanno lo scopo di "tenere alta l'attenzione su una situazione che sta diventando sempre piu' difficile e che con l'avvicinarsi dell'estate e del caldo diventera' drammatica. Serve ai profughi per far parlare della loro condizione, mentre l'Europa dopo l'accordo con la Turchia, li sta dimenticando". Lo racconta all'AGI Enzo Infantino, volontario indipendente italiano che ha passato otto giorni nel campo profughi tra la frontiera greca e quella macedone e che e' rientrato oggi in Italia.
Infantino, che assieme a circa 300 volontari indipendenti provenienti da ogni parte del mondo (dagli Usa all'Australia, dal Portogallo alla Francia) ha prestato aiuto ai rifugiati in questi giorni, spiega che a fomentare gli scontri sono soprattutto i migranti di origine afgana, irachena e pakistana, perche' "sanno bene che sara' quasi impossibile per loro ottenere lo status di rifugiati cosi' come invece dovrebbe accadere per i siriani" e dunque il loro scopo e' quello di "creare tensione, per mantenere il livello di attenzione alto, altrimenti nessuno piu' parlerebbe di loro".
Al contrario, continua il volontario italiano, "i siriani hanno l'interesse opposto, ovvero quello di tener la situazione calma, visto che sono in attesa di ottenere lo status di rifugiati di guerra". Infantino cita i racconti di alcuni agenti di polizia macedone, secondo cui i siriani durante la notte formano una sorta di 'servizio d'ordine' attorno alle recinzioni del campo, per evitare che i profughi di altre etnie possano sfondare e creare disordini. "I siriani sanno di avere il diritto di entrare perche' hanno piu' possibilita' di ottenere lo status in quanto il loro paese e' in guerra, per cui cercano di evitare i disordini che li danneggerebbero e basta".
E' difficile censire il numero di persone che vivono oggi nel campo di Idomeni: le cifre ufficiali parlano di circa 12 mila persone, ma secondo Infantino sono molte di piu': "ogni giorno - racconta - nel breve tratto di strada circondato dalle campagne che percorrevo per arrivare alla tendopoli da Policastro, quartier generale dei volontari a circa 20 km da Idomeni, spuntavano bambini o intere famiglie. Molti li ho personalmente caricati in macchina per portarli al campo". Obiettivo di tutti e' la Germania. Nella parte greca del campo, oltre alla bandiera ellenica sventola una bandiera tedesca. I rifugiati sopravvivono nelle grandi tende messe in piedi da Medici senza frontiere o in quelle piu' piccole che ciascuno si e' portato in spalla dalla citta' di origine, mentre i volontari e i membri di diverse Ong provvedono al cibo.
La speranza e' che Skopje decida di riaprire le sue frontiere, ma e' una speranza lontana. E anche l'atteggiamento delle due forze di polizia di frontiera e' molto diverso. "Gli agenti greci hanno l'ordine di non intervenire, anzi a volte i migranti, soprattutto siriani, organizzano proteste anche pacifiche concordate con le forze dell'ordine", mentre i macedoni spesso usano la mano pesante, come e' successo oggi con l'uso di gas lacrimogeni contro i migranti che hanno tentato di abbattere la recinzione per sconfinare in Macedonia. Oltre alla questione umanitaria infine, conclude il volontario italiano originario di Palmi, in Calabria, c'e' anche un aspetto economico non indifferente: Idomeni e' l'ultima stazione greca prima della Macedonia, snodo ferroviario importantissimo per il trasporto merci. Ma da mesi la stazione e' occupata. "I cinesi utilizzavano questa ferrovia per portare i loro prodotti in tutti i Balcani, ma da mesi le loro merci sono ferme al Pireo e questo li sta facendo molto innervosire. E tra poco inizieranno a farsi sentire". (AGI)