Roma - Due italiani, padre e figlio, sono stati uccisi in Zimbabwe, forse perché scambiati per bracconieri all'interno di una riserva di caccia. La Farnesina ha confermato la notizia del decesso, precisando che le circostanze ancora sono tutte da chiarire. Claudio e Massimiliano Chiarelli, 50 e 20 anni. Claudio Chiarelli, originario di Padova ma da oltre 30 anniresidente in Africa (il figlio era nato in Zimbabwe) lavorava come accompagnatore di turisti nei safari.
L'ambasciata italiana ad Harare, che lavora a stretto contatto con le autorità locali, ha già informato la famiglia per prestare l'assistenza necessaria. Ancora non chiara la dinamica dei fatti, che l'Unità di crisi del ministero degli Esteri sta cercando di chiarire.
"Claudio Chiarelli e alcuni colleghi erano in giro nel parco con una unità anti-bracconaggio, quando un ranger comparso dal nulla ha sparato contro di loro mentre erano in piedi, fuori dalla loro auto". E' quanto racconta Emmanuel Fundira, capo della Safari Operators Association che opera in Zimbabwe. "Siamo consapevoli che si tratta di un caso di scambio di persona", ha aggiunto Fundira parlando con la France Press. Chiarelli è stato ucciso assieme al figlio ventenne, Massimiliano, ieri nel Mana Pools National Park, nel nord dello Zimbabwe. Fundira ha spiegato che è assolutamente normale che dei privati forniscano supporto logistico alle pattuglie anti-bracconaggio nei grandi parchi dello Zimbabwe. Il dipartimento parchi del governo e la polizia stanno indagando sull'accaduto.
"Una bruttissima notizia". Così, su Facebook, il regista e fotoreporter Carlo Bragagnolo commenta la tragedia costata la vita ai due italiani Claudio e Massimiliano Chiarelli in Zimbabwe. "Errore? mi vien da ridere, in Zimbabwe? era scomodo soprattutto agli avventurieri della caccia e in quel paese con il denaro si fa tutto", ha aggiunto.
Pubblicato da Carlo Bragagnolo su Lunedì 14 marzo 2016
"Ho condiviso un periodo, breve ma molto intenso, e ho letto dei commenti di persone che aprono la bocca perché hanno avuto il dono della parola ma non sanno cosa dicono. Claudio era sì un cacciatore professionista, era in perfetta simbiosi con la natura, con gli animali, con gli uomini. Per lui il rispetto era il principio su cui si doveva basare qualsiasi azione, e questo insegnava al figlio Max", conclude il documentarista. (AGI)
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