Il Cairo - "La polizia non è coinvolta nella morte di Giulio Regeni". è stato il ministro dell'Interno egiziano Magdy Abdel Ghaffar a respingere con decisione le accuse di un coinvolgimento delle forze di sicurezza locali nella morte del 28enne ricercatore trovato cadavere non lontano dal Cairo, vittima secondo l'autopsia di percosse e torture. "Non è accaduto", ha risposto Ghaffar ad un giornalista che chiedeva se il giovane fosse stato "arrestato dalla polizia".
"Respingiamo queste accuse - ha insistito - è completamente inaccettabile che vengano rivolte. Sono voci, non possiamo neppure accettare un'allusione". In precedenza, una fonte anonima dello stesso governo egiziano aveva suggerito l'ipotesi che l'omicidio sia stato commesso proprio per scaricarne la colpa sulla polizia: "la polizia non può agire così con uno straniero. Altri occidentali sono detenuti per crimini ben più gravi di qualsiasi atto Regeni possa aver commesso".
Non solo: "Aver fatto ritrovare il corpo durante la visita rappresenta un evidente tentativo di compromettere le relazioni con l'Italia, il primo Paese europeo a sostenere l'Egitto dopo la rivolta del 30 giugno 2013 (data della deposizione dell'ex presidente Mohamed Morsi, ndr)".
Ricostruzione discutibile, che sicuramente non vale a smorzare l'attenzione internazionale sul caso: secondo il New York Times, del delitto si parlerà nei prossimi incontri tra la diplomazia egiziana e quella Usa, impegnata di frequente a ricordare al Cairo l'importanza del rispetto dei diritti civili e umani.
Le tappe del giallo - Infografica
E il riferimento alla morte del ricercatore sarà "probabilmente" sollevato anche nel corso del viaggio che Sarah B. Sewall, sottosegretario del Dipartimento di Stato per i diritti umani, farà nella capitale egiziana oppure quando il capo della diplomazia americana, John Kerry, riceverà a Washington il ministro degli Esteri egiziano, Sameh Shiukry. Sul fronte delle indagini, oggi è emerso che l'analisi del telefonino di Giulio "conferma le testimonianze dei coinquilini e degli amici", secondo cui il giovane si stava recando ad una festa di compleanno il giorno in cui è scomparso, il 25 gennaio.
"Regeni ha lasciato la sua abitazione alle 19,30 - ha spiegato il direttore della procura di Giza, Hossam Nassar - per incontrare il suo amico Gennaro, insegnante di Scienze politiche all'Università britannica". Il ricercatore però non è mai arrivato all'appuntamento: "è scomparso 25 minuti dopo la sua ultima telefonata all'amico" che - preoccupato per il connazionale, "ha telefonato alla sua amica Noura Fatihi".
Contemporaneamente, in Italia, il pm titolare dell'inchiesta; Sergio Colaiocco, sta cercando di ricostruire la rete di amicizie e conoscenze di Giulio Regeni, in Italia e in Egitto. Il magistrato, in attesa di acquisire le prime informazioni utili dal team di esperti di Sco e Ros spediti nella capitale egiziana, ha messo a verbale le dichiarazioni dei genitori di Giulio, Claudio e Paola, per capire il quadro delle relazioni coltivate dal figlio e le ragioni della sua presenza in Egitto in coincidenza con il quinto anniversario della rivoluzione di piazza Tahrir. La coppia ha rappresentato al pm i timori e le aspettative di Giulio, che si trovava al Cairo per una tesi sulle tematiche socio-economiche dell'Egitto: secondo i genitori, il ragazzo era consapevole del difficile clima politico che si respira da tempo al Cairo, ma non ha mai espresso esplicite preoccupazioni per la propria incolumità.
"Non ci accontenteremo di verità presunte", ha in ogni caso assicurato in un'intervista Repubblica il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni. "Vogliamo che si individuino i reali responsabili - ha ribadito - e che siano puniti in base alla legge. Conosco la professionalità dei nostri investigatori, e se verrà loro consentito di lavorare, come in queste ore sembra possibile, potremo ottenere dei risultati. è questo che il governo italiano pretende". (AGI)