Mosca - Le conclusioni dell’inchiesta governativa britannica sull’omicidio dell’ex agente del Kgb Aleksandr Litvinenko - che indicano una “probabile” partecipazione del presidente Vladimir Putin al delitto - diminuiscono le possibilità che il capo del Cremlino decida di non ricandidarsi alle presidenziali del 2018 per un quarto mandato. C’è una “conseguenza di politica interna” da notare, dopo il rapporto del giudice Robert Owen, ha detto in un’intervista ad AGI l’analista del Carnegie Center di Mosca, Aleksandr Baunov. “Credo che questo rapporta diminuisca le possibilità che Putin scelga di lasciare il suo posto nel 2018. - ha spiegato l’analista - Penso che lui stesso ancora non abbia deciso cosa fare e questa inchiesta, se non sarà dimenticata del tutto tra due anni, di certo contribuirà alla sua scelta di restare, per via dell’immunità e della protezione che gli assicura la sua carica da possibili accuse di tribunali internazionali”. “Vediamo se in futuro ci saranno implicazioni reali, ma finora il rapporto Owen non ha valore giuridico, non è una sentenza”, ha voluto ricordare Baunov, dicendosi convinto proprio per questo che “non ci saranno misure di risposta eccezionali” da parte di Mosca. Il Cremlino, a suo dire, "è interessato a non cavalcare lo scandalo per non rovinare il debole disgelo dei rapporti con l’Occidente, derivato dai successi delle sue operazioni in Siria e la possibilità che vengano revocate le sanzioni, ipotesi di cui ora si parla più spesso”. “In questo momento, con il calo dei prezzi del petrolio, la Russia ha estremo bisogno di tornare a riavere accesso al credito internazionale, vietatole dalle sanzioni occidentali”, sostiene Baunov. La Russia potrebbe, così, limitarsi a non partecipare a eventi di carattere diplomatico o ad abbassare il livello di collaborazione sul piano di servizi segreti e polizia, già comunque ai minimi storici.
“Di certo non è piacevole” per il Cremlino, che però ha gestito le stesse identiche accuse già nel 2006. “Putin non è accusato ufficialmente, il suo status giuridico internazionale non cambia e neppure la sua reputazione - ha continuato l’analista - il suo nome certo rimane legato a un delitto, ma era la stessa cosa che si diceva nove anni fa, lo hanno scritto i giornalisti di mezzo mondo e ora lo ha ripetuto un giudice ma nell’ambito di un’inquiry, le sue conclusioni non sono un verdetto”. (AGI)