Roma - In Siria, un accordo tra regime e ribelli, raggiunto sotto l'egida dell'Onu ma con il consistente ruolo di Iran e Turchia, ha consentito l'evacuazione di quasi 500 miliziani e civili rimasti intrappolati all'interno di enclave assediate dalle forze rivali.
Intanto, però, si continua a morire: è di almeno 32 morti e 90 feriti il bilancio dell'esplosione di un'autobomba e di un attacco kamikaze a Homs. E' il secondo attacco che prende di mira la città dall'entrata in vigore del cessate il fuoco, questo mese, che ha permesso alle forze governative di assumere il pieno controllo della città. Il quartiere colpito è a maggioranza alauita, la setta sciita a cui appartiene la famiglia del presidente Bashar al-Assad.
Il regime di Damasco ha accettato vari cessate-il-fuoco con i ribelli nel passato, ma il piano di evacuazione portato a termine con successo stamane nei villaggi di Zabadani, Fua e Kafraya è uno dei più complessi. L'evacuazione è il frutto di un accordo raggiunto a settembre tra le autorità siriane e i ribelli grazie ai buoni uffici dell'Onu, ma anche di Iran e Turchia. Queste intese si inquadrano negli sforzi dell'Onu per raggiungere tregue in zone circoscritte, che spianino la strada all'inizio del dialogo tra il regime siriano e l'opposizione alla fine di gennaio.
Da Zabadani, l'ultima citta' in mano ai ribelli alla frontiera siro-libanese e assediata da mesi dalle truppe di Assad che puntano a rafforzare la presa attorno a Damasco, sono state portate via 123 persone, in gran parte combattenti ribelli feriti. Le persone evacuate hanno attraversato il confine con il Libano insieme alle loro famiglie e, dall'aeroporto di Beirut, hanno taggiunto in aereo la Turchia, da dove poi torneranno nelle aree controllate dall'opposizione. Tra di loro, ci sono anche casi di poliomielite.
Altre 355 persone, tra cui molti civili, hanno lasciato due villaggi - i due ultimi villaggi sciiti controllati dal regime nella provincia di Idlib, ormai dominata dai ribelli nel nord del Paese - e hanno varcato la frontiera con la Turchia: da lì hanno raggiunto Beirut, per poi tornare via terra a Damasco. E' la prima volta che i Paesi della regione sono coinvolti in questo tipo di evacuazione, con Turchia e Iran che ora sembrano più propense a favorire l'avvio del dialogo. Intanto l'esercito iracheno ha annunciato la liberazione totale di Ramadi, la città a 100km da Baghdad che era da maggio nelle mani dell'Isis. Le truppe irachene protagoniste dell'offensiva hanno anche innalzato la bandiera su quello che un tempo era il fortino dei jihadisti, il complesso di edifici nel quartiere amministrativo della città, un tempo sede del governo della provincia di al-Anbar. (AGI)