Roma - In Spagna si profila un asse anti-Rajoy tra socialisti e Podemos all'indomani delle elezioni politiche che hanno visto il Partito popolare del premier uscente, pur primo, fermarsi al 28,7% con soli 123 deputati, ben lontano dalla maggioranza assoluta di 176.
Rivendicando la "vittoria", il premier Mariano Rajoy ha lanciato un appello al "dialogo", che parta dalle "cose in comune" tra il Partito Popolare e gli altri partiti, per offrire "stabilita' politica ai mercati". E' importante che il prossimo sia un governo stabile, ha affermato Rajoy, annunciando il suo tentativo di formare un esecutivo con un "chiaro mandato democratico". Sia gli ex Indignados (20,6% e ben 69 seggi) che il Psoe (22% e 90 seggi) hanno fatto sapere che non sosteranno un nuovo esecutivo a guida Pp.
E' stato soprattutto il numero uno di Podemos, Pablo Iglesias, a dominare il 'day after', annunciando a gran voce che Podemos "non permettera' ne' attivamente ne' passivamente un governo del Pp" e sollecitando una "transizione" che porti "a un compromesso storico". Iglesias ha poi significativamente annunciato un giro di consultazioni con le altre forze politiche.
Sulla stessa linea, apparentemente, anche i socialisti: "La Spagna ha votato per il cambiamento. Ora sta al Pp cercare di formare un governo ma i socialisti voteranno 'no' a Rajoy e al Pp", ha chiarito Cesar Luena, uno dei big del Psoe.
Per ora gli unici a mostrarsi possibilisti verso un esecutivo (di minoranza) del Pp sono stati i liberali di Ciudadanos (quarti con il 13,9% e 40 seggi), il cui leader, Albert Rivera, si è detto disponibile ad astenersi in Parlamento per favorire la governabilità del Paese. Ma i suoi deputati non bastano e infatti Rivera ha ragionato: "Ciò di cui abbiamo bisogno è un'astensione del Psoe, un'astensione di Ciudadanos e un governo di minoranza che abbia vita sufficiente per le riforme. La palla è nel campo del Psoe".
Se Rajoy non riuscira' a dare vita a un esecutivo - dal Pp, nel frattempo, Fernandez Martinez-Maillo ha chiesto "responsabilita' perche' la stabilita' della Spagna e' a rischio" - lo scenario alternativo potrebbe, appunto, essere una svolta a sinistra con una soluzione alla portoghese, dove - fallito il tentativo del centrodestra - il nuovo esecutivo è stato varato dal socialista Antonio Costa sostenuto dalla sinistra radicale.
Tuttavia per il Psoe la manovra potrebbe essere tutt'altro che facile, anche perché Podemos ha già imposto una serie di condizioni per un suo eventuale appoggio, fra cui fine delle 'porte girevoli' tra politica e grandi imprese e un referendum sull'indipendenza della Catalona.
Certo è che il voto di domenica ha di fatto sancito la fine dello storico bipartitismo in Spagna, dove Pp e Psoe si alternavano da piu' di 30 anni.
E se il presidente della Commissione europea, Jean-Claude Juncker, ha auspicato la formazione di "un governo stabile", il premier Matteo Renzi ha colto lo spunto del frammentato Parlamento spagnolo per lodare la riforma elettorale italiana: "Benedetto l'Italicum" che offre "un vincitore chiaro".
La stampa spagnola evoca invece evoca scenari da Seconda Repubblica e governi balneari. "Benvenuti in Italia", titola El Pais rifendosi al Parlamento complesso e frammentato, senza nessun partito con una maggioranza chiara. "Bisognera' abituarsi a cose che fino ad adesso vedevamo ciclicamente nelle televisioni di Roma: consultazioni tra il capo dello Stato e i partiti, la repentina importanza di formazioni minuscole, il valore inestimabile di ogni singolo seggio che infoltisca le proprie fila - da cui l'arte del trasformismo, la quadratura del cerchio e il tempo che scorre senza che succeda nulla", si legge nell'analisi del quotidiano, che vede un'analogia tra la mezza vittoria del Pp e quella del centro-sinistra di Pier Luigi Bersani, che due anni fa non riusci' a dar vita a un governo.(AGI)
(21 dicembre 2015)