Riduzione dal 6% al 3% dell'aliquota per le singole transazioni digitali. Lo prevede l'emendamento del relatore, al ddl bilancio, Francesco Boccia, in commissione Bilancio alla Camera, che cambia la web tax.
Ma cosa si intende per transazioni digitali? Sono le prestazioni di servizi effettuate tramite mezzo elettronico tra operatori economici. Significa che pagheremo meno o più tasse quando compriamo qualcosa online? No, perché il passaggio della tassazione dal 6% fissato al Senato al 3%, diversamente da quanto ipotizzato all'inizio, non viene allargata al commercio ma sarà applicata solo alle grandi multinazionali, le over the top. Non significa però che lo Stato andrà a incassare meno, assicura Boccia: "Con il 3% su base imponibile diversa incassiamo circa 190 milioni".
Viene, inoltre, abrogata la possibilità per le imprese residenti di compensare l'impostazione pagata con il meccanismo del credito d'imposta. "La base imponibile viene stimata in 6.342 milioni di euro: applicando l'aliquota del 3% si determina un gettito annuo di competenza di circa 190 milioni di euro", si legge nella relazione tecnica presentata. L'entrata in vigore è stabilita per il 1 gennaio 2019.
La web tax rivisitata da Boccia alla Camera sarà al voto della commissione Bilancio martedì 19 dicembre e riscrive parzialmente la digital tax uscita dal Senato, scrive Il Sole 24 Ore. La nuova versione del prelievo non si applica all’ecommerce e alle cessioni di beni, come inizialmente ipotizzato dallo stesso relatore, ma resta dovuta alle sole cessioni di servizi operate da soggetti residenti e non residenti con un’aliquota ridotta dal 6% (versione Senato) al 3 per cento. La digital tax sarà applicata come ritenuta alla fonte sulle transazioni e colpirà solo i soggetti che effettuano oltre 3mila transazioni di servizi nell’anno solare.
Scompaiono sia le comunicazioni all’agenzia delle Entrate e dunque lo spesometro per tracciare le imprese digitali, sia il credito d’imposta riconosciuto alle imprese residenti per evitare doppie tassazioni e scompare anche il ruolo di sostituti d’imposta a carico delle banche. Non saranno comunque penalizzate le piccole imprese in contabilità semplificata e i cosiddetti minimi. Con l’addio al credito d’imposta, scrive ancora Il Sole, il gettito già stimato in 114 milioni al senato aumenta di altri 76 milioni.
L'introduzione della web tax piacerà agli italiani. Oltre la metà (il 55%) ritiene opportuno introdurre una legge per tassare i profitti generati in Italia dai 'grandi' del web. Il 17,5% è contrario e il 27,6% ritiene che la questione dovrebbe essere demandata a un livello sovranazionale come può essere l'Unione Europea. I dati emergono dal Rapporto 2017 Agi-Censis 'La cultura dell'innovazione' presentato ieri alla Camera.
Il consenso alla web tax non è uniforme in tutte le fasce di età: tra i più giovani, under 34, è più bassa la quota di chi è d'accordo con l'istituzione di una tassa ad hoc. Inoltre, molti mettono in guardia anche sul contraccolpo che una tassa potrebbe generare: più di un giovane su 4 ha il timore che una web tax possa far diventare i servizi offerti dai big a pagamento o ancora più costosi e meno convenienti rispetto ad oggi.
Sempre in tema di tassazione, il 42,1% degli italiani pensa che i robot sottraggono lavoro e non pagano le tasse e questo alla lunga finirà per impoverirci. Viene in pratica sposata la posizione di Bill Gates, il fondatore di Microsoft, che ha di recente sostenuto che un robot dovrebbe essere tassato nella stessa misura del lavoratore che sostituisce. Una quota sostanzialmente identica di italiani (41,6%) la pensa diversamente: l'evoluzione scientifica e tecnologia segue il suo corso e non ha senso pensare di introdurre meccanismi che possano arginarlo o limitarlo.