L'economia Usa ha sempre guidato quella mondiale, che la seguiva a ruota. Per la prima volta sta accadendo il contrario: l'indebolimento dell'economia globale, in particolare la frenata di Cina e Germania, pesa sul Pil a Stelle e Strisce e lo sta mettendo in difficoltà.
Dall'inizio dell'anno, spiega un articolo del Wall Street Journal, le tensioni tariffarie, lo scandalo delle emissioni auto tedesche e la stretta creditizia cinese, hanno iniziato a ripercuotersi sugli Stati Uniti e in particolare sul settore manifatturiero. Lo dimostrano i dati di un importante indice anticipatore, l'Ism manifatturiero Usa, che a settembre è sceso ai minimi da 10 anni, soprattutto a causa delle ripercussioni sull'export statunitense della guerra commerciale con la Cina. I motivi di questa dipendenza dell'economia Usa dall'economia globale, secondo il Wsj, sono diversi.
Storicamente, gli Stati Uniti sono stati in gran parte immuni dai contraccolpi negativi delle economie straniere perché le esportazioni rappresentavano una parte relativamente piccola dell'economia americana. Ma le cose sono cambiate. Innanzitutto, la quota mondiale del prodotto interno lordo, Stati Uniti esclusi, è cresciuta, principalmente grazie alla Cina. In secondo luogo, il commercio ha accresciuto il suo peso nella produzione statunitense e le vendite estere contribuiscono a una quota crescente dei profitti delle società Usa.
Grazie al fracking, la produzione di petrolio e gas è diventata una componente importante degli investimenti statunitensi, ma è molto sensibile ai prezzi del greggio che, a loro volta, fanno capo alla crescita globale. Un'altra importante ragione è che i mercati dei capitali integrati rendono i tassi di interesse americani più legati alle influenze estere. La scelta delle banche centrali straniere di rendere più accomodante la loro politica monetaria, potrebbe spingere il dollaro a rialzo e inasprire le difficoltà per i produttori americani. Tale effetto è probabilmente ancora più forte con tassi pari o vicini allo zero.
Inoltre, secondo il Wsj, il presidente Trump e i suoi consiglieri non hanno calcolato bene gli effetti della guerra dei dazi. Aumentando le tariffe Usa, si aspettavano che gli Stati Uniti avrebbero avuto effetti negativi molto limitati. E presumevano che queste misure avrebbero accresciuto i posti di lavoro e la produzione negli Stati Uniti e, in ogni caso, che gli altri paesi avrebbero sofferto maggiormente, perché esportavano negli Usa, più di quanto non facessero gli Stati Uniti all'estero. La realtà è che l'innalzamento delle tariffe inflitto agli altri paesi è rimbalzato negli Stati Uniti sotto forma di un indebolimento della crescita globale, che sta notevolmente pesando sugli investimenti e sulle esportazioni statunitensi.
Un fattore importante ma spesso dimenticato del rallentamento globale è che le autorità cinesi all'inizio dello scorso anno hanno deciso di frenare i prestiti privati per evitare una bolla finanziaria. Le vendite di auto in Cina sono aumentate della metà tra il 2012 e la metà del 2018 e da allora si sono ridotte del 12%. Inoltre la produzione a automobilistica tedesca è stata danneggiata dallo scandalo sulle false emissioni, che ha penalizzato le vendite e ritardato l'avvio di nuovi modelli.
La buona notizia,secondo il Wsj, è che questi fattori sono risolvibili. I produttori di auto tedesche lanceranno presto nuovi modelli. La Cina si è impegnata a riaccelerare i prestiti. E Trump potrebbe ritirare gli amenti tariffari con la stessa facilità con cui li ha imposti. La cattiva notizia è che se questi problemi non verranno risolti velocemente, le autorità politiche mondiali hanno pochi strumenti per rispondere alla crisi.
La Banca centrale europea, avendo appena tagliato i tassi di interesse al di sotto dello zero, sta chiedendo ai responsabili politici di agire sui bilanci pubblici per porre rimedio al rallentamento dell'economia. La Germania potrebbe stimolare la propria economia semplicemente riducendo gli avanzi di bilancio, ma finora ha solo accennato a farlo. Quindi, se i tassi negativi o la politica di bilancio non riuscissero a rivitalizzare la crescita europea, il rischio è che debbano pensarci le esportazioni, grazie a un euro più debole, a spese dei partner commerciali, Stati Uniti compresi.
Inoltre, se la domanda strutturalmente debole dovesse spingere verso il basso i tassi di interesse stranieri, ciò potrebbe innestare una pressione deflazionistica negli Stati Uniti attraverso un dollaro forte, a meno che la Federal Reserve non abbassi anch'essa i tassi. E questa senza dubbio è una questione che già frulla nella mente della Fed, la quale si sta interrogando sulla possibilità di tagliare nuovamente i tassi entro la fine di ottobre.