Un piano almeno triennale di sostegno a uno dei fiori all'occhiello italiani: la moda rivendica il suo ruolo di ambasciatore internazionale del Made in Italy e ha approfittato della principale vetrina del settore, la settimana di sfilate milanese aperta la sera del 18 settembre con le prime feste al museo della Scienza e della tecnica, per ottenere un impegno da parte del governo.
“Abbiamo bisogno di non perdere il nostro primato" dice in un'intervista all'Agi il presidente della Camera della moda Carlo Capasa, "siamo la seconda industria italiana con 90 miliardi di fatturato e i primi esportatori con un saldo di quasi 29 miliardi nel 2018, 620 mila addetti e 67 mila imprese in un settore che cresce del 3% all'anno e quest'anno ha finalmente annullato il gap della decrescita seguita alla crisi del 2008, tornando ai numeri precedenti”.
Capasa, 60 anni, leccese, sposato con l'attrice Stefania Rocca con la quale ha due figli, nel 1986 è stato il fondatore, con il fratello Ennio, del marchio Costume National, che entrambi hanno lasciato 30 anni dopo. E' da poco stato riconfermato presidente della Camera della Moda, incarico ereditato nel 2015 da Mario Boselli, un'istituzione per il settore. Una prima risposta alle sue richieste è ora arrivata dal ministro dello sviluppo economico Luigi Di Maio, che alla vigilia della settimana della moda ha rilanciato, proprio a Milano, il tavolo per discutere delle esigenze del settore.
Siete soddisfatti di essere stati ascoltati?
Avevo sollecitato l'attenzione del governo proprio il giorno della conferenza stampa di presentazione della settimana della moda, ricordando che il nostro è un settore di assoluta eccellenza. Ora c'è questa prima risposta, soddisfacente, anche se adesso dobbiamo misurare le cose che effettivamente saranno fatte. Quando l'abbiamo incontrato a margine dell'inaugurazione di Micam, Di Maio ha detto due cose importanti: che capisce l'importanza della moda, alla quale intende dare il rilievo che merita addirittura incrementando gli investimenti, e ce lo auguriamo. E poi ha rilanciato quel tavolo di condivisione fra tutti gli attori e le associazioni della moda, sia le confindustriali che, come noi, le non confindustriali. Siamo pronti come Camera a mettere a disposizione del governo il nostro know how per immaginare un piano almeno triennale su quanto deve essere fatto per il nostro settore.
Qual è il ruolo della Camera e chi rappresenta?
La nostra associazione non ha scopo di lucro e ci sono tutti i marchi italiani esclusi pochissimi, rappresenta quindi la parte alta quella che traina tutta la moda. I soci della Camera della Moda sono Armani, Versace, Prada, Gucci, Ferragamo, Todd, Zegna. Abbiamo il vantaggio di rappresentare i marchi che raccontano la moda italiana. Le prime 100 imprese italiane, tutte associate, valgono oltre il 50% del fatturato del settore e considerando anche le altre la Camera rappresenta quasi il 70% del giro di affari. Sono aziende di eccellenza e riteniamo di poter avere una voce importante per definire il futuro del settore.
Siete anche gli organizzatori delle settimane milanesi della moda, vetrina internazionale del settore. Funzionano sempre? Le istituzioni le sostengono
Una buona notizia di questi giorni è la presenza governativa all'inaugurazione, con il ministro dei Beni culturali Bonisoli alla Scala il 19, ma siamo da sempre molto supportati dal sindaco di Milano Beppe Sala, che ha il merito di avere aperto la città a tutte quelle iniziative che l’hanno resa così centrale. Facciamo moltissime cose: fra sfilate, eventi e presentazioni ci sono 215 appuntamenti in soli 6 giorni: il doppio di quello che fanno Parigi in 9 giorni (113) o Londra (122) e New York (98). Questo dà l'idea della densità della nostra offerta. Credo che sia la settimana più importante del mondo.
A differenza di quella dedicata al design, però, quella della moda sembra più chiusa, riservata agli addetti ai lavori più che a un pubblico più vasto. Come mai?
Non sono d'accordo. Anche noi abbiamo un fuori salone, rappresentato da tutte quelle 800 boutique che aprono eccezionalmente e creano vetrine speciali in questa settimana, ma anche dalle mostre, dal fashion film festival, e dalla possibilità di assistere in streaming anche alle sfilate più esclusive, grazie alla tecnologia, sui maxischermi o sui pc. C'è la Rinascente, Corso Como, e altri luoghi accessibili a un grande pubblico e ci sono molte iniziative sul marciapiede, a contatto diretto con una città viva e accogliente. In questi giorni brulica di gente da tutto il mondo ed è impossibile trovare una stanza libera, ma i milanesi sopportano volentieri qualche disagio oltre a partecipare con entusiasmo: conoscono i vantaggi di un indotto enorme, e di un appuntamento che mette la loro città sulle copertine di tutto il mondo. Milano funziona benissimo, e, lo dico da non milanese che però ci vive da 40 anni, andrebbe presa ad esempio in Italia: al netto di pregi e difetti, il saldo è altamente positivo. Si è riusciti a farla diventare leader nel mondo con la qualità dell'offerta, e anche della vita, nonostante sia molto più piccola delle sue dirette concorrenti, Londra e Parigi.
Quanto vale l'indotto della settimana della moda per Milano?
Circa 10 miliardi l'anno, secondo gli ultimi dati della Camera di commercio. Riguarda 19 mila imprese e 128 mila addetti. Il 71% del giro di affari sono spese per acquisti e ristorazione, 17% per business e trasporti, 6% per la cultura e il tempo libero e 5,5% per l'alloggio