La Pasqua arriva e torna la polemica sulle aperture domenicali e festive dei negozi. Puntuale come le feste comandate. E stavolta il no al 'sempre aperto' dei sindacati si trasforma in sciopero generale: in cinque regioni a Pasqua e Pasquetta scatta la serrata dei negozi contro le liberalizzazioni volute nel 2011 dal Governo Monti che hanno reso possibile l'apertura di negozi, supermercati e centri commerciali 24 ore su 24, 7 giorni su 7. Tra domenica e lunedì i sindacati del settore - Filcams Cgil, Fisascat Cisl e UilTuc - hanno proclamato astensioni dal lavoro e scioperi in tutti gli esercizi di Toscana, Emilia Romagna, Lazio (con mobilitazione anche il 25 aprile e il 1 maggio), Puglia e Sicilia (dove la protesta si allarga a 25 aprile, 1 maggio e 2 giugno).
Per i sindacati, non c'è stato alcun beneficio
Secondo i sindacati, la completa liberalizzazione degli orari e delle aperture domenicali e festive "non ha portato nessun aumento dell'occupazione e nessun aumento dei consumi, come dimostrano i tanti negozi dei centri storici chiusi e le procedure di licenziamento fatte dalle aziende della grande distribuzione, anche quelle che hanno scelto il sempre aperto h24". "Crediamo che la totale liberalizzazione introdotta dal governo Monti abbia mostrato tutti i suoi limiti", ha tuonato la segretaria generale della Cgil, Susanna Camusso, e per questo è necessario "passare a un'altra stagione che regoli gli orari e la possibilità delle lavoratrici e lavoratori della grande distribuzione di non avere quel carico addosso". Sulla stessa lunghezza d'onda la leader della Cisl, Annamaria Furlan, secondo cui "bisogna riaffidare questa materia alla contrattazione tra Comuni, aziende e sindacati in modo da garantire la giusta flessibilità negli orari, una maggiore retribuzione per i lavoratori e soprattutto la volontarietà della prestazione festiva o domenicale".
Parla di "una legge fatta male" la Confesercenti: "La deregulation totale del commercio, voluta nel 2011 dal Governo Monti, è stata un disastro per il settore. Non solo per i lavoratori, che si sono visti privare del riposo domenicale, ma anche per i negozi indipendenti". Di tutt'altra opinione l'Unione nazionale consumatori (Unc) e il Codacons. "Giù le mani dall'apertura libera dei negozi - sottolinea Massimiliano Dona, presidente di Unc - e no alle speculazioni e ai tentativi di modificare una norma che sancisce la sacrosanta libertà di impresa di poter aprire senza vincoli anacronistici e restrizioni tipici di un'economia dirigistica che non funziona più in nessun paese al mondo". Ironizza Carlo Rienzi, presidente Codacons: "Fa sorridere che chi oggi protesta contro la possibilità degli esercizi commerciali di rimanere aperti anche nei giorni festivi, siano gli stessi soggetti che piangono la crisi del commercio e la forte disoccupazione in Italia". La questione ha di recente appassionato anche la politica. Tanto che in Parlamento alla fine della passata legislatura era stata approvata una legge che ripristinava le chiusure in 12 festività, con 6 possibili deroghe. E a un paio di settimane da Natale, Luigi Di Maio in un post sul blog di Grillo aveva scritto: "Tutte le famiglie hanno il diritto al riposo, anche quelle che posseggono o gestiscono esercizi commerciali". Ma alla fine non se ne fece nulla. La legge morì in Senato.