Tra le conseguenze negative del cambiamento climatico, dobbiamo ora annoverare anche il calo della produzione di vino globale, che nel 2017 è scesa ai minimi di sessant'anni. Lo scorso anno dalle cantine del mondo sono usciti 25 miliardi di litri di vino, abbastanza da riempire 33 milioni di bottiglie, in calo del 9% rispetto al 2016. Per trovare un'annata più povera bisogna risalire ai 17 miliardi di litri del 1957.
A fornire i dati è l'Organizzazione Internazionale della Vigna e del Vino. E dietro quel -9% c'è chi scende e c'è chi sale.
Come si vede, a eccezione del Cile, la produzione aumenta nei Paesi che si sono lanciati negli ultimi lustri come nuove potenze enologiche mondiali: non è più insolito vedere sulle nostre tavole una bottiglia proveniente dall'Argentina (+26%, un dato straordinario), dall'Australia o dal Sudafrica. Se i vigneti cinesi e americani non hanno accusato troppo il colpo, a soffrire sono soprattutto i Paesi europei di grande tradizione vinicola: in Italia si assiste a un calo del 17% rispetto al 2016 e che Spagna (-18%) e Francia (-19%) facciano peggio di noi è una ben magra consolazione. Il motivo di questo preoccupante declino sono le condizioni meteorologiche particolarmente inclementi abbattutesi lo scorso anno sulle colture del vecchio continente.
Il risultato di questa congiuntura potrebbe essere un aumento dei prezzi, dato che i consumi continuano a crescere stabilmente del 2% all'anno. O, col tempo, la differenza apertasi tra domanda e offerta verrà colmata da nuovi agguerriti attori. "Il cambiamento climatico renderà probabilmente le cose peggiori per i tradizionali leader del mondo del vino", sottolinea Quartz, "sebbene nessuno possa essere certo su quali regioni vinceranno e quali perderanno, più ci si allontana dall'Equatore, migliori saranno le possibilità per i viticoltori in un mondo che sta diventando più caldo e più umido". Tre nazioni che potrebbero diventare nuove potenze del vino? Quartz invita a scommettere sul Regno Unito, lo Stato del Michigan e la Tasmania.