Il consumo mondiale di olio d'oliva è cresciuto del 49% negli ultimi 25 anni, secondo uno studio diffuso dalla Coldiretti e basato sugli ultimi dati del Consiglio oleicolo internazionale (Coi) in occasione di Cibus, il salone internazionale dell'alimentazione.
Nel mondo sono stati consumati nel 2017 complessivamente 2,95 miliardi di chili, la metà dei quali nei Paesi dell'Unione Europea. In vetta alla classifica l'Italia con 557 milioni di chili, seguita dalla Spagna con 470 milioni di chili e, a sorpresa, dagli Stati Uniti con un consumo di 315 milioni di chili (+174% rispetto a 25 anni fa). "A sostenere la domanda mondiale - secondo la Coldiretti - sono certamente gli effetti positivi sulla salute associati al consumo di olio di oliva provati da numerosi studi scientifici che hanno fatto impennare le richieste di quel segmento di popolazione che nel mondo è attento alla qualità della propria alimentazione". In Italia, riferisce la Coldiretti sulla base di un'indagine Ismea, 9 famiglie su 10 consumano olio d'oliva tutti i giorni secondo uno stile alimentare fondato sulla dieta mediterranea. In Giappone dove i consumi sono aumentati di 8 volte raggiungendo i 55 milioni di chili, in Gran Bretagna si è registrata una crescita del 247,6% fino a 58,4 milioni di chili e in Germania l'incremento è stato del 359,7% fino ai 61,6 milioni di chili, in Brasile l'aumento è stato del 313% per un totale di 60 milioni di chili, in Russia del 233% anche se le quantità restano limitate a 20 milioni di chili, in Canada con 39,5 milioni di chili l'incremento è del 229% e la Francia con un progresso del 154% ha superato i 111 milioni di chili.
Ma l'Italia non è più il primo produttore
In Italia a fronte di una produzione di 370 milioni di chili si ha un'importazione che ha superato i 500 milioni di chili - rileva la Coldiretti su dati Istat - con i 2/3 in arrivo dalla Spagna che è anche il primo produttore mondiale con un miliardo di chili. A pesare è ora anche l'ondata di maltempo del 2018 con almeno 25 milioni di piante di ulivo danneggiate dalla Puglia all'Umbria, dall'Abruzzo sino al Lazio con danni fino al 60% in alcune zone particolarmente vocate e la richiesta di rifinanziamento del piano olivicolo nazionale (Pon) da parte dell'Unaprol.