Partiamo da un esempio. Scrive oggi il Corriere: “Una donna di 35 anni con un reddito di 36mila euro lordi l’anno per riscattare la laurea di euro ne deve tirare fuori 65mila. Quasi il doppio di quello che guadagna”. Con il rischio più che concreto di andare in pensione a 75 anni. Così per tutta la generazione compresa tra i 17 e i 37 anni. Potrebbe bastare questo per capire perché dal 7 luglio ad oggi la proposta di aprire alla possibilità dei dare il riscatto della laurea gratis per i nati tra il 1980 e il 2000 ha riscosso tanto successo, con una buona mobilitazione sui social, e un ‘Coordinamento nazionale’ che si è raccolto su Facebook.
Ma andiamo con ordine. Il 7 luglio il Messaggero pubblica un articolo in cui si parla per la prima volta in modo concreto dell’ipotesi: l’idea nasce dai giovani democratici, l'associazione giovanile Pd, riporta il quotidiano romano, e ha trovato sponda nel ministero dell’Economia in Pier Paolo Baretta, anche militante democratico. L’intervista è stata ripresa decine di volte nei giorni successivi. E ha creato un polverone che ha portato il tema sulle pagine dei principali quotidiani italiani. Ieri Repubblica ha pubblicato un’intervista a Barretta, oggi il Corriere pubblica una scheda in 6 punti.
Cosa emerge? Che si può fare. Ci sono dubbi, ma si può fare. Secondo il sottosegretario Barretta il riscatto gratuito potrebbe partire in via sperimentale il prossimo ano. Sarebbe limitato sai solo universitari che si sono laureati in tempo, chiudendo le porte ai fuori corso. I contributi all’Inps sarebbero pagati direttamente dallo stato, o almeno in parte: una specie di sconto sulla pensione. Si vedrà.
La generazione che rischia la pensione a 73 anni, almeno
La misura riguarderebbe i nati tra il 1980 e il 2000. Quelli che rischiano di andare in pensione almeno a 73 anni. E che avranno una vita lavorativa discontinua, scrive il Corriere. Come di fatto è già. Diverse carriere. Diversi lavoro a tempo determinato. Diverse casse previdenziali, che complicano il tutto in un mondo lavorativo pensato per le generazioni ultragarantite degli anni passati. “Per tutti loro l’assengo sarà calcolato integralmente con il metodo contributivo, meno vantaggioso di quello retributivo, perché basato esclusivamente sui contributi versati nel corso della vita e non sulla base del livello dello stipendio”.
Difficile capire se si tratta di un tema estivo, che dimenticheremo tra un mese. Perché oramai il tema è deflagrato. E 21.836 ragazzi fanno parte dei gruppi social che chiedono che alle parole seguano fatti concreti. Baretta ha detto a Repubblica il 31 luglio: “I punti di partenza sono due: da un lato oggi il riscatto della laurea è troppo costoso. Dall'altro però la partecipazione alla vita lavorativa non può cominciare con il primo stipendio, in un contesto in cui l'età del pensionamento si sposta sempre più in avanti. Siccome studiare e laurearsi è prezioso anche per la nostra economia, è giusto che lo Stato investa sul futuro dei giovani e si assuma l'onere dei contributi figurativi degli anni di studio”.
Impossibile riscatto gratis per chi è già laureato
Questo in linea di principio. Ma Baretta nella stessa intervista ha detto che i conti non sono stati ancora fatti. E che “Pensare di renderla retroattiva è impossibile”: tradotto? Chi si è già laureato non avrà il riscatto gratis della laurea ma “si potrebbero invece graduare i costi per alleggerire il riscatto di chi si è laureato in passato”.
Le altre ipotesi: pensione di cittadinanza e primo impiego
Eppure sul tavolo del governo c’è per il momento un’altra ipotesi. “In vista della prossima legge di bilancio” scrive oggi il Corriere, “si studia la cosiddetta pensione di garanzia. Un assegno minimo pagato dallo Stato a chi in futuro avrà una pensione così bassa da non garantirgli la sussistenza”. Oppure, di contro, lavorare sulle prime assunzioni. Nella prossima legge di Bilancio il governo taglierà le tasse sul lavoro per le assunzioni dei giovani. E, scrive Lorenzo Salvia sul Corriere, “Il riscatto gratis della laurea sottrarrebbe, inevitabilmente, risorse a questo capitolo. E nel governo resta la convinzione che più di pensione bisogna parlare di lavoro”.