Fin dai tempi di Pearl Harbor i giapponesi sono considerati specialisti nell'attaccare senza dichiarare guerra.
Così avrebbero fatto anche con Nissan, la quale ha fornito ai magistrati di Tokyo gli elementi per arrestare il suo ex salvatore, il presidente Carlos Ghosn, in quello che molti esperti considerano, appunto, un atto di guerra non dichiarata verso la francese Renault, che da oltre un decennio controlla la stessa Nissan con una partecipazione del 43%.
Di fatto giapponesi e francesi sono ai ferri corti, anche se finora lo scontro non è emerso ufficialmente, anzi si fa di tutto per minimizzarlo.
I motivi dell'arresto
Ghosn, amministratore delegato e presidente della Renault, è accusato di aver nascosto 44 milioni dollari di guadagni a Nissan, di cui era presidente, incarico dal quale e' stato estromesso giovedi' scorso dai direttori dell'azienda giapponese. Inoltre da un'indagine interna di Nissan emerge che Ghosn abbia speso milioni di dollari, prelevandoli da un non meglio specificato fondo della compagnia per comprare e ristrutturare case di lusso, sparse in diverse parti del globo.
La famiglia Ghosn, secondo quanto rivela il Wall Street Journal, credeva che le residenze di Rio de Janeiro, di Beirut e di altre località fossero abitazioni dell'azienda, acquistate attraverso dei normali canali, approvati da Nissan.
Ghosn, dopo il suo arresto di lunedì scorso, non ha rilasciato dichiarazioni e anche il suo avvocato ha preferito non fare commenti. Nel frattempo sono emerse forti tensioni tra Renault e Nissan. Alla casa francese, che, pur controllando i giapponesi, è più piccola di Nissan, da tempo i sindacati paventano una progressiva "Nissanizzazione", mentre nella compagnia nipponica, dove molti dipendenti si lamentano che gli stranieri vengano promossi più velocemente e siano pagati meglio, molti appoggiano il tentativo di riportare l'azienda alle sue radici ed espellere i francesi.
Una guerra strisciante
Secondo una ricostruzione del Wall Street Journal, all'indomani della notizia dell'arresto di Ghosn, il direttore indipendente della Renault, Philippe Lagayette, ha letto a voce alta un messaggio del ceo di Nissan, Saikawa, in cui si sosteneva che la sua azienda aveva trovato le prove di possibili illeciti. Il direttore della Renault al meeting avrebbe detto ai colleghi del consiglio di amministrazione: "L'ho trovato molto, molto violento". Inoltre i manager Renault non hanno gradito che i giapponesi abbiano agito senza consultarli. "Non li lasceremo indagare da soli", avrebbe detto un membro del consiglio al gruppo.
Ma cosa c'è dietro questa guerra strisciante tra Nissan e Renault? Per capirlo e per valutare la portata della crisi aperta dall'arresto di Ghosn, il giornale economico Les Echos ha sondato i vertici francesi, girando loro una domanda insidiosa: Nissan, che controlla il 15% di Renault, mentre Renault controlla il 43% della casa nipponica, è in grado di invertire i ruoli nella sua alleanza, o quantomeno di ribilanciarli a suo favore? Le risposte sono state controverse. "No", ha tagliato corto una fonte di Bercy, il ministero dell'Economia francese. "Sì, questa è una paura reale", ha affermato un membro del cda Renault.
Cosa c'è dietro l'accordo del 2015
Per capire il motivo di queste risposte cosi' diverse, Les Echos ritiene opportuno tornare all'inverno 2015/2016. A quel tempo, spiega il giornale, il ministro dell'Economia, che era Emmanuel Macron, e Carlos Ghosn erano in disaccordo sui diritti di voto dello Stato francese nell'alleanza Renault-Nissan.
Dopo lunghi mesi di discordia, Bercy e Renault firmano un "accordo di stabilizzazione" in cui lo Stato francese si impegna a utilizzare il suo doppio diritto di voto solo su argomenti strategici e Renault limita i suoi poteri in Nissan, di cui detiene il 43%. In pratica, il gruppo francese accetta di non detenere più di quattro seggi sui nove nel board Nissan e di "votare a favore" delle risoluzioni proposte dal consiglio per "la nomina, il licenziamento e la retribuzione dei membri del consiglio".
Inoltre l'accordo prevede che, se Renault dovesse rompere i suoi impegni, Nissan otterrebbe i diritti di voto del suo partner. Avrebbe inoltre tutto il tempo per aumentare la propria partecipazione, al momento è limitata al 15%. Questo dettaglio non è scontato: se infatti il gruppo giapponese superasse la soglia del 25% del capitale di Renault, questa, in base alla legge giapponese, perderebbe automaticamente i suoi diritti di voto su Nissan.
In pratica, secondo fonti interpellate oggi da Les Echos, con quell'accordo Ghosn, "per limitare l'influenza dello Stato francese in Renault" ha favorito Nissan, o meglio "forse è proprio Nissan che ha usato Ghosn per riconquistare l'indipendenza". "E' stato un grosso errore", conferma un'altra fonte, che spiega: "Lo Stato è stato ingannato. E Renault ha rinunciato a esercitare il controllo su Nissan", lamenta un ex gruppo. Da parte sua, Hiroto Saikawa, il negoziatore giapponese che da allora e' diventato amministratore delegato di Nissan e che molti considerano il il "Bruto" di Carlos Ghosn, si è detto "molto soddisfatto di quel risultato". Il motivo? E lo stesso Les Echos a spiegarlo, facendo i conti in tasca a Nissan e Renault.
Nissan è in vantaggio
Dal punto di vista finanziario, chiarisce il giornale, in prospettiva di OPA ostili e incrociati, che, per quanto improbabile, sarebbero il peggior scenario possibile per i due gruppi, l'esito non sarebbe a favore di Renault. Oggi, infatti il 10% della compagnia francese, che consentirebbe a Nissan di arrivare al 25% e dunque di tornare indipendente, vale 1,7 miliardi di euro sul mercato, una somma lontana dal prosciugare la liquidità della casa nipponica che è di oltre 12 miliardi. Viceversa, il 7% di Nissan (quello che serve per superare il 50%) costerebbe a Renault circa 2,2 miliardi un importo che praticamente azzererebbe i risparmi della casa francese, pari a 3 miliardi.
Per ora l'alleanza non si tocca
Detto questo, conclude Les Echos, poche persone scommettono su un finale così catastrofico dell'alleanza Renault-Nissan. "Sarebbe una guerra totale", sostengono, allarmati, quelli dalla Renault. Un finale del genere "sarebbe drammatico per entrambe le società - spiegano gli esperti - Non siamo in un momento qualsiasi per l'industria automobilistica: gli investimenti necessari per l'automobile autonoma o elettrica sono astronomici".
Consapevoli del pericolo, tutti i partiti - a cominciare dai governi francese e giapponese (il fondo pensionistico pubblico giapponese Gpif è il secondo maggiore azionista di Nissan), per il momento hanno avuto cura di sottolineare il loro impegno nei confronti del team Renault-Nissan. "Dato il contesto, non vogliamo toccare per ora la struttura del capitale dell'Alleanza", dicono all'Eliseo.
E i giapponesi, che si sono incontrati a Parigi, con gli esponenti del governo francese, sono della stessa idea. Dunque, l'uscita di scena di Ghosn probabilmente è stata un atto di guerra. La tensione tra i due gruppi e tra Francia e Giappone si taglia col coltello, ma per ora l'alleanza non si tocca.