Nel decennio 2008-2017 gli italiani hanno perso l’8,7% del proprio reddito disponibile reale (o potere d’acquisto), un risultato negativo superato soltanto dalle economie di Cipro (-15,4%) e Grecia (-30,8%). È questo il principale risultato che emerge da una ricerca del Centro studi ImpresaLavoro, realizzata su elaborazione di dati Eurostat.
Il potere d’acquisto, così come definito da Eurostat, rappresenta la quantità di beni e servizi che una persona può acquistare con un determinato reddito in un dato momento, neutralizzando gli effetti dell’inflazione. Soltanto in altri sei Paesi dell’Unione Europea su 28 i redditi reali sono tuttora inferiori a quelli del 2008: Portogallo (-0,8%), Irlanda (-1,1%), Belgio (-2,1%), Austria (-3,9%), Croazia (-4,4%) e Spagna (-5,8%).
In tutti gli altri Stati europei, invece, i livelli pre-crisi sono stati recuperati e addirittura oltrepassati. Il potere d’acquisto in Regno Unito e Francia, ad esempio, è salito nello stesso periodo di tempo rispettivamente del 2,7% e del 3,4% e in Germania dell’8,5%. In Paesi dell’Est Europa come Bulgaria e Romania la crescita è stata ancor più significativa, superando il 28%. Non si può inoltre trascurare la velocità di questo recupero: i redditi reali degli inglesi e dei francesi sono tornati ai livelli precedenti la crisi nel 2014, mentre quelli dei tedeschi già nel lontano 2010.
Secondo i dati Istat, dall’inizio della crisi a oggi le famiglie italiane hanno perso in valori assoluti ben 70 miliardi di euro del proprio reddito disponibile, con conseguente riduzione di consumi e risparmi. I consumi totali sono ancora di 15 miliardi inferiori a quelli del 2008 e la propensione al risparmio – ossia il rapporto tra il risparmio delle famiglie e il loro reddito disponibile – si è ridotta nel periodo di un terzo, passando dall’11,6% al 7,7%.
"Le cause di una performance così negativa da parte dell’Italia sono molteplici. Tanto la carenza di investimenti pubblici quanto l’oppressione fiscale e legislativa deprimono gli sforzi delle aziende e frenano un vero rilancio della nostra economia", commenta l’imprenditore Massimo Blasoni, presidente del Centro Studi ImpresaLavoro.
"A farne le spese non sono soltanto quanti, soprattutto giovani, non riescono a entrare nel mondo del lavoro ma pure gli stessi occupati, molto spesso precari. Trovare il nostro Paese agli ultimi posti anche di questa classifica preoccupa, soprattutto perché fotografa l’avvenuto impoverimento degli italiani e spiega la difficile ripresa dei nostri consumi interni. Con questo ritmo di crescita medio, gli italiani recupereranno soltanto nel lontano 2026 quel potere d’acquisto che avevano prima della crisi economica".