Il reddito di cittadinanza sarebbe stato il primo atto di un governo a 5 stelle, aveva promesso Luigi Di Maio. Ed è stato il reddito di cittadinanza tra i punti programmatici che maggiormente hanno trainato i consensi elettorali del Movimento 5 stelle, soprattutto al Sud, dove l'esclusione sociale morde di più.
In attesa che, con le trattative per il nuovo esecutivo, il tema torni al centro del dibattito, proviamo a fare un po' d'ordine prima che si scateni la prevedibile guerra di cifre su un'agevolazione della quale beneficerebbero i 9 milioni di italiani sotto la soglia di povertà, ovvero con un reddito inferiore ai 780 euro al mese.
Ai quattro milioni di poveri assoluti senza alcun reddito andrebbero 780 euro, laddove chi ha un reddito ma sotto i 780 euro verrà data un’integrazione in cambio di corsi di formazione e lavori di pubblica utilità.
Negli ultimi 7 giorni nelle regioni del Sud c'è stata un'impennata della ricerca delle parole "reddito di cittadinanza" su Google.
Il costo per le casse dello Stato era stato stimato in 14,9 miliardi di euro dal capogruppo del Movimento alla Camera, Roberto Fico, che aveva citato in proposito uno studio dell'Istat in polemica con Anzaldi del Pd, il quale sosteneva che la proposta del M5s sarebbe costata 62 miliardi. Una stima che, alla prova del nostro fact-checking, era risultata corretta.
L'Istat dà ragione al Movimento
Eravamo andati a leggere il documento Istat a cui fece riferimento Fico. Si tratta di un contributo conoscitivo elaborato nel 2015 dall’Istituto di statistica, in vista di un’audizione parlamentare, per meglio valutare il possibile impatto di due disegni di legge, quello sul reddito di cittadinanza del M5S (n. 1148) e quello sul reddito minimo garantito di SEL (n.1670). Per quanto riguarda il primo, l’Istat certifica in effetti un costo di 14,9 miliardi di euro scarsi (14,857) per il 2015.
I conti dell’Istat riguardano una misura che si applichi a 2 milioni e 760mila famiglie, cioè il totale di quelle che avevano un reddito inferiore alla linea della povertà relativa secondo gli ultimi dati allora disponibili. Equivalgono all’incirca a 8,3 milioni di persone, un poco meno dei 9 milioni citati da Di Maio in un'intervista ad Avvenire dello scorso novembre. La cifra più alta, di 9 milioni, potrebbe venire da un rapporto recente del centro studi di Unimpresa, che però parla di soggetti “a rischio povertà” e non di soggetti “sotto la soglia di povertà”.
Un sussidio decrescente
Precisiamo che, indipendentemente dal numero di componenti, la famiglia riceve una sola misura di “reddito di cittadinanza” per ciascuna. Questa, tra l’altro, varia anche in base alla composizione del nucleo familiare: ad esempio il beneficio medio per un single under 35 sarebbe di 5.175 euro all’anno, per una coppia con figli minorenni 7.023 euro, con figli maggiorenni 4.472 euro e, senza figli ma con donna under 35, 7.084 euro.
Insomma, il calcolo dell’Istat non si basa su un sussidio di 780 euro a testa, ma su un sussidio decrescente – come dice Di Maio – da dare a circa 2,8 milioni di famiglie e in totale a circa 8,3 milioni di persone. Il costo di questa misura, secondo l’Istat, era stimato a 14,9 miliardi circa per il 2015.
Su un punto Di Maio, nell'intervista, non fu preciso: quando disse che ai “quattro milioni di poveri assoluti senza alcun reddito andrebbero 780 euro”. I poveri assoluti sono in effetti circa 4,6 milioni in Italia, ma fortunatamente non tutti sono “a zero reddito”. L’Istat scrive infatti che l’ammontare massimo del sussidio (circa 12.000 euro l’anno) andrebbe alle 390 mila famiglie in condizioni di povertà più grave, con un reddito inferiore al 20 per cento della linea di povertà.