Il reddito di cittadinanza è stato il principale cavallo di battaglia della campagna elettorale del Movimento 5 stelle e la sua approvazione è fondamentale anche alla luce della competizione interna con la Lega in vista delle elezioni europee, competizione che vede finora in deciso vantaggio Matteo Salvini, la cui crescita nei consensi degli italiani non dà segni di cedimento. La battaglia per la "abolizione della povertà", per usare le parole del vicepremier Luigi Di Maio, non appare però destinata a concludersi in fretta. Il motivo? La complessità e il numero degli interventi necessari a far funzionare il lancio della misura (che il premier Giuseppe Conte ha promesso entro il 1 marzo), dalla necessaria riforma dei centri per l'impiego al varo degli strumenti per la lotta ai "furbetti".
Le Camere sono oberate
La Stampa sottolinea tra i principali ostacoli il gran numero di interventi previsti dalla manovra. "I calendari dei lavori di Camera e Senato e i tempi medi di approvazione dei disegni di legge non lasciano spazio all'ottimismo. Fino a Natale i due rami del Parlamento sono stracarichi di lavoro", scrive il quotidiano di Torino, "questa settimana la Commissione Bilancio inizia a discutere proprio la Nota di aggiornamento con l'audizione del ministro Tria, l'Istat, la Banca d'Italia, Confindustria, Confcommercio, i sindacati; seguirà il dibattito sul nuovo bilancio europeo. Nel frattempo in Commissione Trasporti arriva il decreto per Genova (ci saranno modifiche), alla Giustizia attendono il decreto sicurezza. Nel frattempo il 15 ottobre il Consiglio dei ministri deve spedire a Bruxelles il cosiddetto «Draft budgetary plan», una sintesi del vero e proprio articolato da presentare in Parlamento al più tardi il 20, e che quest'anno sarà accompagnato da un decreto fiscale. Da quel momento si può affermare senza rischio di smentita che fino a Natale non ci sarà spazio per discutere altro. Il Movimento Cinque Stelle può sperare di iniziare la discussione su banche e reddito dopo la Befana".
Come scovare i "furbetti"?
C'è poi il nodo dei "finti poveri" che potrebbero ottenere il beneficio senza averne titolo. Occorreranno controlli capillari, alla luce della situazione attuale. "Nei controlli su soggetti a rischio effettuati dalla Guardia di Finanza dal 2016 al 2018 sei su dieci non sono in regola con la fruizione di prestazioni sociali agevolate", scrive il Sole 24 Ore, "un dato che rischia di avere un'importanza cruciale in vista del reddito di cittadinanza, per il quale diversi esponenti del Governo hanno promesso controlli e sanzioni contro i furbetti. E per il quale già nei giorni scorsi il ministro dell'Economia, Giovanni Tria, ha chiamato in campo le Fiamme gialle con un piano anti-abusi".
"Di certo c'è la volontà dichiarata di far sì che le risorse vadano solo a chi ne ha davvero bisogno. L'operazione-verifiche, però, si annuncia imponente e complessa. Per quanto mirati, i controlli eseguiti negli ultimi anni dalla Guardia di Finanza coprono meno dello 0,5% dei potenziali beneficiari del reddito di cittadinanza", prosegue il quotidiano economico-finanziario, "quanto ai centri per l'impiego che, riformati, saranno in prima linea per la nuova misura finora non hanno mai eseguito controlli. Inoltre, sono solo 552, rispetto agli 8 mila Comuni attualmente coinvolti nel reddito d'inclusione (il Rei, che potrebbe essere assorbito dalla nuova misura). Il sottosegretario dell'Economia, Laura Castelli, ha annunciato verifiche tramite l'incrocio delle banche dati. Via potenzialmente efficace, ma soggetta al vaglio della privacy, come testimoniano le esperienze del redditometro e della precompilata".
Che fare con gli 'scoraggiati'?
Il Messaggero cita invece il problema dei «Neet» (ovvero quelle persone, a volte manco più così giovani, non impegnate né con il lavoro, né con lo studio né con un percorso di formazione) come "uno dei più delicati per gli esperti che si stanno occupando di scrivere le norme sul reddito di cittadinanza che dovranno essere inserite in un collegato alla prossima manovra di bilancio". "Al momento, i criteri che si stanno delineando, escluderebbero gli scoraggiati dal reddito di cittadinanza se, questi ultimi, risultano a carico dei genitori e il reddito complessivo della famiglia ha un Isee, un indicatore sintetico della situazione economica, superiore a 9.360 euro", spiega la testata della Capitale, "le regole attuali prevedono, infatti, che i figli maggiorenni che convivono con uno o entrambi i genitori fanno parte del nucleo familiare del genitore con il quale convivono. E fanno parte del nucleo familiare anche nel caso in cui non siano conviventi con i genitori, ma siano a loro carico ai fini Irpef e non siano coniugati o abbiano figli. Chi sta a casa senza studiare o lavorare, insomma, rischia di essere escluso dal reddito se ha una situazione familiare tale per cui i genitori sono in grado di mantenerli".
Un potenziale asso nella manica
"La questione è importante anche per un'altra ragione", prosegue il Messaggero, "il principale consulente del ministro del lavoro Luigi Di Maio sulla questione del reddito di cittadinanza, il professore Pasquale Tridico, da tempo porta avanti una sua proposta: convincere i «Neet» a rimettersi in gioco. Ossia fare in modo che si iscrivano in massa ai Centri per l'impiego. Questo avrebbe un effetto collaterale non di poco conto: aggiungerebbe al numero ufficiale dei disoccupati circa un milione di persone, facendo crescere il tasso di disoccupazione. A sua volta la crescita del tasso di disoccupazione, farebbe aumentare il potenziale economico dell'Italia: se ci sono più persone disposte a lavorare significa che il Pil "potenziale" è più alto di quello fino ad oggi stimato. Il Pil potenziale, poi, a sua volta, incide su una misura cara all'Europa, il cosiddetto «output gap», che serve a determinare l'unico indicatore che Bruxelles guarda: il deficit strutturale. L'aumento dei disoccupati grazie ai Neet, insomma, farebbe ridurre il deficit strutturale mettendo automaticamente in regola l'Italia con le richieste dell'Europa".
Lezzi: "Siamo fiduciosi"
La questione del reddito di cittadinanza è stata affrontata dal ministro del Sud, Barbara Lezzi, in un'intervista al Corriere, che affronta, tra gli altri, il problema della non eccessiva popolarità che la misura avrebbe tra i cittadini, a giudicare dai sondaggi. "Sono convinta che la misura piacerà ovunque perché finalmente si sta guardando a chi ha di meno e si investe in formazione", replica Lezzi, "Il reddito non è assistenzialismo, ma un sostegno mentre si aiuta a reintrodurre nel mondo del lavoro chi ha avuto difficoltà". E i centri per l'impiego? "Finora non è stato fatto nulla per renderli efficienti, ci si è accontentati", è la risposta, "li stiamo rimettendo in moto, ma ovviamente non potranno essere subito efficienti. Ci vorrà un periodo di assestamento, ma siamo fiduciosi". E le famose "spese immorali"? "I giochi d'azzardo, ad esempio", ribatte il ministro, "si è fatta ironia su questo, ma è giusto perimetrare le spese". Farete una lista dei beni acquistabili?, chiede il Corriere. "Nessuna lista. Per ora i giochi sono esclusi".