AGI - Il governo dimezza le stime della crescita per il 2025. In compenso il deficit scenderà sotto al 3% già dal 2026, con il debito in frenata dall'anno successivo con l'attenuarsi del peso del Superbonus sui conti pubblici. Il Def approvato dal Cdm indica per quest'anno il Pil al +0,6% - nel Psb dello scorso autunno era a +1,2% - mentre per 2026 e 2027 ipotizza un aumento a +0,8%. La revisione al ribasso è stata influenzata da diversi fattori: la guerra commerciale in atto scatenata dagli Usa con i dazi globali reciproci, i conflitti in corso in Ucraina e Medio Oriente, i contraccolpi del caro energia sull'attività imprenditoriale, già frenata in Europa dalle difficoltà nella transizione e nella spesa dei fondi Pnrr. "Questo Def viene adottato in una situazione molto complessa sotto l'aspetto economico globale, tutto ciò rende molto complicate e difficili, persino aleatorie, le previsioni di lungo ma anche quelle di medio termine", sottolinea il ministro dell'Economia Giancarlo Giorgetti.
L'annuncio di una pausa dei dazi Usa di 90 giorni per trattare con le controparti, ad eccezione della Cina, arriva nel corso della conferenza stampa, Giorgetti specifica: "La previsione di crescita l'abbiamo già ridimensionata rispetto a quelli che erano i documenti di qualche giorno fa. Notizie come quella di poco fa potrebbero indurre al rialzo". Poi incalza le opposizioni: "In Parlamento qualcuno aveva chiesto stime fino al 2028, ma figuriamoci. Se riesco ad azzeccare il 2025 sono già un mago".
Impatto dei dazi
I dazi pesano, ma l'impatto è complesso da quantificare vista la volatilità dello scenario, con continui cambiamenti di scenario. "Abbiamo fatto delle analisi - rivela il titolare del Mef - ma è tremendamente complicato fare un calcolo dell'impatto su un paese esportatore come il nostro. Apparentemente in prima battuta siamo più danneggiati di altri Paesi, ma poi difficile da stimare e non è detto sarà così". Giorgetti conferma la linea imposta nei giorni scorsi di non cedere al panico di fronte all'impatto negativo dei dazi sui mercati.
"Non bisogna farsi prendere dalla frenesia, questo vale sia per le spese sulla difesa sia sui dazi. Prendo atto di questa iniziativa di Trump, che apprezzo, era quello su cui al G7 di Città del Capo avevamo chiesto si orientasse la nuova amministrazione americana. Bisogna capire gli impatti diretti, bisogna ragionare a mente fredda. Bisogna essere molto chirurgici negli interventi per essere anche molto efficaci". Il titolare del Mef poi rivendica che "come più volte ribadito, il profilo di finanza pubblica rispetto all'indebitamento netto si mantiene al 3,3% nel 2025, come previsto nel Psb, al 2,8% nel 2026, cioè sotto il 3%, e al 2,6% nel 2027". Ovvero che, attraverso un approccio prudente alla finanza pubblica, il governo sta mantenendo la traiettoria del rapporto deficit/Pil sotto al 3% pattuita con Bruxelles nel Piano struttura di bilancio. Il debito viene fissato al 136,6% nel 2025, al 137,6% nel 2026 e al 137,4% nel 2027 "quando finalmente l'effetto dei crediti del Superbonus tenderà a sgonfiarsi", argomenta il ministro.
Altri fronti aperti
I dazi non sono l'unico fronte aperto, c'è anche quello del possibile riarmo di cui discute la Ue. La decisione su un eventuale scostamento di bilancio dovrà essere presa in un prossimo Consiglio dei ministri ed entro il 30 aprile, secondo quanto trapela. Decisione anche politica perché servirebbe la maggioranza assoluta delle Camere. Anche se - confermano fonti informate sul dossier - potrebbe essere necessario utilizzare la clausola di salvaguardia ma la quantificazione dello scostamento potrebbe essere decisa in un secondo momento, a giugno. Per quanto riguarda il ricalcolo al ribasso delle stime del nuovo Def pesano le turbolenze internazionali ma le cifre sarebbero state calcolate di massima prima della 'bomba' dei dazi americani.
"L'aumento delle spese per la difesa chieste da Commissione Ue e Nato implicherà di fare delle scelte che in questo momento non si ritiene di adottare e saranno fatte nei tempi prescritti", ricorda il ministro dell'Economia. "C'è una sostanziale richiesta da parte della Commissione - aggiunge Giorgetti - di chiedere la clausola nazionale di eccezione rispetto agli indicatori, entro la fine di aprile. Quindi probabilmente in sede di risoluzione sul Def il Parlamento si dovrà esprimere, perché procedendo in quel senso si dovrà fare uno scostamento che prevede procedura rafforzata di votazione nelle due Camere".
Reazioni delle opposizioni
Le opposizioni attaccano: "Non è il nuovo Def ma il raggiro del Parlamento. Mentendo al paese dimezzano le stime di crescita, che non sono mai state reali. Senza le risorse del Pnrr saremmo in piena recessione", incalza il capogruppo del Pd al Senato Francesco Boccia. Mentre per il M5S: "Il nuovo DEF senza obiettivi programmatici, ma solo con proiezioni tendenziali, restituisce ugualmente lo strazio economico a cui il Governo Meloni sta sottoponendo il Paese. La crescita ormai si conferma assolutamente azzerata".