AGI - La guerra commerciale di Donald Trump rende nervosi e incerti i mercati man mano che si avvicina la data del 2 aprile, quando Washington annuncerà i suoi nuovi dazi, i quali potrebbero essere meno severi del previsto.
Secondo quanto riportato dai media nel fine settimana, Trump per quella data non imporrà dazi specifici per determinati settori, come auto, farmaci e chip, e dovrebbe limitare i suoi piani tariffari a circa il 15% delle nazioni che hanno squilibri commerciali persistenti con Washington, i cosiddetti "dirty 15", come li ha definiti la scorsa settimana il Segretario al Tesoro Scott Bessent. Secondo il Wall Street Journal si prevede che le nazioni prese di mira saranno simili a quelle indicate dal rappresentante commerciale degli Stati Uniti in una nota del Federal Register il mese scorso, che invitava a concentrarsi sulle nazioni del G-20 e dunque Australia, Brasile, Canada, Cina, Unione Europea, India, Giappone, Corea del Sud, Messico, Russia, Vietnam e altre.
Secondo fonti a conoscenza del piano, il 2 aprile l'amministrazione Usa potrebbe aumentare i dazi sui principali partner commerciali degli Stati Uniti a livelli mai visti da decenni e il team di Trump potrebbe rendere effettive le tariffe immediatamente per quella data, utilizzando l'autorità economica di emergenza del presidente, anche se ancora non sono state prese decisioni definitive. Oggi comunque il dollaro è in bilico e i listini asiatici viaggiano in un range ristretto, mentre i future a Wall Street sono in rialzo e quelli in Europa in ribasso.
Più in generale oggi i mercati sono in attesa degli indici Pmi delle principali economie, che gli investitori monitoreranno con attenzione, guardando in particolare al fattore prezzi e al settore manifatturiero dell’area euro, ancora in territorio di contrazione, ma in graduale recupero. A seguire, domani è in programma la pubblicazione della fiducia dei consumatori Usa, importante per verificare il sentiment dopo l’inatteso calo dello scorso mese e dopo la partenza altalenante dei dazi di marzo.
Rimanendo negli Usa, venerdì avremo i numeri sui redditi e sulle spese personali degli americani, ma soprattutto uscirà il deflatore del Pil, il cosiddetto Pce, che è la variabile di rifermento della Fed sui prezzi, per il quale si attende un lieve rialzo della parte 'core'. Oltre al deflatore, sempre sul fronte prezzi, mercoledì avremo l’inflazione del Regno Unito, attesa in lieve rialzo e venerdì usciranno i primi numeri sull’inflazione di marzo di Francia e Spagna.
In programma, sempre venerdì, anche l’inflazione di Tokyo, da monitorare perché, come al solito, anticiperà l’andamento dell’inflazione nipponica su base nazionale. Sul fronte banche centrali, sono previsti diversi interventi di banchieri Bce e Fed, mentre la banca centrale messicana giovedì deciderà sui tassi, molto probabilmente tagliandoli di 50 punti base.
“Questa settimana – commenta Vincenzo Bova, strategist di Mps – sarà una bella battaglia. La mia impressione è che i mercati continueranno a muoversi senza una direzione precisa. Proveranno a rimbalzare, perché i livelli di invenduto restano forti, ma non è detto che abbiano la forza per salire più di tanto, anche perché nei prossimi giorni, in attesa che Trump decida sui dazi, l’incertezza continuerà a prevalere”.
Più nel dettaglio oggi la Borsa di Tokyo chiude sotto la parità, dopo che a marzo i dati dell'indice Pmi giapponese hanno subito una contrazione. L'indebolimento dell'economia nipponica sta sollevando alcuni interrogativi su quanto margine di manovra avrà la Boj per continuare ad aumentare i tassi.
Intanto il listino di Shanghai arretra e anche Hong Kong è debole poiché l'ottimismo sugli ulteriori stimoli e sui passi in avanti dell'intelligenza artificiale cinese, hanno lasciato il posto alle prese di beneficio. Intanto Bloomberg ha riferito che Ant Group ha utilizzato chip sviluppati da Alibaba e Huawei Technologies, ottenendo risultati simili a quelli osservati con i chip sviluppati da Nvidia. La Borsa di Seul è in calo, dopo che la Corte costituzionale della Corea del Sud ha respinto l'impeachment del Primo ministro Han Duck-soo, reintegrandolo come presidente ad interim, un ruolo che gli era stato assegnato dopo che il presidente era stato sospeso per aver dichiarato la legge marziale.
L'indice del dollaro, che misura la valuta statunitense rispetto a un paniere di monete rivali è invariato, dopo aver toccato quota 104,22 venerdì per la prima volta dal 7 marzo. Il dollaro è stato sotto pressione per gran parte di quest'anno, poiché le ipotesi del mercato secondo cui Trump avrebbe introdotto politiche favorevoli alla crescita si sono trasformate nel timore che le politiche commerciali aggressive del presidente potessero innescare una recessione. Quest'anno il biglietto verde ha perso il 4% rispetto a un paniere di sei titoli simili, mentre l'indice blue chip S&P 500 è crollato di quasi il 4%, "una delle correzioni più rapide del mercato azionario statunitense dall'inizio degli anni '70", ha commentato Goldman Sachs.
Nel frattempo in Asia i prezzi del petrolio sono scesi mentre gli investitori valutano le prospettive dei colloqui di cessate il fuoco volti a porre fine alla guerra tra Russia e Ucraina, che potrebbero portare a un aumento delle forniture di petrolio russo sui mercati globali.
In Canada il primo ministro Mark Carney ha annunciato domenica che il 28 aprile si terranno le elezioni anticipate. Carney, ex governatore della Banca del Canada e della Banca d'Inghilterra, ha promesso un "taglio delle tasse per la classe media” e ha chiesto unità in tempo di crisi. La campagna elettorale vedrà contrapposti il 60enne Carney e il leader del partito conservatore Pierre Poilievre.
Oggi la settimana parte forte con gli indici Pmi
La nuova settimana parte col turbo, poiché già oggi usciranno i Pmi anticipatori delle principali economie mondiali, riferiti al mese di marzo.
L'attenzione dei mercati ovviamente in questa fase si rivolgerà soprattutto sulla componente prezzi degli indici, anche se, poiché i Pmi si basano sulle indicazioni delle aziende, i dati sui prezzi rifletteranno la tendenza aziendale ad anticipare i tempi e quindi a tener conto delle aspettative sui rialzi dei dazi più di quanto non facciano i dati reali dei prezzi alla produzione e di quelli al consumo.
Negli Usa i Pmi sono attesi in calo per quanto riguarda il settore manifatturiero, che comunque dovrebbe restare sopra 50 punti e quindi in espansione, mentre i Pmi servizi dovrebbero restare stabili sopra 51 punti.
Nell'Eurozona invece i Pmi dovrebbero migliorare leggermente sia per i servizi sia per il manifatturiero (con questi ultimi ancora sotto quota 50. "Questo significa - commenta Bova - che i dati dell'Eurozona potrebbero deludere più facilmente i mercati. Il Dax la scorsa settimana ha perso intorno all'1% e potrebbe iniziare male la nuova settimana".
Mercoledì e venerdì occhi su inflazione in Gb, Francia; Spagna e Tokyo
Mercoledì avremo l’inflazione del Regno Unito, attesa in lieve rialzo e venerdì usciranno i primi numeri sull’inflazione di marzo di Francia e Spagna. In programma, sempre venerdì, anche l’inflazione di Tokyo, da monitorare perché, come al solito, anticiperà l’andamento dell’inflazione nipponica su base nazionale.
Nel Regno Unito l'inflazione generale è attesa in lieve rallentamento, dal 3% al 2,9% annuale a febbraio. E il governatore della BoE Andrew Bailey ha giù detto che si tratta di una frenata di entità troppo lieve per incidere sull'andamento dei tassi, che giovedì scorso sono stati lasciati fermi al 4,5% e che gli analisti prevedono dovrebbero scendere a maggio e poi ad agosto e a novembre.
In Francia l'inflazione preliminare dovrebbe salire leggermente dall'0,8% annuale all'1% a marzo e in Spagna dovrebbe invece scendere dal 3% al 2,7%. "In Europa - spiega Bova - l'effetto dazi non ci dovrebbe essere, perché nei prezzi al consumo ci mette di più a essere incorporato, rispetto ai Pmi, che invece sono calcolati sulla base delle aspe4ttative aziendali".
Negli Usa riflettori puntati su Pce e fiducia consumatori
Martedì è in programma la pubblicazione della fiducia dei consumatori Usa, importante per verificare il sentiment dei consumatori dopo l’inatteso calo dello scorso mese e dopo la partenza altalenante dei dazi di marzo.
Il dato sulla fiducia è quello del Conference Board che è previsto in calo, da 98,3 a 94 punti a marzo. Le due componenti dell'indice da tener d'occhio saranno quella sulle aspettative di inflazione e quella sul mercato del lavoro che si sta deteriorando.
Rimanendo negli Usa, venerdì avremo i numeri sui redditi e sulle spese personali degli americani, ma soprattutto uscirà il deflattore del Pil, il cosiddetto Pce, che è la variabile di rifermento della Fed sui prezzi, per il quale si attende un lieve rialzo della parte 'core'.
Le case automobilistiche aumentano le spedizioni negli Usa prima delle nuove tariffe
Le case automobilistiche internazionali si stanno affrettando a spedire veicoli e componenti principali negli Stati Uniti prima del nuovo giro di dazi di aprile. Lasse Kristoffersen, amministratore delegato della Wallenius Wilhelmsen, la principale compagnia di trasporto di veicoli, ha dichiarato al Financial Times che "il volume proveniente dall'Asia è maggiore di quello che riusciamo a gestire dai nostri clienti". La Wallenius Wilhelmsen ha notevolmente aumentato le proprie capacità e l'aumento, ha precisato Kristoffersen, sarebbe maggiore se non fosse per la carenza di navi per il trasporto di auto nel settore.
Trump ha affermato che i dazi "reciproci" sui partner commerciali degli Stati Uniti entreranno in vigore il 2 aprile, lo stesso giorno in cui scade la sospensione di 30 giorni dell'impegno del presidente di imporre dazi del 25% sulle importazioni da Messico e Canada.
Le case automobilistiche sudcoreane Hyundai e Kia sono tra quelle che stanno cercando di spedire più veicoli negli Stati Uniti prima della nuova scadenza tariffaria, secondo un altro dirigente del settore delle spedizioni. "Ottimizziamo costantemente i nostri piani di spedizione per adattarci alle condizioni di mercato", ha detto Hyundai.
A febbraio si è registrato un aumento del 22% anno su anno nelle spedizioni di veicoli dall'Ue agli Usa, mentre quelle dal Giappone sono aumentate del 14% e quelle dalla Corea del Sud al Nord America del 15%. Stian Omli, vicepresidente senior di Esgian, una piattaforma che monitora i trasporti di auto, ha rivelato che si è verificato un "notevole aumento" delle navi dirette dall'Europa agli Stati Uniti. "C'è un aumento dall'Europa e probabilmente presto vedremo un aumento dall'Asia orientale", ha commentato, aggiungendo che le imbarcazioni dovevano completare il loro viaggio per essere conteggiate.
Anche le aziende che producono auto e componenti in Messico e Canada si stanno preparando alle tariffe sulle importazioni negli Stati Uniti. Honda sta cercando di anticipare le spedizioni da questi due paesi, mentre il proprietario di Chrysler e Jeep Stellantis ha dichiarato che i produttori di prodotti elettronici utilizzati nelle automobili, come gli impianti stereo, li stanno "cercando di accumularne di più negli Stati Uniti".
Sebbene il rinvio di 30 giorni dei dazi abbia dato alle case automobilistiche più tempo per spedire le scorte negli Usa, Cody Lusk, amministratore delegato dell'American International Automobile Dealers Association, ha affermato che l'incertezza maggiore riguarda la durata dei dazi e a chi verranno applicati. "Stiamo tutti in attesa", ha detto Lusk. "Ogni paese verrà trattato in modo diverso, o saranno tutti uguali?".
La Cina fa sapere di essere pronta a qualsiasi "shock inaspettato"
La Cina ha dichiarato di essere pronta a qualsiasi "shock inaspettato", prima che il presidente degli Stati Uniti Donald Trump imponga dazi più elevati. Lo ha detto il premier Li Qiang, responsabile dell'economia cinese, ai leader imprenditoriali stranieri riuniti domenica a Pechino, aggiungendo che l'incertezza e l'instabilità sono in aumento, ma che la Cina sceglierà di rimanere sulla "strada corretta" della globalizzazione e del multilateralismo.
Pechino prevede che gli Stati Uniti imporranno ulteriori dazi sulle importazioni dalla Cina il 2 aprile, quando sveleranno i “dazi reciproci” sui Paesi di tutto il mondo, dopo aver già imposto un ulteriore dazio del 10% sui beni provenienti dalla Cina, per un totale del 20%.
Il tono cauto del premier cinese giunge in un momento in cui Pechino cerca di migliorare il sentiment dei consumatori e degli investitori, preparando nel contempo possibili misure di ritorsione contro futuri dazi e sanzioni statunitensi.