AGI - Il voto dei governi Ue sulla proposta della Commissione d'imporre dazi definitivi sulle auto elettriche importate dalla Cina ha mostrato chiaramente i timori delle ritorsioni commerciali di Pechino. E se è vero che in attesa dell'entrata in vigore della maggiorazione delle tariffe (entro novembre) il dialogo col Dragone continua per cercare una soluzione politica, è anche vero che Pechino ha già messo a punto una strategia per aggirare i dazi anti-dumping europei producendo in loco.
Le cinesi Byd e Chery hanno infatti già messo fisicamente un piede in Europa per evitare l'impennata delle tariffe doganali: Byd sta realizzando un impianto in Ungheria, che dovrebbe essere pienamente operativo all'inizio del 2027, mentre Chery ha siglato un accordo con la spagnola Ev Motors per la riapertura, tra un anno, dell’ex stabilimento della Nissan nella Zona Franca di Barcellona, dove dal 1954 al 1987 venivano prodotti veicoli commerciali e agricoli della Ebro. Non è un caso che venerdì scorso al tavolo del Comitato difesa commerciale (Tdi) a Bruxelles la Spagna abbia guidato i dodici Paesi che si sono astenuti dal voto, mentre l'Ungheria è stata tra i cinque contrari (capitanati dalla Germania).
“Non abbiamo bisogno di una nuova guerra, in questo caso una guerra commerciale”, affermava meno di un mese fa da Pechino il presidente del governo spagnolo, Pedro Sánchez. E il suo dietrofront ai nuovi dazi non stupisce, visto che la Spagna è il secondo produttore di auto in Europa (dopo la Germania), grazie anche agli investimenti dei tedeschi. Inoltre, gli spagnoli sono i maggiori esportatori europei di carne suina, bene che rischia di essere incluso tra le possibili ritorsioni commerciali cinesi. D'altro canto, Chery è il principale esportatore di veicoli dalla Cina da oltre due decenni (937.148 milioni di unità nel 2023). Con oltre 80.000 dipendenti, di cui 5.500 dedicati alla ricerca e allo sviluppo, ha un fatturato di oltre 41,7 miliardi di euro.
La joint venture tra Chery ed Ev Motors punta a riportare in vita il marchio Ebro per una gamma di nuova generazione a basso impatto ambientale, come previsto dal piano industriale del governo catalano. Con un investimento di 400 milioni di euro, il sito dovrebbe avviare la produzione a ottobre 2025.
Ed entro quattro anni arrivare a produrre 150mila veicoli.
L'impianto di auto elettriche di Byd Auto Hungary (società registrata con un capitale azionario di 192 miliardi di fiorini ungheresi, circa 501 milioni di euro, ovvero il doppio del budget annuale della città) sorgerà a Szeged, nell'Ungheria meridionale. I primi due capannoni della fabbrica sono in costruzione in un parco industriale di 300 ettari alla periferia della città. "Il governo si è impegnato a spendere 47-48 miliardi di fiorini (122-125 milioni di euro) per lo sviluppo delle infrastrutture e ha anche promesso aiuti di Stato", ha riferito Gergely Gulyás, ministro dell'ufficio del primo ministro. Secondo i media ungheresi, la produzione nello stabilimento inizierà gradualmente già nella seconda metà del prossimo anno, con la piena operatività prevista nel 2027.
Lo scorso inverno Orban ha incontrato a Budapest i vertici dell'azienda fondata a Shenzhen. "L'investimento multimiliardario promette un cambiamento tecnologico, creando migliaia di posti di lavoro e beneficiando i fornitori locali - spigava in quell'occasione il portavoce del governo ungherese, Zoltan Kovacs, sui canali social - le parti hanno sottolineato come l'Ungheria sia da anni la principale destinazione di investimento della Cina nell'Europa centrale e orientale".
Byd ha superato per la prima volta la statunitense Tesla nelle vendite di veicoli elettrici; il sorpasso, segno della crescente forza della Cina nel settore, è avvenuto nell'ultimo trimestre del 2023.