AGI - La notizia che QatarEnergy, il secondo esportatore mondiale di gas naturale liquefatto, ha smesso di inviare navi cisterna attraverso il Mar Rosso, mette in allarme gli osservatori internazionali. Non è la prima: già molte altre compagnie hanno deciso di evitare la principale rotta commerciale est-ovest del mondo a causa degli attacchi del gruppo Houthi dello Yemen, sostenuto dall'Iran. Ma senza dubbio l'intensificarsi della tensione nel Mar Rosso, in una parte di rotta che rappresenta circa il 12% del traffico marittimo, sta sollevando lo spettro di un'altra interruzione del commercio internazionale dopo lo sconvolgimento della pandemia Covid-19.
Al momento i riflessi sui prezzi delle materie prime non sono preoccupanti: le elevate scorte in Europa e in Asia settentrionale limitano la domanda e dovrebbero frenare la crescita dei prezzi spot. Dopo l'impennata dei giorni scorsi, i prezzi del petrolio sono in calo a causa dell'impatto limitato del conflitto mediorientale sulla produzione che ha spinto a prendere profitto. Finora non ci sono state perdite di fornitura di petrolio, ma secondo gli analisti di Citi l'interruzione del trasporto marittimo sta indirettamente restringendo il mercato, costringendo i container a viaggi più lunghi per evitare il Mar Rosso.
Secondo gli analisti, l'entità dell'impatto sui prezzi sarà determinata dalla durata delle interruzioni del trasporto marittimo a seguito degli attacchi degli Houthi. L'opinione comune è improbabile che cambi molto, a meno che la situazione non si protragga per più di un paio di settimane.
Finora la Porta delle Lacrime (così detta per le sue condizioni di navigazione pericolose) è stata una delle rotte commerciali più importanti del mondo. Bab al-Mandab, nel mar Rosso, è famosa per essere stata il luogo del blocco navale di Israele da parte dell'Egitto nella guerra dello Yom Kippur del 1973 ed è lo sbocco meridionale del Mar Rosso, situato tra lo Yemen, nella penisola arabica, e Gibuti ed Eritrea, sulla costa africana, utilizzata soprattutto per il trasporto di petrolio greggio e carburante dal Golfo verso il Mediterraneo attraverso il Canale di Suez o l'oleodotto Sumed sulla costa egiziana del Mar Rosso, nonchè di merci dirette in Asia, tra cui il petrolio russo.
Larga 18 miglia (29 km) nel suo punto più stretto, transitano per questa 'porta' circa 7,8 milioni di barili al giorno di greggio e carburante (nei primi 11 mesi dello scorso anno). Questo perchè quello del Mar Rosso, connettendo Asia, parte dell'Africa ed Europa, ricopre l'11% del traffico globale, corrispondente a circa 19.000 navi all'anno. Solo il 12% del petrolio complessivo del mondo scambiato via mare nella prima metà del 2023 e l'8% del commercio di Gnl sono passati attraverso Bab al-Mandab, l'oleodotto SUMED e il Canale di Suez.
In particolare poi il Qatar, assieme agli Usa e alla Russia, è lo spedizioniere più attivo di Gnl attraverso Suez dall'Oriente all'Europa, anche se fornisce solo il 5% circa delle importazioni nette dell'UE e del Regno Unito. Per quanto riguarda il GNL destinato all'Asia, il Qatar è in testa, seguito dagli Stati Uniti che recentemente hanno utilizzato il Canale di Suez come alternativa al Canale di Panama.
In realtà gli effetti del conflitto sul traffico si stanno facendo sentire già da diversi mesi: secondo dati di Lloydslist, il traffico navale nel Mare Rosso è sceso, nell'ultima settimana del 2023 del 20%, con 315 unità a fronte delle 385 dello stesso periodo del 2022.
Molte compagnie di shipping sono state costrette a intraprendere la più lunga rotta per il Capo di Buona Speranza con un allungamento dei tempi (ci sono 3.500 miglia nautiche in più da percorrere) e di conseguenza un aumento dei costi. L'alternativa al Mar Rosso, infatti, sarebbe quella di circumnavigare il continente africano da Sud e, per quanto questa rotta abbia visto un incremento pari al 33,2%, essa comporta ben dieci giorni in più di viaggio, che finirebbero per forza di cose a incrementare il prezzo delle merci.
Le deviazioni del Mar Rosso hanno aggiunto fino a due settimane a ogni viaggio tra l'Asia e l'Europa settentrionale, oltre al normale tempo di percorrenza di circa 35 giorni. E tale cambio di modalità di trasporto, dovuto principalmente alla decisione delle grandi compagnie di navigazione di inviare le navi intorno al Capo di Buona Speranza, ha contribuito a far lievitare i costi del trasporto aereo.
I dati parlano chiaro: il traffico di navi container attraverso la foce del Mar Rosso nella prima settimana di gennaio è diminuito del 90% rispetto all'anno precedente. Ad aumentare l'affanno per i commercianti via mare, anche la situazione del Canale di Panama, una rotta fondamentale tra l'Asia e la costa orientale degli Stati Uniti, la cui capacità è stata fortemente ridotta a causa della siccità che ha abbassato il livello dell'acqua nel canale.
Se il conflitto dovesse prollungarsi, gli analisti sostengono che sia inevitabile che le catene di approvvigionamento risentano del dirottamento delle navi dal Mar Rosso, e gli analisti sostengono che soprattutto in caso di prolungamento del conflitto, saranno i beni di consumo a subire l'impatto maggiore. Si innescherebbe inoltre un circolo vizioso visto che a distanza in più costerà anche alle aziende e tali costi aggiuntivi potrebbero essere trasferiti dalle aziende ai clienti. Di conseguenza, anche l'inflazione salirà. E saremmo punto e daccapo.