AGI - L'Italia è soltanto uno degli ultimi Paesi in Europa ad aver introdotto una tassa sugli extra-profitti delle banche per aiutare i titolari di mutui. Dalla Spagna alla Lituania, dalla Repubblica ceca alla Svezia, sono tanti gli esecutivi che hanno deciso di intervenire sul boom di utili determinato dall'aumento dei tassi d'interesse avviato dalla Bce per raccogliere soldi da destinare a famiglie e imprese in difficoltà. E anche dove l'imposta non è stata introdotta il dibattito pubblico non ha mancato di soffermarsi sul tema, come in Gran Bretagna o in Francia, dove esistono pero' altre misure a tutela dei possessori di mutui e dei correntisti. -
Spagna
L'obiettivo del governo è raccogliere 3 miliardi di euro entro il 2024 dalla tassa sulle banche approvata lo scorso anno. Il balzello impone un onere del 4,8% sul reddito netto da interessi e da commissioni nette al di sopra degli 800 milioni di euro. La prima rata è stata pagata a febbraio e a essere colpiti sono stati soprattutto gli istituti di credito che si concentrano sul mercato domestico. CaixaBank, il più grande istituto di credito spagnolo per depositi, ha dichiarato che l'imposta è costata 373 milioni di euro, pari al 44% dell'utile netto di 855 milioni di euro registrato nel primo trimestre. La percentuale è stata ancora più alta per Sabadell, che possiede la banca britannica Tsb ma ha la maggior parte delle sue attività in Spagna. L'esborso è stato di 157 milioni di euro, pari al 77% dell'utile del primo trimestre. Le due maggiori banche spagnole per capitalizzazione di mercato, Santander e Bbva, che hanno operazioni internazionali molto più ampie, sono state invece colpite meno.
Francia
Emmanuel Macron ha dichiarato che le aziende con più di 5.000 dipendenti dovrebbero condividere maggiormente i loro profitti "eccezionalmente elevati" con i dipendenti, invece di procedere a buyback. Il presidente ha pero' anche escluso la possibilità di una tassa sugli extra-profitti. Va tuttavia segnalato che le banche francesi sono soggette a una legge antiusura che limita il ritmo di crescita trimestrale del costo dei prestiti. La Francia ha anche un programma di risparmio regolamentato, che rappresenta poco meno del 20% dei depositi bancari, con un rendimento legato all'inflazione che si adegua più rapidamente dei tassi sui prestiti.
Gran Bretagna
Londra non ha introdotto una tassa sulle plusvalenze bancarie, ma dal 2011 applica un'imposta sugli attivi del bilancio globale degli istituti britannici e a quelli collegati alle operazioni in Gran Bretagna di banche straniere
Germania
Il reddito netto da interessi delle banche tedesche è aumentato tra il 50% e il 70% rispetto ai minimi dell'era Covid. Il balzo ha acceso un ampio dibattito pubblico sulla possibilità di tassare gli extra-profitti, ma il ministro delle Finanze, Christian Lindner, ha escluso un intervento.
Repubblica Ceca
La Camera bassa del Parlamento ceco ha approvato a novembre una tassa del 60% sui profitti delle banche che superano il 120% del fatturato medio annuo tra il 2018 e il 2021. L'obiettivo è raccogliere circa 3,5 miliardi di euro per finanziare gli aiuti alle famiglie e alle imprese colpite dall'impennata dei prezzi di elettricità e gas.
Ungheria
In un decreto pubblicato a giugno, il governo ungherese ha modificato le imposte sugli extra-profitti nei settori chiave dell'economia, stabilendo che le banche possono ridurne fino al 50% il peso nel 2024 se aumentano gli acquisti di titoli di Stato domestici. L'esecutivo ha inoltre imposto una nuova "tassa sociale" del 13% su alcuni tipi di investimenti, tra cui anche i guadagni sui tassi di interesse dei depositi bancari.
Lituania
Il Parlamento lituano ha approvato a maggio una tassa sul reddito netto da interessi del settore bancario per il 2023 e il 2024. L'imposta è pari al 60% sulla parte del reddito netto da interessi che supera del 50% la media dei quattro anni precedenti. L'incasso è stimato in 410 milioni di euro e sarà utilizzato per potenziare le forze armate.
Svezia
il governo svedese ha introdotto a gennaio una "tassa sul rischio" per gli istituti con passività legate alle operazioni domestiche superiori a 150 miliardi di corone svedesi (14,1 miliardi di dollari). I soldi incassati serviranno a rafforzare le finanze pubbliche e creare spazio per coprire i costi di un'eventuale crisi finanziaria. L'imposta è pari allo 0,05% delle passività nel 2022 e sale allo 0,06% nel 2023. Stoccolma prevede di raccogliere 6 miliardi di corone svedesi all'anno.