AGI - "Già provate da inflazione e rincari delle bollette, le famiglie italiane devono fare i conti con una nuova stangata che si è abbattuta sulle loro tasche: il costo del denaro portato giovedì al 4,25% dalla Banca centrale europea".
Lo afferma la Fabi secondo cui l'analisi dei tassi per classe dimensionale dei mutui ipotecari rispetto a fine 2021 e 2022 mostra "un quadro drammatico, quasi comparabile a uno shock finanziario per gli italiani con mutui a tasso variabile o per quelle persone che intendono ancora acquistare casa".
La rincorsa dei prezzi dei mutui
Nel corso di 12 mesi, infatti, la strategia di raffreddamento dell'inflazione da parte della Bce ha surriscaldato il portafoglio delle famiglie italiane indebitate. Per tutte le categorie di importo dei mutui per acquisto di abitazioni, la rincorsa dei prezzi ha seguito l'andamento dei tassi della Bce.
Tutti i clienti - sottolinea la federazione dei bancari - hanno subito una crescita in media di 240 punti base, con tassi che hanno avuto una crescita esponenziale e che superano il 4,5% in alcune aree del Paese. Nel mese di marzo 2023, per i mutui fino a 125 mila euro il tasso medio sul totale dei prestiti è salito in Italia al 4,47%, al 4,09% per la classe di mutui fino a 250 mila euro e, infine, al 3,74% per importi superiori a 250 mila euro.
Le stesse famiglie, a fine 2021, pagavano in media un tasso compreso tra l'1,49% dei prestiti superiori a 250 mila euro, dell'1,71% per quelli di importo compreso fra 125 mila e 250 mila euro e l'1,87% per i mutui di importo più contenuto.
L'aumento dei tassi si è mangiato un punto percentuale degli stipendi
Si tratta di dati medi, aggiornati a marzo scorso, quando il costo del denaro era ancora al 3,5%: gli ulteriori 0,75 punti "aggiunti" nei messi successivi comporteranno gioco-forza nuovi incrementi degli interessi applicati ai mutui su tutto il territorio nazionale, rendendo ancora più grave la fotografia scattata. Secondo la Fabi, sul mercato, oggi, i tassi dei mutui hanno già ampiamente superato, in alcuni casi, la soglia del 6%.
Per la Fabi, un punto percentuale degli stipendi delle famiglie italiane è "mangiato" dai tassi d'interesse sui debiti, dai mutui ai prestiti fino al credito al consumo. La quota delle rate rispetto al reddito disponibile è passata dal 9,50% del 2019 al 10,55% di marzo scorso e, visti i successivi aumenti del costo del denaro, questa percentuale, è destinata salire: aumenterà ancora - osserva lo studio - l'incidenza della spesa per interessi sul reddito disponibile.
"Del resto - fa notare la Fabi - la calda estate dei tassi è ormai nel pieno e se c'e' ancora spazio per porre fine alla corsa sfrenata verso l'alto, non si fa più in tempo a correre ai ripari dall'erosione del reddito. Se, infatti, il peso degli interessi continua a togliere il fiato a chi deve rimborsare un debito a tasso variabile e inibisce chi deve accenderne uno nuovo, con l'aumento del costo del denaro le famiglie rischiano di diventare sempre più poveri".
Il conflitto tra Bce e inflazione lascia cicatrici finanziarie
L'analisi dell'andamento della spesa per gli interessi delle famiglie italiane negli ultimi anni non si esaurisce solo in un aumento delle rate ma restituisce qualcosa di molto più grave. Solo alla fine dei primi tre mesi del 2023 il costo del debito ha raggiunto una percentuale pari al 10,55% rispetto al reddito disponibile, a fronte del 9,50% di fine 2019. Nei cinque anni osservati, Fabi rileva una progressiva salita di questo indicatore che nel 2020 era al 9,75%, nel 2021 al 10,20% e nel 2022 al 10,40%.
"Nell'arco temporale in esame, il conflitto aperto tra la Banca centrale europea e l'inflazione ha quindi "mangiato" - conclude la Fabi - un punto di reddito disponibile delle famiglie italiane e, se le cattive notizie non sono finite, le decisioni di politica monetaria non smetteranno di incidere sul benessere delle famiglie italiane e di lasciare importanti cicatrici finanziarie".