AGI - L'Europa si deve dotare di nuove regole che le consentano di affrontare shock comuni piuttosto che, come accaduto nel passato, singole crisi. Lo ha affermato l'ex presidente del Consiglio italiano ed ex presidente della Bce, Mario Draghi, ospite alla Martin Feldstein Lecture del Nber (National Bureau of economic research). Rispetto al passato, ha evidenziato, "la natura degli shock che stiamo affrontando sta cambiando. Con la pandemia, la crisi energetica e la guerra in Ucraina, ci troviamo sempre più di fronte a shock comuni e importati piuttosto che a shock asimmetrici, creati internamente. Ciò sposta il problema dal sostenere gli stati in difficoltà all'affrontare sfide condivise, creando cosi' un diverso allineamento delle preferenze politiche".
E ancora: "Se il grado di convergenza all'interno dell'area dell'euro è più alto, la frequenza degli shock asimmetrici è minore e il finanziamento comune di obiettivi condivisi aumenta, più rari diventeranno i casi in cui una capacità fiscale sarà davvero necessaria". Sono necessarie, ha sottolineato Draghi, "regole che facilitino il massiccio fabbisogno di investimenti di cui abbiamo bisogno. E dobbiamo garantire la credibilità a medio termine delle politiche fiscali nazionali in un contesto di livelli di debito post-pandemia molto elevati".
"Allo stesso modo - ha evidenziato Draghi - l'Europa non ha mai affrontato, fino a oggi, così tanti obiettivi sovranazionali condivisi, obiettivi che non possono essere gestiti da Paesi che agiscono da soli. Stiamo attraversando una serie di grandi cambiamenti che richiederanno ingenti investimenti comuni. La Commissione europea stima il fabbisogno di investimenti per la transizione verde a oltre 600 miliardi di euro all'anno fino al 2030, e tra un quarto e un quinto di questi dovrà essere finanziato dal settore pubblico".
"Stiamo", inoltre, "affrontando una transizione geopolitica, guidata dal disaccoppiamento Usa-Cina, nella quale non potremo più fare affidamento su paesi ostili per le forniture critiche. Ciò richiederà un sostanziale riorientamento degli investimenti verso lo sviluppo di capacità in patria o con i partner. E mai nella storia dell'Ue i suoi valori fondanti di pace, democrazia e libertà sono stati messi in discussione tanto quanto dalla guerra in Ucraina. Una conseguenza immediata è che dobbiamo compiere una transizione verso una difesa comune europea molto più forte se vogliamo, come minimo, raggiungere l'obiettivo di spesa militare della Nato del 2% del Pil", ha osservato l'ex premier.