AGI - La finanza comportamentale ha fatto un paio di passi in avanti e ha generato la neurofinanza. Per renderla semplice: dalle reazioni di una persona di fronte a una scelta si carattere finanziario - investire, disinvestire, abbandonare - si è passati a esaminare quali sono le reazioni che ha il cervello di quella persona. Quali meccanismi si mettono in movimento, quali aree si 'accendono', quali stimoli arrivano al corpo.
Se ne è parlato a Roma nel Nuovo Teatro Ateneo, all’interno della città universitaria di Sapienza, in occasione del terzo appuntamento del Foyer Finanziario.
Nato da un’idea di Mario La Torre, Ordinario presso l’Università La Sapienza - e promosso dal Center for Positive Finance di Sfide (School of Financial Cooperation and Development) di UnitelmaSapienza, è un workshop scientifico che ha lo scopo di divulgare i risultati di ricerche e studi in materia economico-finanziaria a un pubblico ampio, inclusi i policy makers.
Il dibattito sui temi della neurofinanza, moderato dal giornalista dell'AGI Ugo Barbara, ha visto intervenire Maria Gabriella Ceravolo (Presidente BrainLine Association), Stefano Moriconi (Consiglio Superiore di Sanità), GianMario Raggetti (Direttore scientifico BrainLine Association), Tiphaine Saltini (Neuroprofiler).
Si è parlato di come le metodiche usate per le indagini neurobiologiche siano utili per comprendere meglio il ruolo del cervello nel comportamento degli investitori. I quattro relatori hanno chiarito i concetti chiave della neuroeconomia che studia il funzionamento della mente umana in relazione ai processi decisionali che intervengono nelle scelte di investimento e risparmio.
Per Ceravolo “il nostro cervello ha sviluppato durante la nostra esistenza delle euristiche che lo aiutano a selezionare quegli aspetti che provocano degli allarmi. Il nostro cervello non prende decisioni se non ci sono emozioni. Tutto quello che precede la parte di una decisione è un processo automatico del nostro cervello; la neuroscienza sta studiando questi meccanismi nelle decisioni di investimento e negli orientamenti al risparmio”
Per Raggetti: “la neuroeconomia studia il comportamento dell’uomo quando avverte il bisogno di un bene o di un servizio. Partendo da quanto ci ha insegnato la finanza comportamentale, chi si occupa di neuroeconomia, abbandona il modello dell’uomo economico per studiare l’acquirente/investitore e le sue emozioni e si avvale di metodologie e strumentistiche della scienza medica”.
Stefano Moriconi ha ricordato come: “La neuroetica sia nata intorno ai primi anni 2000 quando si è cominciato a riflettere sul ruolo delle neuroscienze nella tutela dei consumatori e degli investitori. E’ importante, in tale contesto, immaginare regole per evitare possibili “manipolazioni” dei soggetti che devono operare scelte finanziarie”.
Tiphaine Saltini ha sottolineato come sia importante introdurre nei modelli di profilatura della clientela – richiesta dalle direttive europee – anche elementi tipici della neurofinanza: “le nostre applicazioni, peraltro, stanno evidenziando come, proprio in base a tali elementi, gli investitori sembrano mostrare maggiore prudenza quando si rivolgono a un consulente, mentre appaiono più orientati al rischio se basano le scelte di investimento su indicazioni degli algoritmi costruiti con l’intelligenza artificiale”.
La Torre ha concluso evidenziando l’importanza di proseguire su un filone di ricerca interdisciplinare, quale la neurofinanza è, per consolidare evidenze scientifiche che possano sostenere, con maggiore forza, il nuovo approccio allo studio dell’economia e della finanza che mette definitivamente in pensione il modello retrò dell’uomo economico.