AGI - L'effetto più dirompente del rialzo dei tassi, ossia il freno agli investimenti delle imprese e ai risparmi delle famiglie, deve ancora farsi sentire. Il Centro Studi Confindustria spiega che l'aumento del costo del denaro si riverbera, gradualmente, sul canale del credito: che diventa più caro e meno accessibile. E "l’impatto in Italia è stimato dispiegarsi pienamente con un ritardo di circa un anno".
L'effetto più evidente? La ripresa economica non ci sarà quest'anno ma è rinviata al 2024.
Quanto alla politica monetaria delle banche centrali, gli industriali spiegano che l'intenzione è quella di stroncare del tutto la fiammata dei prezzi, per evitare che si propaghi al fienile e così lo scenario economico deve fare i conti non solo con tassi così alti ma anche con la possibilità che i rialzi proseguano. Ma se il loro livello sale troppo nell’Eurozona, che è un’unione monetaria e non un paese federale, può determinare rischi maggiori che negli USA (frammentazione, instabilità finanziaria), anche oltre il freno posto alla crescita economica.
Dopo le ultime decisioni della Bce, i rischi appaiono "più bilanciati". Quando il lungo percorso di moderazione dell’inflazione sarà arrivato vicino all’obiettivo, prosegue il Centro studi di viale dell'Astronomia,le banche centrali avranno la possibilità di allentare un po’ la stretta. Le aspettative di inflazione sono in progressiva decelerazione e nello scenario di previsione si include un’inversione di rotta dei tassi verso la fine di quest’anno, senza rialzi ulteriori almeno in Europa fino ad allora (in linea con le attese dei mercati): ma il taglio è atteso significativo solo negli USA, molto meno nell’Eurozona.
Quindi, la policy monetaria per l’Italia e gli altri paesi dell’area resterà restrittiva anche il prossimo anno.
Inoltre dato che la stretta della Bce è stata avviata a metà del 2022, il freno alla crescita morderà sul PIL italiano soprattutto nella seconda metà di quest’anno. I tassi pagati dalle imprese italiane hanno già subito un forte aumento: +2,60 punti fino a inizio 2023, in media. E il costo del credito sembra destinato a salire ancora, sulla scia degli ultimi rialzi della Bce. Ciò peggiora la situazione finanziaria delle aziende, perché (a parità di indebitamento) accresce il peso degli oneri finanziari e scoraggia i progetti di nuovi investimenti. Lo stesso avviene per le famiglie e gli interessi sui mutui variabili.
Secondo le previsioni del CSC, l’andamento del PIL italiano nel 2023 (+0,4%) è in netto rallentamento rispetto alla media del 2022. Ma è più favorevole di quanto ipotizzato appena qualche mese fa, quando si prevedeva una variazione annua nulla dell’economia italiana. Nel 2024, invece, grazie al rientro dell’inflazione, alla politica monetaria meno restrittiva e alla schiarita nel contesto internazionale, si registrerà una dinamica migliore anche in Italia (+1,2% annuo).