AGI - Il Made in Italy, unico al mondo per manifattura e artigianato, è, oltre che un vero e proprio brand, un ‘prodotto’ tangibile, realizzato da chi lo crea: i lavoratori. E proprio di lavoro e occupazione ha parlato, durante il suo intervento a Future for Fashion 2023, Sergio Tamborini, presidente di Sistema Moda Italia. Rivolgendosi al ministro dell’Industria e del Made in Italy Adolfo Urso, in prima fila nella Sala Bianca di Palazzo Pitti, Tamborini ha sottolineato la necessità di potenziare l’occupazione, toccando il tema dell’immigrazione.
“Abbiamo un'occasione di reindustrializzare, per quanto riguarda il tessile-abbigliamento, il sud dell'Italia con un'industria leggera, la confezione, che può sostenere l'industria pesante, quindi la filatura, la tessitura, la nobilitazione, che sono le industrie presenti che stanno soprattutto al nord - ha spiegato Tamborini - e sono investimenti leggeri, ma che possono portare una quantità di occupazione particolarmente significativa. Certo che poi l’occupazione bisogna averla anche disponibile. Da questo punto di vista il nostro inverno demografico non è che ci aiuti in termini di prospettiva, è un altro tema importante. Quindi dobbiamo abituarci anche a pensare che dovremo importare dei lavoratori: quindi l'immigrazione, che è un tema che conosciamo benissimo; però forse dobbiamo cominciare a importarla partendo da quei paesi, o anche usando quei paesi come base di produzione, soprattutto quelli del Nord Africa. In Tunisia ci sono più aziende italiane, soprattutto del tessile, che non aziende francesi: è una ex colonia francese, ma in realtà è colonizzata dagli italiani oggi, ed è un bacino importante”.
Occupazione, ma anche la necessità di nuove politiche industriali. “Non credo di dire nulla di strano: a parte il piano di Industria 4.0, una politica di sviluppo per le industrie in Italia è mancata per tantissimi anni, e non parliamo di quella energetica - ha detto il presidente di Sistema Moda Italia - sicuramente una politica industriale è necessaria per sostenere poi questo movimento: abbiamo parlato di eccellenze, ma sono la punta di un iceberg sotto al quale ci sono grandi capacità manifatturiere di piccole e grandi dimensioni, dove sono importanti entrambe. Le piccole dimensioni da sole poi rischiano di essere abbandonate, di non avere la forza di andare avanti, quindi abbiamo bisogno sicuramente di una politica, e di una stabilità in questa politica, cosa che ci è mancata sicuramente in questi anni. E abbiamo bisogno di una presenza forte, perché noi parliamo sempre da italiani, però il 70% delle regole che poi dobbiamo osservare arrivano dall'Europa, e in Europa siamo stati sempre abbastanza assenti, sia come imprenditori nei tavoli in cui bisognava dettare delle regole e fare delle lobby in modo corretto, e lo siamo stati anche come politica".
"Poi all'ultimo momento ci accorgiamo che c'è qualcosa che non va bene e proviamo a intervenire in qualche modo", ha concluso Tamborini, "qualcun altro invece fa del metodo la sua presenza, e questo poi marca un po' le distanze in Europa. Al centro della politica europea per anni c'è stato il consumatore, c’era la richiesta di avere sempre un prezzo allo scaffale che fosse il più basso possibile, e che ha innestato un processo poi di delocalizzazione e quant'altro. Il manifatturiero in quello non c'ha guadagnato. Poi ce ne siamo accorti dopo, che senza manifattura poi il sistema non sta in piedi. Se l'avessimo detto un po' prima, o avessimo fatto la voce grossa prima, forse avremmo difeso qualche campione in più del manifatturiero italiano, anche nel nostro settore.Adesso si deve fare, o rischiamo ulteriormente. Non possiamo imputare a un governo in carica da sei mesi l'assenza da anni di una politica industriale”.