AGI - Ci sono i contraccolpi economici, quelli occupazionali, quelli geopolitici e quelli sulle filiere di approvvigionamento delle materie prime. Ma non solo. La transizione verso una mobilità quasi interamente elettrica (al ritmo dettato dall’Europa) rischia di lasciarsi dietro alcuni problemi irrisolti. Basta pensare ai 13 mila attacchi hacker effettuati nel 2022, +138% sul 2021, un numero record che presumibilmente continuerà a crescere. Un contesto di totale elettrificazione e, quindi di iperconnesione, ridefinisce di per mé il concetto stesso di asset strategico, con tutti i rischi del caso.
“La cybersicurezza è un tema di grande interesse e lo sarà sempre di più per il settore automotive visto che le auto diventeranno di fatto dei computer su quattro ruote quindi sarà assolutamente fondamentale che i dati e i contenuti elettronici siano protetti – ha spiegato all’AGI il direttore generale dell’Anfia, Associazione Nazionale Filiera Industria Automobilistica, Gianmarco Giorda – il percorso è avviato ormai: auto sempre più elettriche, quindi connesse e quindi a guida autonomia”.
Il che apre uno scenario con più punti interrogativi che certezze sul fronte della sicurezza delle infrastrutture, sicurezza stradale, informatica o dei mezzi.
“Intanto va detto che le batterie al litio possono incendiarsi – ha aggiunto all’AGI Gian Primo Quagliano, presidente del Centro Studi Promotor - e hanno la particolarità che non si riescono a spendere se non quando il litio si è completamente consumato, tanto che si pensa di vietare il parcheggio delle auto elettriche negli interrati, come per le auto a gpl. Poi va detto che oggi ci sono 36 mila colonnine, e secondo alcuni studi servirebbe una colonnina ogni 10 vetture, il che fa un totale di 4 milioni di colonnine o punti di ricarica”.
L’Italia sta procedendo in maniera più lenta rispetto agli altri Paesi nella diffusione dei mezzi elettrici anche per la mancanza di punti ricarica. Non solo pochi, ma anche poco efficienti. Le 36 mila colonnine esistenti sono infatti per la stragrande maggioranza di vecchia generazione (solo il 10% sono infatti “fast” o “super fast”).
“E’ una guerra di religione demenziale – ha poi aggiunto Quagliano – anche perché se non saremo pronti a produrre energia da fonti rinnovabili stiamo parlando del nulla. Si tratta in ogni caso di un impegno economico notevolissimo: abbiamo un parco circolante di 40 milioni di euro, sostituirle tutte ad un prezzo medio di auto 24 mila euro stiamo parlando di 880 miliardi di euro, che trattandosi di un beneficio per la comunità deve ricadere almeno in parte sulla fiscalità generale”.
La speranza è che almeno l’impatto dal punto di vista del fruitore finale sia positivo visto che, come precisato da Anfia, “quello per le aziende sarà devastante”. “Avremo meno auto di proprietà e più in condivisione quindi magari un parco auto ridotto ma con più auto su strada” ha infine aggiunto Giorda. E con ogni probabilità per diversi anni anche un mercato parallelo, che per varie ragioni potrebbe essere ipervalutato, composto dalle poche auto a diesel e benzina ancora in circolazione.