AGI - La direttiva per l'efficientamento energetico degli edifici, che ha scatenato una nuova ondata di polemiche in Italia, è stata presentata dalla Commissione europea il 15 dicembre 2021. Il testo avanzato dall'esecutivo europeo, che dev'essere negoziato con il Consiglio e con il Parlamento, prevede che a partire dal 2030 tutti gli edifici di nuova costruzione debbano essere a zero emissioni; gli edifici pubblici nuovi dovranno esserlo già dal 2027. Verrà però rivisto anche il modo con cui attualmente vengono classificate le prestazioni energetiche degli uffici.
Per gli edifici esistenti "le classi di prestazione energetica saranno ridefinite nell'ottica della visione comune di un parco immobiliare a emissioni zero entro il 2050, tenendo conto allo stesso tempo delle differenze nazionali in termini di parchi immobiliari: la classe A più elevata rappresenta un edificio a emissioni zero, mentre la classe G più bassa includerà il 15% degli edifici aventi le prestazioni peggiori del parco immobiliare nazionale. Gli altri sono distribuiti proporzionalmente tra le classi comprese tra G e A".
Quindi sarà classificato G solo il 15% degli edifici che hanno le prestazioni peggiori e su questi sarà necessario intervenire per primi. Secondo la proposta della Commissione gli edifici pubblici e non residenziali già esistenti dovrebbero essere ristrutturati e migliorati per poter diventare almeno di classe energetica F entro il 2027 e almeno di classe E entro il 2030. Gli edifici residenziali dovrebbero essere ristrutturati per passare da G almeno a F entro il 2030 e almeno a E entro il 2033.
"La proposta lascia agli Stati membri la libertà di decidere come far rispettare lo standard minimo. Ciò già accade con successo in vari Stati membri", ha spiegato il vice presidente della Commissione europea, Frans Timmermans, illustrando all'epoca la direttiva.
"Un sostegno finanziario è e sarà sicuramente necessario in molti casi. Si potrà ottenere un sostegno dal governo italiano e dall'Ue per aumentare il valore della propria casa e ridurre la propria bolletta energetica. Ci vuole un pò di sforzo, ma sicuramente ne vale la pena. A parte il fatto che così si aiuterà a ridurre le emissioni che causano più di 400 mila morti premature l'anno in Europa", ha spiegato il vice presidente dell'esecutivo europeo.
Secondo i calcoli della Commissione, il passaggio da G a F riguarderà circa 30 milioni di unità immobiliari a livello europeo. E per favorire il sostegno necessario per gli investimenti, saranno stanziati fino a 150 miliardi di euro per l'attuazione delle norme minime di prestazione energetica fino al 2030.
Saranno esenti dalle ristrutturazioni gli edifici storici, i luoghi di culto, i fabbricati temporanei con un tempo di utilizzo non superiore a due anni, siti industriali, officine ed edifici agricoli non residenziali a basso fabbisogno energetico; gli edifici residenziali che sono usati o sono destinati ad essere usati meno di quattro mesi all'anno o, in alternativa, per un periodo limitato dell'anno e con un consumo energetico previsto inferiore al 25% del consumo che risulterebbe dall'uso durante l'intero anno; e i fabbricati indipendenti con una superficie utile coperta totale inferiore a 50 metri quadri.
L'iter legislativo europeo prevede che la proposta della Commissione venga approvata dal Consiglio e dal Parlamento. In sostanza, il Consiglio presenta una proposta modificata e la negozia con il Parlamento (nel cosiddetto trilogo). Il Consiglio (che rappresenta gli Stati) ha già approvato, lo scorso 25 ottobre, la sua versione proponendo però delle importanti modifiche. Per quanto riguarda gli edifici nuovi, ha deciso per zero emissioni per quelli di proprietà di enti pubblici dal 2028 e dal 2030 per tutti gli edifici nuovi.
Per gli edifici esistenti, gli Stati membri hanno convenuto di introdurre norme minime di prestazione energetica corrispondenti alla quantità massima di energia primaria che gli edifici possono utilizzare per metro quadro all'anno.
Per gli edifici non residenziali esistenti, gli Stati membri hanno convenuto di fissare soglie massime di prestazione energetica, basate sul consumo di energia primaria. La prima soglia fisserebbe una linea al di sotto del consumo di energia primaria del 15% degli edifici non residenziali che presentano le prestazioni peggiori in uno Stato membro. La seconda soglia verrebbe fissata al di sotto del 25%. Tradotto, il consumo va tagliato del 15% con la prima soglia e del 25% con la seconda soglia.
Gli Stati membri hanno convenuto di portare tutti gli edifici non residenziali al di sotto della soglia del 15% entro il 2030 e al di sotto della soglia del 25% entro il 2034. Le soglie sarebbero stabilite sulla base del consumo energetico del parco immobiliare nazionale al primo gennaio 2020 e possono essere differenziate a seconda delle diverse categorie di edifici.
Per gli edifici residenziali esistenti, gli Stati membri hanno convenuto di fissare norme minime di prestazione energetica sulla base di una traiettoria nazionale in linea con la progressiva ristrutturazione del loro parco immobiliare per renderlo a emissioni zero entro il 2050. La traiettoria nazionale sarebbe espressa come un calo del consumo medio di energia primaria dell'intero parco immobiliare residenziale durante il periodo 2025-2050. In questo modo si garantirebbe che il consumo medio di energia primaria dell'intero parco immobiliare residenziale sia equivalente almeno alla classe di prestazione energetica D entro il 2033.
Si parla quindi di consumo medio a livello nazionale e non di una valutazione edificio per edificio. Il Parlamento europeo ha appena invece avviato la discussione della propria proposta. Ufficialmente approderà in commissione Energia e industria (Itre) il 9 febbraio ma sono già piovuti oltre mille emendamenti. L'ultima bozza su cui si sta discutendo è più restrittiva rispetto alla proposta avanzata dalla Commissione: prevede che gli edifici residenziali siano di categoria almeno E dal 2030 e almeno D dal primo gennaio 2033.
Per gli edifici non residenziali gli obiettivi sono anticipati rispettivamente al 2027 e al 2030. Si tratta comunque di bozza che è ancora in fase di discussione ed è soggetta a modifiche. Dovrà essere votata in commissione (probabilmente il 9 febbraio) poi in plenaria (a marzo). Una volta votata in Parlamento la proposta di direttiva dovrà essere negoziata con il Consiglio. Negoziati che a volte hanno richiesto anni per arrivare a un accordo definitivo.