AGI - Una più stretta collaborazione con i Paesi africani in ambito energetico offre la possibilità di un nuovo "asse sud-nord" in grado di connettere le abbondanti risorse del Continente africano in termini di rinnovabili e fonti tradizionali con il mercato europeo bisognoso di energia. Claudio Descalzi, ad di Eni, ha dialogato con il Financial Times spiegando che "noi non abbiamo energia, loro ce l'hanno. Noi abbiamo un grande sistema industriale, loro lo stanno sviluppando. C'è una grande complementarità".
Il Financial Times ricorda come Eni operi in Africa dai primi anni '50 e come abbia sempre investito nel Continente, mentre molti dei suoi competitor americani ed europei hanno ridotto la presenza in quell'area per investire altrove. Questa strategia ha implicato che l'Africa stessa sia stata il primo posto dove Descalzi lo scorso anno ha iniziato a sostituire 20 miliardi di metri cubi di gas all'anno che l'Italia importava precedentemente dalla Russia.
Ad aprile, Descalzi ha ottenuto dall'Algeria l'aumento delle importazioni annuali via gasdotto da 9 miliardi di metri cubi a 18 miliardi di metri cubi (da raggiungere progressivamente) nel 2024. Pochi giorni dopo, Eni ha firmato un accordo con l'Egitto per l'esportazione dal Paese di 3 miliardi di metri cubi di Gnl nel 2022.
Nello stesso mese, la società ha raggiunto un altro accordo in Congo per accelerare lo sviluppo di un progetto Gnl in corso di realizzazione per altri oltre 4 miliardi di metri cubi aggiuntivi entro il 2025. Eni è stata in grado di ottenere queste opportunità perché "ha investito molto in Africa in un periodo in cui nessun altro investiva", dice Descalzi, aggiungendo che diverse altre società hanno scelto di investire nello shale gas americano mentre l'Europa è diventata sempre piu' dipendente dalle forniture russe.
A novembre Eni ha anche trasportato il primo cargo di Gnl dal Mozambico. L'Europa ha sfruttato le risorse africane per secoli, pagando royalties per esportare le commodity e facendo poco per promuovere lo sviluppo delle comunita' locali. Ma "un'alleanza sud-nord richiede un'attitudine e un approccio diversi", sostiene Descalzi.
Per esempio, nel 2021 circa l'85% del gas che Eni produce in Africa è stato destinato al mercato domestico, rispetto al 78% (sempre per Eni) a livello mondiale. "Fare questo significa prendersi maggiori rischi, perche' sarebbe molto più semplice esportare tutto il gas che si produce nei Paesi. Ma noi dobbiamo essere sicuri che stiamo creando valore per questi Paesi", afferma l'ad di Eni.
Descalzi sostiene anche che nuovi progetti oil&gas, se sviluppati in tempi rapidi, possono mettere a disposizione dei Paesi africani un flusso di entrate da reinvestire in progetti legati alle energie pulite. Eni ha effettuato a settembre 2021 una scoperta petrolifera nell'offshore della Costa d'Avorio e ne ha intrapreso uno sviluppo rapido con l'obiettivo di avviarne la produzione nel primo semestre del 2023.
Le emissioni dal campo e l'energia utilizzata per le attività saranno neutralizzate e controbilanciate da progetti di conservazione delle foreste e di energia pulita per le case che ne faranno il primo progetto legato agli idrocarburi a zero emissioni nette in Africa. Tutto il gas associato alla produzione petrolifera del giacimento sarà utilizzato a livello locale per la produzione di energia elettrica.
In Kenya Eni a luglio ha iniziato a processare oli vegetali come feedstock per le proprie bioraffinerie e il primo carico è partito per l'Italia a ottobre. In Italia al momento Eni ha due bioraffinerie (Venezia e Gela) che producono biocarburanti. Entro il 2025 la compagnia prevede di rifornirsi per il 35% del proprio feedstock di bioraffinazione da hub agricoli africani.
Le produzioni avvengono in terre marginali che non interferiscono con i feedstock alimentari, e secondo Descalzi potranno diventare il "nuovo upstream". Secondo Descalzi, i giusti investimenti basati sul "rispetto reciproco" possono contribuire a governare contemporaneamente il tema della sicurezza energetica europea e dell'accesso all'energia in Africa (circa la metà degli 1,4 miliardi di persone che costituiscono la popolazione africana ha problemi di accesso all'energia, ndr).